A 88 anni se n’è andato Nino Vaccarella, pilota siciliano che ha fatto grande la storia del Cavallino. Il suo nome è legato soprattutto alla Targa Florio e al lavoro principale che svolgeva durante la settimana: il preside.

Quando a Siracusa percorro l’attuale Viale Paolo Orsi e mi dirigo verso la strada del cimitero, vicino al Syracuse War Cemetery in direzione ovest del territorio comunale, penso a cosa dovessero provare i piloti quando queste stesse strade erano la sede delle maggiori competizioni automobilistiche negli anni ’50 e ’60, ovvero al tempo del tradizionale Gran Premio di Siracusa.
A bordo di quelle macchine non c’erano piloti, bensì autentici cavalieri del pericolo, che guidavano delle vetture le cui misure di sicurezza erano delle semplici cinture di sicurezza ed un casco (se così vogliamo chiamarlo), in una stretta sede stradale delimitata da barriere fatte, nel migliore dei casi, da semplici balle di paglia.
Non a caso gli incidenti mortali erano all’ordine del giorno, ed oggi sapere che nell’attuale tratto a suo tempo chiamato curva della Madonnina siano transitati tutti i grandi di quel periodo, mi trasmette una certa emozione.
Come quella della notizia della scomparsa di Nino Vaccarella, palermitano classe ’33, soprannominato Preside Volante visto che dopo la prematura morte del padre, nonostante la passione per i motori, si dedicò alla conduzione dell’istituto scolastico privato di proprietà della famiglia.
La sua è stata una carriera lunghissima, corsa sempre sul filo del pericolo, a cominciare da quella prestigiosa in Formula 1, dove con la De Tomaso motorizzata Alfa Romeo della Scuderia Serenissima fu presente al Gran Premio d’Italia del 1961, ricordato tristemente per l’incidente in cui persero la vita Wolfang Won Trips e quindici spettatori.
Ancora massima serie automobilistica l’anno successivo, iscritto negli appuntamenti a Montecarlo, in Germania e ancora quello italiano dove tra l’altro ottenne il suo miglior risultato col nono posto, in una stagione che con lo stesso
team lo vide alla guida della Lotus 18/21, della Porsche 718 e della Lotus 24, infine nel 1965 sempre in Italia con la Ferrari 158 della Scuderia Ferrari Spa SEFAC.
Eppure l’alba con la scuderia di Maranello che all’inizio degli anni ’60 lo aveva ingaggiato come pilota per la categoria Sport non fu la migliore, visto l’incidente durante le prove della 1000km del Nurburgring che lo costrinse ad un lungo stop.
Una carriera continuata alla 24 ore di Le Mans, ininterrottamente presente dal 1961 al 1972 con la sola eccezione del ’63 e la soddisfazione di vincere nel 1964 con la Ferrari insieme al co-pilota Jean Guichet, totalizzando anche tre podi.
Va ricordata anche la vittoria nel 1970 sempre in Ferrari della 12 ore di Sebring con Ignazio Giunti e Mario Andretti, storie diverse e destini incrociati per loro, con Giunti che morì pochi mesi dopo sul circuito di Buenos Aires durante la 1000km, mentre Andretti nel ’78 vinse il mondiale di Formula 1 dentro una carriera ricca di successi anche nella Champ Car e Sport Prototipo.
Ma c’è stata soprattutto la Targa Florio nel destino di Vaccarella, corsa automobilistica di durata dove accorrevano in centinaia di migliaia sui cigli di quelle strade che lui conosceva bene, dove vinse per ben tre edizioni, a partire dal 1965 insieme a Lorenzo Bandini con una Ferrari 275 P2, bis nel 1971 con Toine Hezemans a bordo di un’Alfa Romeo 33/3 e nell’edizione 1975 in coppia con Arturo Merzario sempre in Alfa Romeo, ma con una seconda serie rispetto a quella guidata anni prima.
Pilota ma soprattutto persona dedita alla sua responsabilità di Preside Volante, infatti dopo la vittoria di Le Mans come ricordato sul sito della Ferrari “Lui non fa in tempo a godersi i festeggiamenti, perché deve correre – sobbarcandosi altre tre ore di guida – fino all’aeroporto di Orly per volare subito a casa e non far perdere ai suoi studenti la lezione di inglese del mattino successivo.”
Un siciliano che con le sue imprese, ha fatto grande la storia del Cavallino.

