C’era una volta… la Formula 1

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circuito di SiracusaC’era una volta…quella Formula 1 in cui Gran Premi venivano disputati su circuiti che meglio esaltavano il vero spirito della competizione, senza ridurre lo spettacolo a un fattore strategico come l’usura dei pneumatici.

Con un rimando storico, tra i circuiti automobilistici della vecchia guardia di cui rimane traccia solo negli almanacchi, come non citare quello della mia città, Siracusa, teatro dei Gran Premi di Formula 1 tra gli anni ’50 e ’70, famoso anche per l’unica vittoria ex aequo della storia, nel 1967, con protagonisti Mike Parkes e Ludovico Scarfiotti.

Il circuito posto alla periferia della città, oggi snodo della viabilità verso la zona Nord e Sud della provincia, vedeva ai margini dei caratteristici muretti di pietra a secco, delimitanti i campi di agrumi, posti in prima fila per gli spettatori del tempo, che a dispetto delle attuali poltroncine e annessa visita al paddock,  erano anche disposti ad aggrapparsi sulle piantagioni spinose di fichi d’India pur di vedere da vicino quei bolidi.

Inevitabile pensare, prima del week end di gara, all’arrivo anticipato degli uomini Ferrari, favoriti dalla vicinanza territoriale rispetto alle scuderie straniere; giorni preziosi per provare anzitempo le proprie monoposto.

Famosa la “curva della Madonnina”, chiamata tale per la presenza di una edicola votiva della Madonna ancora oggi lì situata, a benedire chi entra e chi esce dalla zona sud di Siracusa.

La team radio con l’ordine di “box this lap”? Ancora lontano anni luce.

Transitare oggi su quelle stesse strade, divenute insostenibili anche per la sola viabilità locale esponenzialmente aumentata, fa tremendamente capire il rischio di morte a cui andavano incontro i piloti anche se, dobbiamo dirlo, la sicurezza ha davvero fatto passi da gigante dopo il tragico weekend di Imola del 1994.

Tanti storici autodromi, anche quelli ancora oggi ospitanti il Circus, durante gli ultimi anni hanno apportato numerose modifiche, anche snaturando il loro layout come nel caso del Hockenheimring, con l’introduzione di accorgimenti finalizzati a diminuire la velocità media di percorrenza e aumento delle vie di fuga.

Basti pensare l’assoluto rigore nei crash test delle monoposto così come l’uso del Sistema Hans, capace anche di ridurre drasticamente le forze di trazione verticale che il collo di un pilota assorbirebbe in caso d’impatto.

Portare il discorso al motivo per cui tanti altri storici tracciati sono stati in questi anni messi in seconda linea o in discussione (sicurezza a parte), è una triste ma veritiera cruda parabola di come il dio denaro impone circostanze e circuiti alquanto discutibili per lo spettacolo.

Potremmo citare i problemi di una scuderia come la Red Bull legati alla ricerca di una power unit (unità di potenza più costosa rispetto ai precedenti tipi di motorizzazioni).

Potremmo parlare ci scuderie fallite o indebitate negli ultimi anni alla ricerca di piloti paganti (!!), così come della disparità nei pagamenti dei premi tra grandi e piccole scuderie.

Potremmo ricordare le modalità dell’incidente di Jules Bianchi.

Ne sono convinto: tolto quel cavallino rampante… c’era una volta.

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Andrea La Rosa

2 commenti

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  • Il brivido del bolide è proprio quel sentimento che trasmette passione. A mio modo di vedere, il film “RUSH” di Ron Howard è proprio l’emblema di quei tempi. Si stava meglio quando si stava peggio? Dipende. La sicurezza è certamente altra cosa rispetto a decenni addietro, per il resto invece, il suono (?) delle power unit sono un tutto dire.

Andrea La Rosa

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