Abbiamo toccato il fondo, si arriva alla caduta contro una squadra senza le sue punte di diamante (Eder e Muriel) e con un ex giocatore come Cassano al centro dell’attacco. Non si può chiedere di peggio al destino che vuole l’infortunio di Marchetti per esultanza, sì, avete capito bene, per esultanza e il bello è che l’episodio non è isolato avendo coinvolto in passato anche il ginocchio di Candreva anche lui “colpevole” di esultare con troppa veemenza. L’infortunio cambia la partita ma non è l’episodio ad incidere bensì la situazione nel complesso che non doveva permettere di arrivare a tanto.
A 5 giornate dalla fine dello scorso campionato la Lazio era la più diretta inseguitrice della Juventus e per un certo periodo della scorsa stagione è stata la migliore squadra in Italia.
La leadership dei biancocelesti non è durata a lungo, e quello che sarebbe stato il miglior piazzamento dai tempi dello scudetto del 2000 è definitivamente sfumato nel derby perso alla penultima giornata. Il terzo posto conquistato dopo il 4-2 al Napoli ha, in ogni caso, riportato la Lazio in Champions League 8 anni dopo l’ultima volta.
A conti fatti, una stagione che definii irripetibile e al di sopra di ogni ragionevole analisi anche se alla fine la squadra biancoceleste ha fallito i due obiettivi a portata di mano visto come si erano messe le cose.
Ma la Lazio si è spenta con l’estemporaneità di Felipe Anderson, giocatore da 2 mesi all’anno?
Cosa è successo? La doppia competizione (campionato + Europa League) basta a spiegare l’appannamento della squadra di Pioli? Il preliminare di Champions League, perso ad agosto, può aver mandato fuori fase la Lazio al punto da rovinarle la stagione?
L’11 settembre scorso è scaduto il termine per sottoscrivere l’abbonamento alla nuova stagione e, nonostante arrivasse da un’annata positiva, la Lazio è andata molto vicina a toccare il record negativo di tessere vendute. In assenza di dati ufficiali, è stato calcolato che gli abbonamenti venduti siano stati circa 13mila, 4mila in meno rispetto alla scorsa stagione. Anche la società ha in qualche maniera ammesso il flop, dichiarando attraverso il responsabile della biglietteria, Angelo Cragnotti, di «aspettarsi di più» e riaprendo la campagna abbonamenti a ottobre con effetti disastrosi.
Se è vero che sui numeri degli abbonamenti hanno pesato l’aumento dei prezzi, l’ostilità di alcuni verso Claudio Lotito, i cattivi risultati estivi e la divisione voluta dal prefetto Gabrielli della Curva Nord dell’Olimpico, la colpa principale imputata alla società è stata la mancanza di investimenti e in particolare una campagna acquisti giudicata non all’altezza.
A oggi, l’unico nuovo arrivo che si è ritagliato un certo spazio e può considerarsi un titolare è Sergej Milinkovic-Savic. Il secondo per minutaggio, Wesley Hoedt, ha giocato soprattutto per gli infortuni o le squalifiche dei suoi diretti concorrenti in difesa. Kishna e Matri sono delle riserve, Patric e Morrison non si sono praticamente mai visti (in due hanno collezionato un totale di 98 minuti in Serie A).
La Lazio si reggeva su 4 pilastri: Stefan de Vrij, Lucas Biglia, Felipe Anderson e Antonio Candreva. Un gradino sotto ci sono i 2 eccellenti incursori come Marco Parolo e ormai un ex giocatore come Stefano Mauri, bravissimi a sfruttare gli spazi aperti dai compagni.
La fase difensiva si basava su un’aggressività rara per il campionato italiano. La Lazio primeggiava in tutte le statistiche difensive: tackle fatti, anticipi e falli fatti ed era la squadra che concedeva meno tiri agli avversari. In fase di possesso erano fondamentali Felipe Anderson e Candreva, due portatori di palla veloci, tecnici, forti nell’uno contro uno, in grado di far salire la squadra di parecchi metri con le loro corse e di creare pericoli dal nulla. C’erano insomma tutte le caratteristiche che di solito piacciono ai tifosi: in campo si correva e si potevano vedere giocate d’alta classe da parte della coppia di esterni d’attacco più forte della Serie A.
L’anno prima fallisci Coppa Italia e secondo posto, quest’anno sbagli Supercoppa e preliminare Champions, chi ben comincia è a metà dell’opera si dice…
Da quando si è seduto sulla panchina della Lazio, Pioli ha puntato su un modello di gioco preciso, pur cambiando modulo e interpreti. Ha dimostrato cioè di essere uno di quegli allenatori che preferiscono insegnare ai giocatori a stare in campo in una certa maniera. Una scelta che denota una certa personalità.
La Lazio non ha la forza economica per garantire al proprio allenatore una rosa in cui sono tutti, o quasi, allo stesso livello e Pioli quest’anno ha dovuto fare a meno di uno dei suoi “indispensabili”, Stefan de Vrij.
L’olandese ha giocato solo due partite in campionato, poi è stato operato al ginocchio sinistro e, con ogni probabilità, ha già finito la stagione, il tecnico non ha rinunciato a difendere in avanti, aggredendo gli avversari e tenendo alta la linea difensiva. Né Mauricio né Gentiletti né Hoedt garantiscono però la stessa efficacia se devono difendere con molto campo alle spalle.
A volte l’ortodossia tattica porta alla rovina e si dice al tempo stesso che chi non cambia idea non brilla per intelligenza. La capacità di analisi si esprime nella duttilità ed elasticità non negli estremismi che alcuni allenatori portano all’eccesso (Pioli e Benitez in primis).
Non si può dire che la Lazio non corra: alla 14.esima giornata, secondo le statistiche della Lega Serie A, era al terzo posto per chilometri medi percorsi a partita (107,397, dietro solo a Napoli e Bologna). Se però l’esecuzione del pressing è imprecisa, si finisce per correre a vuoto.
È curioso notare, comunque, che la Lazio subisca meno tiri dell’Inter prima in classifica e con la miglior difesa del campionato. Non tutti però possono contare su un portiere come Samir Handanovic: né Marchetti né Berisha sono stati impeccabili questa stagione ed il secondo ne ha dato un fulgido esempio nel Monday night.
Quella biancoceleste resta comunque una squadra incline alle distrazioni e poco attenta nelle marcature. Lo dimostrano i 5 gol subiti, sui 24 totali, sugli sviluppi di un calcio d’angolo o di un calcio di punizione laterale. .
Anche l’attacco non è esente da colpe: la Lazio ha segnato meno rispetto alla passata stagione e, in generale, è meno pericolosa.
La costruzione della manovra è problematica dal principio: Pioli coinvolge i propri difensori centrali nell’impostazione, anche se comunque né Mauricio né Gentiletti né Hoedt vanno oltre all’appoggio semplice in orizzontale o al lancio lungo se la costruzione palla a terra viene ostacolata dalla squadra avversaria. Gentiletti e Hoedt, entrambi mancini, hanno una buona precisione nel tagliare il campo da sinistra a destra e qualche volta questa soluzione si è rivelata efficace per far arrivare velocemente il pallone all’esterno d’attacco e consentirgli di giocarsi l’uno contro uno.
Pioli, nelle formazioni iniziali, non ha mai rinunciato al triangolo di centrocampo, scegliendo a volte la disposizione con il vertice basso, altre volte quella con il vertice alto. Nella sostanza, comunque, le cose non cambiano molto, perché a turno uno dei centrocampisti si abbassa per ricevere dai difensori, mentre gli altri due vanno a formare le catene di fascia con l’esterno e il terzino, muovendosi tra le linee avversarie. I centrocampisti, però, non hanno grosse responsabilità nella costruzione della manovra, se non quella di allargare velocemente il gioco per attivare le catene laterali: è sulle fasce che la Lazio sviluppa preferibilmente la propria manovra, puntando a creare la superiorità numerica con i movimenti del terzino, dell’esterno d’attacco e del centrocampista/trequartista che si muove da quel lato.
Gli esterni d’attacco continuano a essere fondamentali nello sviluppo dell’azione: è a loro che tocca dare l’accelerata decisiva, con un dribbling o un’intuizione. Probabilmente, però, questa responsabilità non li porta a essere sempre lucidi al momento di scegliere la giocata. Quella biancoceleste è la squadra che crossa di più in Serie A, ma arriva poco al tiro in zone pericolose attraverso un passaggio.
D’altronde nessuno degli esterni a disposizione di Pioli è propriamente un giocatore associativo. Tutti sono degli accentratori che amano ricevere sui piedi per tentare la soluzione personale. Va detto che l’assenza di Mauri (solo 4 presenze) e la scelta di Pioli di giocare spesso con un doppio mediano e Milinkovic-Savic come trequartista toglie alla fase offensiva della Lazio una soluzione in più, fornita dalla rarissima capacità di lettura degli spazi dell’ex capitano, che permetteva maggiore verticalità e profondità alla manovra laziale, e aggiungeva imprevedibilità laddove il giovane gigante serbo fa da punto di riferimento anche per le difese avversarie.
Toccherà allora ai giocatori, e magari a qualche nuovo innesto di gennaio, stimolato dalle rimostranze nei prossimi giorni della tifoseria, dimostrare che Pioli fa bene a fidarsi di loro alzando il livello delle proprie prestazioni e provando a risollevare un’annata che sembra già compromessa.