NBA Finals 2016: “last call” per Cleveland

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NBA Finals Game 4“Non può piovere per sempre” recitava Brandon Lee nella pellicola de “Il Corvo” di molti anni fa. È quello che avrà pensato Steph Curry alla fine di un’avvincente e combattuta Gara 4, disputatasi due notti fa nella rumorosa dimora dei Cavs.

Negli ultimi confronti siamo stati abituati a digerire, più volte, la faccia sconsolata e bambinesca di Curry (ripresa da ogni telecamera possibile) mentre lasciava saltellare l’immancabile paradenti da un angolo all’altro della bocca. Fino ad oggi le sue prestazioni sono state ben al di sotto delle sue stratosferiche performance cestistiche: tra partite con un misero bottino di punti e troppi errori da giustificare.

“Non può piovere per sempre”! Ecco allora risorgere l’mvp che tutti conosciamo, l’uomo delle meraviglie, il martello rutilante della lunga distanza, il guerriero tra i guerrieri. Stephen Curry urla, suda e graffia con una prestazione da 38 punti (4/12 da due e 7/13 da tre) che, insieme ai 25 di Klay Thompson e alla pioggia di triple dei Warriors (17 totali, record per le Finals) conferiscono ai Warriors il prezioso vantaggio di 3-1 contro Cleveland e la possibilità di giocarsi il primo match-point per il titolo il prossimo lunedì a Oakland. Ai Cavs non sono bastati 25 punti, 13 rimbalzi e 9 assist di LeBron James (incapace di affondare il coltello nei momenti chiave e di replicare le gesta eroiche di Gara 3).

Risultato: Cleveland 97 – Golden State 108.

I Warriors continuano a macinare record su record in questa stagione: prima surclassano i leggendari Chicago Bulls di Jordan e Pippen del ’95-’96 per quanto concerne la somma di vittorie in regular season (73 vinte e solo 9 perse); poi é la volta della Quicken Loans Arena, feudo di Cleveland, violata per la prima volta in questa postseason 2016; infine, in caso di conquista del titolo, gli Splash Bros & Co. sarebbero tra quelle poche squadre ad aver conquistato due titoli NBA consecutivi.

Gara 4, secondo il parere degli addetti ai lavori, è stata la più bella partita di queste Finals. Fischio di inizio, palla in alto, contesa a centrocampo. I primi 36 minuti scorrono via quasi in apnea, seguendo un copione scritto da una delle penne d’oro di Hollywood: per ogni tentativo di prendere il largo di una delle due squadra, si materializza all’istante la rincorsa e il sorpasso dell’altra. Un testa a testa micidiale che lascia presagire una cruenta battaglia. Il primo atto si conclude con i Warriors in vantaggio di 29 a 28. Già si intuisce che King James non é l’indemoniato di Gara 3 mentre di Curry si intravedono prodezze all’altezza del suo blasone. Nella ripresa il quadro subisce un processo di morphing inaspettato: Irving e Thompson (Tristan), supportati da LeBron, legittimano i Cavalieri a ribaltare il risultato a loro vantaggio (55-50). Terzo quarto: gli Splash Brothers proprio non ci stanno e, caricati a molla, sfornano acrobazie e prodezze tali da condurre Golden State sul 79-73. Si apre il sipario sulla quarta e ultima frazione di gioco: Cleveland parte all’inseguimento e, a una decina di minuti dalla conclusione, agguanta l’inaspettato 81-79. Da questo momento in poi, tuttavia, ha inizio la Maledizione dei Cavalieri Erranti! Ben 9 tiri di fila sbagliati sono una macchia troppo grossa da cancellare mentre la difesa avversaria chiude ogni possibile varco al proprio canestro. I Guerrieri sono nel flusso, nel “qui e ora”. Sanno di non poter sprecare questa ghiotta occasione. Induriscono i muscoli. Chiamano la contraerei Barnes a sostenere i caccia da guerra Curry e Thompson. Gli effetti non tardano ad arrivare. A circa tre minuti dalla fine viene confezionato il pacco bomba che molti temevano: 96-86 (+10 punti). James e Irving non mollano: corrono, saltano e forzano (troppe) palle. Golden State non sbaglia più nulla, concede poco e capitalizza ogni occasione fino a scivolare verso il tanto agognato parziale di 3-1.

Con tale risultato sulle spalle, fino ad oggi, nella storia della NBA nessuna squadra è riuscita a recuperare la serie a proprio vantaggio, conquistando il titolo.

LeBron James, in queste ore, è alle prese con il fantasma delle (probabili) quinte Finals perse in carriera. Dovrà cibarsi di tutta la rabbia che scorre nelle vene e di tutta l’amarezza del post partita per ottenere qualcosa di alchemico; dovrà costruire, mattone dopo mattone, uno spesso muro di contenimento all’avanzata trionfale dei Warriors; dovrà infettare positivamente ogni singolo Cavaliere a sua disposizione fino a tessere le fila di un’inaspettata trappola che possa far crollare gli avversari.

“Non può piovere per sempre”. Vero! Oltre a Steph Curry, però, è fuori da ogni dubbio che avrà iniziato a pensarlo anche Sua Maestà King James. Sarà interessante scoprire a cosa condurrà!

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Francesco Pumpo

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