WORLD SERIES ’24: DOMANI AL VIA LA SFIDA STELLARE TRA MVP

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Tutto pronto per la 120ma edizione delle World Series, la finalissima al meglio delle 7 partite che assegna il titolo MLB. Per la dodicesima volta nella storia si sfideranno Dodgers e Yankees, due corazzate piene di soldi e di campioni, tra cui spiccano i due sicuri prossimi MVP delle rispettive conference, Ohtani e Judge.

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on è tempo di “underdog”, nelle World Series che iniziano domani a Los Angeles. Stavolta la stagione MLB ha partorito la finale più classica di sempre (dodici sfide, nessun’altra coppia ne ha tante), anche se non la si vedeva da oltre quarant’anni. L’ultima fu nel 1981, e a vincerla, con una clamorosa rimonta dopo aver perso le prime due partite, furono i Dodgers, trascinati proprio da quel Fernando Valenzuela scomparso ieri, e che verrà adeguatamente (e giustamente) celebrato domani, prima del “play ball” di gara 1. Negli undici precedenti gli Yankees sono in vantaggio 8-3, in una storia iniziata alle World Series del 1941 come un derby, le “Subway Series”, visto che in origine entrambe le squadre risiedevano a New York, i Dodgers a Brooklyn e gli Yankees nel Bronx (e al tempo c’erano anche i Giants, a Manhattan). Ma anche dopo lo spostamento dei Dodgers a Los Angeles, avvenuto nel 1958, gli scontri diretti tra queste due storiche corazzate del baseball mondiale non sono diminuiti d’intensità, e non poteva essere altrimenti visti anche i campioni che, con entrambe le casacche, si sono sfidati: da Don Larsen (autore di un perfect game in gara 5 delle World Series del 1956) a Sandy Koufax, da Mickey Mantle a Roger Maris e al Mr. October per eccellenza, Reggie Jackson, che in gara 6 delle finali del 1977 realizzò tre home run, fino al già citato Valenzuela, uomo copertina delle finali del 1981. È dal 2020 che la finale non vede affrontarsi le prime teste di serie di ciascuna conference (stagione accorciata per la pandemia, se consideriamo le stagioni complete si risale al 2013) ed è, incredibilmente, dal 2018 che le World Series non vedono tra le finaliste almeno una squadra del Texas. Un’ultima curiosità storica: è accaduto solo una volta negli ultimi 35 anni, cioè da quando esistono le Division, che i due MVP delle rispettive conference si affrontassero in finale: nel 2012 furono Buster Posey per i Giants e Miguel Cabrera per i Tigers, oggi il testimone passa a Ohtani e Judge.

E poi c’è Ohtani, l’uomo da 700 milioni di dollari, il primo giocatore della storia a battere più di 50 hr e rubare oltre 50 basi nella stessa stagione, pur costretto a vestire gli abiti risicati del battitore designato…

Con Ohtani e Judge veniamo al presente, al nuovo capitolo di questo romanzo che si apprestano a scrivere questi campioni eccezionali del nostro tempo e, accanto a loro, altri grandi giocatori contemporanei, come Mookie Betts, Juan Soto, Freddie Freeman, Gerrit Cole e Giancarlo Stanton. Per non smentire quanto scritto nei giorni scorsi, durante le Championship Series, dobbiamo subire chiarire che i favoriti, seppur di poco, sono i Dodgers. NY ha perso solo due partite su 9 (L.A. 4 su 11) ma ha avuto anche in sorte un cammino decisamente più agevole, visto che né i Royals né i Guardians sono paragonabili ai Padres e ai Mets delle ultime settimane. I Dodgers, se badano al sodo e non si deconcentrano guardandosi allo specchio, sono i più forti ma, come detto, devono girare al massimo, e non sempre lo fanno. Il loro lineup è più potente e omogeneo, il roster offre qualità anche in profondità, e il bullpen è davvero fortissimo, al punto da colmare il momento non proprio brillante dei tre starting pitcher titolari, Flaherty (che inizierà gara 1), Yamamoto e Buehler, le cui uscite non hanno mai superato i cinque inning. E poi c’è Ohtani, l’uomo da 700 milioni di dollari, il primo giocatore della storia a battere più di 50 hr e rubare oltre 50 basi nella stessa stagione, pur costretto a vestire gli abiti risicati del battitore designato, per preservare il braccio di lancio operato la scorsa stagione. Con lui i lanciatori avversari ci pensano due volte prima di entrare nella zona di strike, e se il giapponese sta avendo un rendimento praticamente nullo a basi vuote, altrettanto non si può dire quando è chiamato a spingere avanti i compagni (7 su 11, con 5 walk). Intorno a lui giostrano tanti altri grandi giocatori, ad iniziare da Betts, in un momento di forma strepitoso, continuando con i due Hernandez, Edman, Muncy, Taylor e Freeman, purtroppo molto limitato da una caviglia in disordine.
A tutto questo arsenale nel box di battuta, gli Yankees hanno da contrapporre dei partenti certamente in un momento migliori degli omologhi: Cole (starting pitcher di gara 1) sta lentamente tornando ai suoi livelli da CY Young, Rodon e Gil stanno dimostrando di essere solidi anche quando la palla ha il peso dei playoff, il bullpen ha trovato in Luke Weaver il closer affidabile a lungo cercato e i rilievi medi come Hill, Kahnle e Leiter jr hanno tenuto sostanzialmente bene contro il lineup di Cleveland. Il lineup ha due grandi qualità: alcuni uomini hanno alte percentuali di arrivo in base, con la media generale di 347 che sale addirittura a 450 se si considerano solo i leadoff di ciascun inning. Una qualità che mette pressione al mound avversario fin dal primo inning, visto che Gleyber Torres è arrivato in base da primo battitore in otto dei nove match fin qui giocati e Soto, al secondo spot, in sette su nove. L’altro punto di forza, che si interseca naturalmente col primo, è la potenza degli slot 2, 3 e 4, vale a dire Soto, Judge e Stanton, dove, incredibile a dirsi, quello dal rendimento peggiore è stato finora proprio Judge. Il capitano, leader del campionato negli hr per il secondo anno consecutivo, ha un mediocre 5 su 31 nel box, con 13 k e 7 walk, ma gli va ascritto il meraviglioso fuoricampo contro Clase in gara 3 e una presenza in base più costante con l’avanzare della serie contro Cleveland. Sembra un giocatore in crescita, e tutti sappiamo quanto sia fondamentale per gli Yankees che Judge faccia Judge contro i Dodgers, per avere qualche seria chance di vittoria.

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Gianluca Puzzo

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