“Il dado è tratto” direbbe qualcuno. Dopo una lunga carrellata di partite, alcune al cardiopalma, altre al limite dell’impossibile ed altre ancora fuori da ogni logica ammissibile, il campionato di basket più amato e ambito al mondo, lì dove si sfidano a colpi di uragani e terremoti le Divinità dell’Olimpo cestistico, si appresta ad entrare nelle sue battute finali. La serie delle NBA Finals 2015 sta per decretare i campioni assoluti di questa interessantissima stagione. Il caso, il caos, la fortuna, l’audacia e un pizzico di sana imponderabilità, opportunamente shakerati, hanno partorito il nome delle due fazioni che si affronteranno a regolar tenzone tra qualche giorno: la guerriglia armata di Golden State contro l’eleganza cavalleresca di Cleveland. Tutto pronto, oramai. Le due arene sono state tirate a nuovo per l’occasione, i parquet non hanno mai brillato come in queste ore. Occorre attendere il sospiro arbitrale pochi attimi prima del soffio, poi il fischio tanto atteso, infine il tempo che rallenta per consentire alle leggi gravitazionali di essere schernite per l’ennesima volta da un manipolo di eroi.
Ma come siamo arrivati a uno schieramento del genere? Per quali vie la palla a spicchi è rotolata fino a glorificare queste due squadre? Le finali di Eastern Conference, da un lato, hanno visto i Cavs contrapporsi agli Hawks, mentre quelle della Western, sul versante antagonista, sono state il teatro degli Warriors e dei Rockets. Cleveland contro Atlanta. Golden State contro Houston.
Iniziamo da East. Cleveland ha giocato in modo impavido ma efficace, volando alto, altissimo, osando lì dove neanche le aquile hanno avuto il coraggio di andare, chiudendo la serie con un sonoro e violento 4-0. Gli avversari di turno: gli Atlanta Hawks. Rulli compressori su carta, spauracchi poco convinti nella realtà. L’ultimo match si è disputato alla Quicken Loans Arena, concludendosi con un poderoso 118-88. La partita è stata senza storia. LeBron James, un vero panzer tedesco in assetto da guerra, ha fatto registrare 23 punti, 9 rimbalzi e 7 assist mentre di Thompson verranno ricordati 16 punti e 11 rimbalzi. A seguire Smith (18+10) e Irving (16 punti), al rientro dopo una brutta tendinite al ginocchio. Il Prescelto, dopo aver spezzato i cuori dei tifosi cinque anni or sono (volgendo il suo sguardo arrogante a Miami), è tornato per regalare un sogno dopo la sconfitta con San Antonio nel 2007. “E il lavoro non è ancora finito!” ha commentato in una delle ultime interviste rilasciate in questi giorni. Ora Cleveland avrà l’occasione di imprimere il suo nome nell’albo intramontabile del basket mondiale. Agli Hawks, senza lo squalificato Horford e con Korver ai box, non è rimasto che affidarsi a Millsap e al suo allegro bottino di 16 punti e 10 rimbalzi mentre Teague ne ha regalati 17. Il team di Atlanta ha disputato senza troppa incisività (e forse senza la dovuta concentrazione) la sua seconda finale di Conference di sempre (dal 1970 a oggi) e a nulla è valsa, purtroppo, la marcia trionfale di ben 60 vittore durante tutta la regular season.
Western Conference. Squadre diverse, emozioni diverse: risultato simile. I Warriors hanno sigillato la serie contro i temibili Houston con un risultato netto di 4-1, dopo la vittoria di 104-90 in gara 5. Curry è stato il solito mattatore, senza dimenticare Barnes e Thompson (24 e 20 punti), e Festus Ezeli fermatosi a quota 12. Presentatosi in conferenza stampa con la figlia di 2 anni, Stephen Curry (MVP della stagione) ha sgombrato subito il campo da qualunque esitazione, lanciando il guanto di sfida a Lebron e ai suoi Cavaliers: ”Dobbiamo essere orgogliosi per quello che abbiamo fatto. Adesso mancano 4 vittorie per raggiungere il grande obiettivo”. Sarà una vera sfida nella sfida quella di Curry, contro James e soprattutto contro i propri limiti, le proprie ambizioni e le proprie paure. Per Harden di Houston, invece, una serata da dimenticare nel modo più repentino possibile: appena 14 punti, 6 rimbalzi, 5 assist… e record negativo di 13 palle perse in un match di playoff (il “caso” precedente apparteneva alle 11 di John Williamson dei New Jersey Nets nel lontano 1979). Golden State si è guadagnata, così, con onore e gloria, sudando fatica e sputando veleno, il pass per l’ultimo atto della stagione dopo la bellezza di 40 anni: la sfida titanica contro i Cavs che assegnerà l’anello luccicante al meglio delle sette gare.
Il primo scontro è previsto il prossimo 4 giugno in casa dei Cleveland Cavaliers: appuntamento alle ore 3 del mattino in Italia (le 21 locali). Il primo re-match andrà in scena il 7 giugno alle 20 locali, ossia le 2 di notte italiane, ancora una volta alla Quicken Loans Arena. Le gare 3 e 4, invece, si disputeranno presso l’Oracle Arena di Oakland, stadio dei Golden State Warriors, rispettivamente il 9 e 11 giugno alle ore 21 locali, ossia le 6 del mattino del giorno seguente in Italia. Le eventuali gare 5-6-7 si terranno rispettivamente il 14 giugno a Cleveland, il 16 a Oakland e il 19 giugno ancora a Cleveland.
Le mie previsioni? Davvero arduo se non impossibile indossare (seppur per gioco) le vesti della Cassandra di turno. Avverto nell’aria il sapore ferroso anticipatore delle Grandi Battaglie, le scintille dei Grandi Momenti che fanno da preambolo ad eventi che resteranno scolpiti nella memoria in eterno. Prevedo (e mi auguro) una serie impegnativa per entrambi le squadre, che consentirà di incoronare la vincente solo dopo una successione di botte e risposte senza esclusione di colpi. Le due compagini si sono già affrontate due volte nel corso della regular season, vincendo un match per parte: si prospetta dunque una finale equilibrata che potrebbe addirittura arrivare fino a gara 7.
Verdetto finale: Sua Maestà, Sir James, manterrà fede alla promessa fatta!