
Le recenti vicende in Serie C e serie D confermano purtroppo ancora una volta la rivedibile credibilità del nostro calcio, con classifiche stravolte a tavolino a poche settimane dal termine dei campionati e parole puntualmente ripetute poi disattese.
QEsclusioni a campionato in corso, oltre a pesanti penalizzazioni per alcuni club.
È questo il verdetto in C, serie professionistica che, a poche settimane dal termine della stagione, riscrive le classifiche e manda su tutte le furie non solo i tifosi, ma soprattutto quei presidenti e sponsor che investono denaro, tempo e risorse di ogni tipo per una passione, facendo rinunce pur di adempiere alle scadenze imposte dalla terza categoria nazionale.
Classifiche riscritte, play-off e play-out interamente da rivedere a poche giornate dal termine, per una credibilità purtroppo labile, insieme al discorso delle seconde squadre che, purtroppo, toglie spazio alla meritocrazia di chi magari, vincendo un play-off di Serie D, si vede scippato il diritto di una promozione che in altri casi sarebbe legittima.
La cancellazione di Taranto (quasi duecentomila abitanti) e Turris (quasi ottantamila abitanti), oltre a essere un duro colpo per entrambe le storiche piazze, è un pesante macigno per il sistema calcio, che mina la credibilità perché, indipendentemente dalle rispettive classifiche deficitarie, avevano tolto punti ad altre società impegnate nei propri obiettivi, per un regolamento che da qui in avanti, invece di assegnare i tre punti a tavolino alle squadre che avrebbero dovuto incontrare le due escluse, ne cancella i punti fin qui conquistati.
Un lungo conto alla rovescia per entrambe, iniziato già dalla scorsa estate, poi una serie infinita di penalizzazioni ad ogni scadenza fino al verdetto finale.
Dunque si arriva a metà marzo come se nulla fosse successo, senza dimenticare in maniera cinica e arrivista, pure i costi di trasferta investiti da società e quelli che viceversa saranno risparmiati da altre.
Non è finita.
Perché una raffica di penalità hanno coinvolto altre società a dimostrazione di un calcio in crisi, al collasso, cui servono verifiche certamente più scrupolose per l’ammissione ai campionati professionistici, a partire dai controlli sull’affidabilità dei soggetti che intendano partecipare con le proprie quote, sulla loro storia, sui loro conti.
Una necessità diventata urgenza, come nel caso del Messina, alle prese con una situazione drammatica, le cui quote di maggioranza sono state recentemente vendute a una società lussemburghese che già aveva avuto problemi in Belgio, di cui il presidente del Trapani, Valerio Antonini, su X ha espresso il pensiero in merito al suo interessamento per salvare la situazione: “Ho avuto un colloquio con chi detiene su carta l’80% delle azioni del Messina per cercare di discutere su come salvare il salvabile. Ma mi è bastato 1 minuto per capire in che drammatica situazione si trova la società. Quando uno ti parla di soldi bloccati non si sa dove, fantomatici iban, capisci che non esiste nulla. Ma nulla di nulla. Credo che il sindaco Basile debba prendere in mano la situazione, costringere Sciotto a riprendersi subito l’80% che questi non hanno ovviamente neanche pagato e sedersi a un tavolo per salvare la Serie C ora e semmai la D (in caso di retrocessione) per l’anno prossimo. Anche se il play out con una società seria difficilmente il Messina lo perderebbe.”
Dunque non basta l’aspetto dedicato alle strutture, come i seggiolini nei settori, i lumen per l’impianto d’illuminazione utile agli incontri serali e quant’altro per avere uno stadio perfettamente funzionale al professionismo.
Chiaramente nulla contro qualcuno anzi, piena vicinanza ai tifosi e appassionati delle squadre escluse e/o sanzionate, inoltre tra i requisiti di partecipazione bisognerebbe tenere conto, talvolta anche periodicamente dello stato dei terreni di gioco.
Scandaloso che la favola Cerignola, al netto dei punti tolti da quelli conquistati contro le due società escluse, ne perda due rispetto all’Avellino, adesso distante un solo punto per la promozione diretta in B, peggio al Trapani che al netto di errori e forse presunzioni, in totale ne perde ben dieci.
Problemi al pari di tornei come quello della passata stagione, Serie D girone I, con una squadra ritiratasi dopo poche giornate, un’altra retrocessa dopo poco trascorrere e altre a quel punto, costruite con valori sotto la media, con gerarchie già definite dopo la sosta di dicembre e partite imbarazzanti tranne quelle delle prime due/tre squadre.
Serve una riforma totale, capace di coinvolgere anche l’attuale vergogna dei play-off di Serie D, spareggi per il salto di categoria che … non garantiscono il salto di categoria.
Questo perché attualmente, solamente la vincitrice dei nove gironi viene promossa in C, mentre i play-off servono per stilare una graduatoria da cui attingere in caso di ripescaggio, con l’alternanza tra le retrocesse dalla C alla D, dove la priorità viene data ai club di A e le loro seconde squadre.
A farne le spese, e non perché sono di parte, a fatti compiuti in questa stagione è stato proprio il Siracusa, adesso in lotta con la Reggina per un posto tra i professionisti, poche settimane addietro entrambe protagoniste di uno spettacolo al Granillo che non si vede nemmeno in mezza (per essere stretti) Serie B.
Senza considerare la follia che in caso di arrivo a pari punti in testa alla classifica di Serie D, non tiene conto degli scontri diretti e viceversa, si andrebbe allo spareggio.
A conti fatti, tra esclusioni e penalità, la piazza aretusea adesso nuovamente in lotta per il salto, già quest’anno avrebbe meritato ampiamente il professionismo, così come lo merita Reggio Calabria per passione, tifo e calore.
Le criticità economico-finanziarie che riguardano tutto il calcio si acuiscono in modo particolare in Lega Pro, imponendo una riflessione seria.
Gabriele Gravina, presidente FIGC
A proposito, pure adesso non mancano problemi, perché l’Akragas a sole sette giornate dal termine ha annunciato il ritiro dal campionato, riscrivendo interamente la classifica dello stesso girone I di serie D, col vantaggio del Siracusa passato da tre (in proiezione) ad un solo punto, rimettendo in gioco anche la Scafatese terza in graduatoria, idem la bella realtà del Sant’Agata, precipitato dal quart’ultimo all’ultimo posto e quindi, oggi sarebbe retrocesso invece di giocare i play-out.
Povera terra di Pirandello, capoluogo di provincia, capitale della cultura 2025 con le strade asfaltate coprendo i tombini poi ricercati con i metal detector, che recentemente ha trovato finalmente le risorse per dotare lo stadio dell’illuminazione artificiale, salvo poi purtroppo fare questa figuraccia.
Necessaria una riforma, che guardi gli aspetti amministrativi e sportivi di meritocrazia, che rispetti i sacrifici dei Presidenti, magari pensando l’ipotesi di una terza serie più ristretta nel numero delle squadre (come una B-2) a girone unico, una quarta di semiprofessionismo e poi passare all’Interregionale.
Ancora aprire i bandi con maggiori introiti dai diritti televisivi anche per queste categorie, inibire presidenti e dirigenti di società escluse o con penalità in classifica, non ultimo la possibilità di aprire al Var pure in queste serie, perché sono talvolta troppo sotto la sufficienza alcune prestazioni arbitrali che seppur facendo parte della crescita e del contesto della categoria, allo stesso modo di confrontano con gli investimenti a fondo perduto dei Presidenti.
Così come non è possibile la disparità tra l’indebitamento ai vertici, ed il rigore nelle serie minori nei confronti di chi magari, dimostra avere ritardato i pagamenti o le garanzia di qualche ora o al massimo pochi giorni.
Dispiace constatare come dall’aprile 2022 non sia cambiato nulla, quando il Catania Calcio Spa con la cessazione dell’esercizio provvisorio, venne escluso dalla serie C a tre giornate dal termine con lo svincolo dei tesserati.
Figuraccia epocale, campionati falsati con classifiche stravolte a poche giornate al termine, investimenti economici in parte andati in fumo, ma soprattutto abbonati arrabbiati per avere pagato delle quote per partite cui mai assisteranno: chi li risarcirà?
Chi fa i controlli quando avvengono le iscrizioni?
Chi dà le garanzie e le controlla se tutti gli anni avvengono puntualmente queste esclusioni?
Sessanta squadre in C sono troppe, ogni volta che una società entra in difficoltà, puntualmente iniziano ad aleggiare avventurieri e cordate misteriose intorno a futuri cadaveri.
Un disastro dove i responsabili dovrebbero prendersi qualche responsabilità e magari, perché no, dimettersi.
È davvero questo il rispetto del sistema calcio, nei confronti di chi supporta le vetrine?