Il “Bambino” è Babe Ruth, riconosciuto all’unanimità, senza distinguo di tifoseria, come il più forte giocatore di baseball di tutti i tempi. La “Maledizione” è quella che, a seguito della sua cessione dai Boston Red Sox ai New York Yankees, colpì per ben 86 anni (dal 1918 al 2004) i Sox, impedendo loro, spesso in seguito a sconfitte clamorose, di tornare a vincere le World Series.
Innanzitutto, è importante sgombrare il campo da un paio di “leggende metropolitane”: la maledizione è legata al nome di Ruth solo perché la sua cessione fu l’inizio della lunga astinenza di vittorie dei Sox, non perché lui abbia mai effettivamente lanciato anatemi contro la sua ex squadra, contro la quale provò certamente un certo astio nei primi tempi successivi alla cessione, ma nulla più.
La seconda leggenda da sfatare riguarda l’entrata in voga della definizione stessa di “Maledizione del Bambino” (The Bambino’s Curse), che pare sia stata inventata solo nel 1986 dal celebre giornalista del New York Times George Vecsey il quale, all’indomani dell’incredibile sconfitta subita dai Sox contro i Mets nella gara 6 delle World Series di quell’anno, coniò questo concetto di “maledizione” per spiegare come mai una squadra che dal 1903 (anno di nascita delle World Series) al 1918 si era aggiudicata ben cinque titoli non riuscisse a vincere più nulla da decenni. L’espressione ottenne la sua definitiva consacrazione nel 1990 con l’uscita del celebre libro “The Curse of the Bambino” del giornalista Dan Shaughnessy del Boston Globe.
I motivi che a partire dal 1920 spinsero Harry Frazee, proprietario dei Red Sox, a vendere Babe Ruth e via via tutti gli altri pezzi pregiati della sua squadra ai New York Yankees (perfino il manager, Ed Barrow, venne ceduto nel ’23), sono da ricercare nella seconda attività di Frazee, quella di impresario teatrale. In quegli anni Broadway, cioè New York, era divenuta la meta più ambita di tutti gli spettacoli teatrali degli Stati Uniti e per qualsiasi produzione approdarvi era garanzia quasi certa di successo. Ma arrivare a Broadway aveva un costo: nei suoi teatri, infatti, venivano ammesse solo le produzioni faraoniche, con grandi nomi, belle musiche e splendide scenografie, di cui gli impresari dovevano assumere gli oneri sulle loro spalle. Ecco spiegato perché Frazee utilizzasse i suoi migliori giocatori come una sorta di assegni da inoltrare, un po’ alla volta, sulla via di New York: gli arrivavano non solo soldi, ma anche una certa “amicizia” da parte dei newyorchesi. Babe Ruth, giovane ma già una spanna sopra tutti gli altri (dapprima solo come lanciatore, poi anche come battitore), rappresentava il tesoro più grande per Frazee, ed anche lo stipendio più alto, e per questo venne ceduto per primo. Tanto per avere un ordine di grandezza, si consideri che per Ruth Frazee ricevette dagli Yankees 100 mila dollari in contanti e altri 300 mila tramite quella che oggi chiameremmo una fideiussione: una cifra stratosferica per il 1920, che oggi si potrebbe valutare intorno ai 12 milioni di dollari.
Negli annali dei Sox le tracce della “maledizione” sono innumerevoli, a partire dalle 13 stagioni consecutive con record negativo avute da Boston dal 1920 al ’33, passando per 7 occasioni in cui i Sox videro sfumare all’ultimo ostacolo la vittoria dell’American League, fino alle 4 World Series perse sempre in modo incredibile (1946, ’67, ’75 e le già citate dell’86). Tutto questo, però, ebbe la sua conclusione nel 2004, quando i Red Sox ribaltarono quello che sembrava l’ennesimo colpo della “maledizione”: sotto 0-3 contro gli Yankees nei playoff, vinsero 4 partite di fila eliminando gli odiati rivali e approdando alle World Series, dove sconfissero i St. Louis Cardinals (come pochi giorni fa) aggiudicandosi il primo titolo dopo ben 86 anni di attesa.
Il segno, per i tifosi, della fine della “maledizione” arrivò nel luglio 2004: durante una partita di regular season, una battuta in foul di Manny Ramirez dei Red Sox colpì al volto uno spettatore. Il ragazzo perse due denti ma poco dopo si scoprì che viveva in una fattoria a Sudbury, appartenuta in passato a Babe Ruth… Infine, è interessante notare che l’ultimo out delle World Series 2004, quello che riaprì la storia vincente di Boston, avvenne su Edgar Renteria, interbase dei Cardinals con il numero 3 di maglia, lo stesso numero di Babe Ruth. Semplici coincidenze? La risposta è nella saggezza popolare: “non è vero ma ci credo”, dice il proverbio.
La “maledizione” esiste in tutti gli sport. A volte sono coinvolte squadre altre singoli atleti. Resta piuttosto lunga e singolare quella che vede involontario protagonista il “bambino”. Da non crederci. Grazie per aver evidenziato al grande pubblico questa straordinaria coincidenza. Credo di questo si tratti.