Domenica chiude definitivamente l’Azzurro Scipioni, l’ultimo cinema d’essai di Roma, una vera “casa dei sogni” che ha regalato a tante giovani generazioni la possibilità di vedere sul grande schermo i capolavori del passato, in un’atmosfera fuori dal tempo.

Il Covid e la crisi economica che ne consegue mietono un’altra vittima: domenica, infatti, chiude definitivamente i battenti l’Azzurro Scipioni, l’ultimo cinema d’essai di Roma, un luogo leggendario e indimenticabile per le generazioni che, come quella di chi scrive, hanno scoperto lì dentro i capolavori del cinema in pellicola che, per ragioni cronologiche, erano stati loro negati. Si entrava dalla porticina di via degli Scipioni 82, si faceva il biglietto (super economico) e le immancabili quattro chiacchiere sui film in programmazione con Silvano Agosti, regista, scrittore nonché fondatore e proprietario dell’Azzurro Scipioni. Poi restava solo da scegliere quali scalette prendere, se quelle in discesa per la sala Lumiere o quelle in salita per la sala Chaplin. Due sale d’altri tempi, perfettamente in linea con ciò che scorreva sullo schermo: poltrone spaiate, niente pubblicità né puzza di pop corn, proiettori d’epoca ai lati, quadri e locandine ovunque, un isolamento totale per concentrarsi su quello che si stava per vedere e basta. Non c’era nemmeno bisogno di raccomandare di spegnere i cellulari, perché tanto lì dentro, tra quelle spesse mura d’inizio Novecento, non prendevano e basta; se nell’intervallo eri proprio in crisi d’astinenza da telefono, dovevi uscire in strada per tornare nel mondo reale.
Lo scoprii verso la fine del liceo, credo fosse il 1991: i film in programmazione si trovavano nelle ultime pagine del giornale e c’era un box riservato ai cinema d’essai. I miei occhi furono attirati da “Il buono, il brutto e il cattivo”, capolavoro di Sergio Leone che conoscevo a memoria per averlo visto tante volte in tv ma, ovviamente, mai al cinema (è del 1966).
Avevo immaginato a lungo la potenza di quelle scene sul grande schermo, ed ora ecco che per la prima volta mi si presentava l’occasione di provare davvero quell’emozione. Andai con l’autobus, feci la tessera con Agosti e da lì, da quelle tre ore di potentissime emozioni, ebbe inizio il mio amore per quel cinema, inteso come luogo ma anche come tipo di film. L’Azzurro Scipioni mi regalerà negli anni a venire tanti altri capolavori indimenticabili che su quelle poltrone ho imparato ad amare davvero: tutti i film di Leone e la potenza onirica di Federico Fellini (quanto piansi con “Ginger e Fred”!), Woody Allen e Charlie Chaplin, “Quarto potere” e “Ladri di biciclette”, “Il sorpasso” e “La grande guerra”, “Ombre rosse” e “L’ultimo imperatore”, “Apocalypse Now” e “Ultimo tango a Parigi”, “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e perfino “La corazzata Potemkin”, in un lungo volo trasversale tra epoche, generi e storie, con in comune solo il tratto del genio. Posso dire senza tema di smentita che senza l’Azzurro Scipioni oggi sarei un uomo diverso, forse meno problematico e idealista ma sicuramente molto più povero di spirito. E quando mi è capitato di parlare di alcuni di quei film agli studenti americani, qualcuno di loro mi ha fatto notare il trasporto con cui li raccontavo; quel trasporto è, ancora oggi, figlio di quelle emozioni vissute all’Azzurro Scipioni. Un sogno che nella realtà chiude nel modo peggiore (pare ci faranno un supermercato…) ma che continuerà a vivere per sempre nell’anima di tutti quelli che, come me, sono stati tra quelle poltrone. Noi siamo ancora lì, con le luci soffuse in attesa che il film cominci e Silvano Agosti che passa tra le file a regalarci le caramelle per la visione.
Ci mancherà perché senza tanta super tecnologia ci faceva sognare col “grande” cinema
Che peccato! Sarà un’ulteriore “diseducazione” culturale per le nuove generazioni. Occorrerebbe fare una petizione al Ministro della Cultura per finanziare un’iniziativa analoga.
E’ una brutta notizia anche se tirava già una brutta aria per quella tipologia di sale cinematografiche. Ci mancherà.