Grazie ai nostri lettori per avere contribuito anche quest’anno alla crescita di Sport One con numeri che parlano da soli: oltre 18 mila visitatori e 180 mila pagine lette. “Ciao 2023” è l’articolo conclusivo dell’anno solare, scritto da Gianluca Puzzo e Andrea La Rosa, per tracciare un bilancio sugli avvenimenti sportivi e non solo. Buon tutto a tutti.

Non me ne vogliano tutti gli altri, ma ripensare al 2023 sportivo mi lascia nella testa tre nomi. Tre uomini che non sono certo venuti fuori quest’anno, ma che in questi dodici mesi hanno marchiato a fuoco la scena italiana e mondiale: Pep Guardiola, Luciano Spalletti e Jannick Sinner. Il leggendario allenatore catalano, sì leggendario, ha scritto nel 2023 la parola definitiva sulla sua carriera, che lo pone in cima, fin d’ora, ad un’ipotetica classifica all time dei coach calcistici. Con il suo Manchester City ha conquistato il secondo triplete della sua vita, Premier League, Coppa d’Inghilterra e Champions League, cui ha aggiunto in questa stagione la Supercoppa Europea e il Mondiale per Club, alla faccia di chi gli aveva sempre contestato di saper vincere solo con il Barcellona di Messi e Iniesta. In realtà Pep ha saputo vincere ovunque è andato, in Spagna, in Germania e ora in Inghilterra, certo allenando grandi campioni (ma questo è ovvio, se si vince a quei livelli) ma sapendo cambiare il modo di giocare sulla base del materiale umano a disposizione (dal tiki-taka alle verticalizzazioni su Haaland), e sapendo gestire con saggezza spogliatoi potenzialmente esplosivi, che in altre mani avrebbero finito per deflagrare. Con il recente Mondiale per Club la bacheca personale di Guardiola sale a 37 trofei, senza mai un esonero; sono sufficienti per mettere a tacere tutti i detrattori? Dietro di lui, un altro allenatore, certamente meno vincente ma che nel 2023 ha compiuto un Capolavoro, di quelli con la C maiuscola, riportando lo scudetto a Napoli dopo 33 anni: stiamo naturalmente parlando di Luciano Spalletti da Certaldo. Un capolavoro calcistico quello di Spalletti, culminato in un campionato stravinto con 16 punti di distacco sulla seconda, con una Champions che, con un pizzico di convinzione in più, avrebbe potuto dare ai napoletani ancor più soddisfazioni. E per capire il peso della mano dell’allenatore toscano su quel capolavoro è sufficiente volgere lo sguardo su cos’è il Napoli oggi, sì con un paio di cessioni di peso, ma già al secondo allenatore dopo il fallimentare periodo di Garcia e con un traghettatore come Mazzarri lontano anni luce dal calcio che quegli stessi giocatori erano capaci di produrre pochi mesi fa con Spalletti. Ricorderete tutti le vicende accadute da giugno in poi: Lucianone che dà le dimissioni per un periodo sabbatico, De Laurentiis che affida la squadra a Garcia, poi l’improvvisa “fuga” di Roberto Mancini dalla panchina azzurra e la chiamata “irrinunciabile” della FIGC a Spalletti, che diventa così Commissario Tecnico e riesce a completare senza troppi patemi la qualificazione per i prossimi Europei (per nulla scontata, visti i recenti fallimenti mondiali): sembra passato un secolo, invece sono trascorsi solo sei mesi, incredibile. Da vecchio cuore giallorosso, un legame speciale mi lega a Spalletti: a lui sono debitore della Roma più bella che abbia mai visto nella mia vita, a tratti la miglior squadra d’Europa nella sua prima fase a Roma, a lui sono debitore di un’invenzione tattica che ha consentito, a me e a tutti gli altri tifosi romanisti, di ammirare appieno le doti del nostro campione più grande, Francesco Totti. Sul lato opposto della medaglia, però, gli rimprovero il fatto di aver vinto quasi nulla con una squadra così forte, con Totti e De Rossi al massimo della loro carriera, gli rimprovero la gestione del finale di carriera di Totti, trattato come un peso e non come una risorsa per i finali di partita, gli rimprovero una saccenza, nei modi e nelle parole, alla lunga insopportabile. Questione di opinioni personali, per carità, ma limitandoci all’oggi non si può non riconoscere l’incredibile lavoro fatto da Spalletti a Napoli. Infine, non possiamo certo sorvolare su Yannick Sinner e, mi preme sottolinearlo, sugli altri azzurri che hanno riportato la Coppa Davis in Italia dopo quasi cinquant’anni. Prima di parlare di Sinner, vorrei ricordare il contributo decisivo di Lorenzo Sonego, prima come singolarista contro il Cile, quando Sinner non c’era, e poi come doppista nelle Finals, malgrado una condizione fisica approssimativa.
Non va dimenticata neppure l’importantissima vittoria di Matteo Arnaldi in finale su Popyrin, che ci ha evitato di dover giocare il doppio decisivo contro la forte coppia australiana.
E veniamo a Sinner, il campione che tanto avevamo atteso, capace di sbocciare definitivamente in estate, quando in poche settimane ha conquistato la prima semifinale Slam, a Wimbledon, e il primo titolo in un Masters 1000, a Toronto.
Da lì fino al sontuoso finale di stagione, è stata una cavalcata quasi inarrestabile, che ha portato il Barone Rosso a sfatare prima il tabù Medvedev, fin lì mai battuto e poi superato tre volte di fila, e poi, alle Finals di Torino, di battere anche il numero uno del mondo, Djokovic, nel round robin, venendone poi battuto a sua volta nella finale (a cui il Djoker era giunto anche grazie alla sportività di Sinner, ricordiamolo).
Poi ci sono state le Finals di Coppa Davis, in cui Sinner ha sempre mostrato di essere di un altro livello, sia in singolare che, udite udite, in doppio. L’unico momento di difficoltà, manco a dirlo, è stato in semifinale contro Djokovic, domato al termine di una partita leggendaria dopo avergli annullato tre match point consecutivi. Una battaglia che a molti è sembrato l’inizio di qualcosa di più grande, su cui il 2024 ci darà risposta.
Del 2024, vi basti sapere che è un anno olimpico, cos’altro? Auguri a tutti da Sport One.
(Gianluca Puzzo)
Se dovessi scegliere un personaggio – copertina voterei Jannik Sinner perchè ci ha emozionato, tenendo incollati allo schermo anche semplici appassionati di sport che pur conoscendo o avendo letto il suo nome, speravano di poter vivere quanto i nostri padri avevano tramandato.
Sicuramente un tennista guarda al suo percorso soprattutto in virtù dei guadagni economici personali secondo la partecipazione dei tornei, ma la Coppa Davis è un’altra cosa, lì ciascun personalismo viene cestinato a priori, conta la squadra, la gloria di una Nazione, per un’impresa storica che vista la concorrenza e la giovane età della squadra, compresa la speranza di ritrovare un Berrettini anche a tre-quarti di servizio, potrà essere protagonista nelle prossime edizioni.
È stato l’anno del Napoli, che dopo molti anni grazie anche ad un allineamento di pianeti, ha vinto lo scudetto, adesso purtroppo si fanno i conti con una diversa realtà, ma resta un 2023 indimenticabile come quello del Manchester City che ha vinto tutto, dalla Premier al Mondiale per club passando dalla Champions League contro l’Inter, che in quella partita avrebbe meritato di più, ma nel calcio conta fare un gol più degli altri al triplice fischio dell’arbitro.
A proposito, è stato anche l’anno della rinascita del calcio italiano, con ben tre finaliste in tutte le competizioni europee per club, purtroppo sconfitte ma che c’importa, dopo anni bui la nostra Serie A è tornata competitiva nonostante non disponga di risorse economiche al pari di big che disputano Premier, Liga e Bundesliga, siccome la matematica non è un’opinione, basta guardare il progressivo balzo nel ranking Uefa per farsi un’idea.
Ha sofferto tremendamente la nostra nazionale, gli Europei sono stati acciuffati solamente all’ultimo, sulla carta da difendere, ma nella consapevolezza di ben figurare (visto anche il sorteggio del girone) e ripartire dal basso senza troppe illusioni, i cicli sono anche questo.
Certo, la questione della Superlega resta caso spinoso, ma allo stesso modo, piacerebbe se chi di dovere, soffermasse la stessa attenzione anche sull’exploit del calcio arabo e relative regole di mercato per equilibrare dinamiche fuori controllo, e perché no, a casa nostra, cambiare il format della Coppa Italia includendo anche club di terza, quarta e magari quinta serie (l’Eccellenza per comprenderci) come avviene in molte altre coppe nazionali sparse in Europa: non bisogna pensare che il calcio sia tutti di tutti solamente a fasi alterne.
È stata una calda estate quella dell’Italia di pallacanestro, tra le migliori otto nazionali al mondo come non accadeva da decenni, un traguardo grandioso se pensiamo a come l’Nba sia ormai sempre più globale ed il livello sempre più alto dell’Eurolega, sono state protagoniste le nazionali di pallavolo dove soprattutto quella femminile, dovrà ritrovare la serenità dei tempi migliori a cominciare da quelle big, che devono fare la differenza sul campo.
Un’onda rossa ha travolto il motomondiale col bis della Ducati di Bagnaia, che il suo titolo più importante l’aveva già vinto nel terribile incidente di Montmelò, baciato dalla fortuna in una dinamica che avrebbe potuto avere ben altre conseguenze.
Più una debole risacca invece quella della Ferrari alle prese con una riorganizzazione aziendale e risultati nella seconda parte di campionato (monopolizzato dal binomio Verstappen-Red Bull) che fanno ben sperare.
Non abbiamo più parole per lo sci rosa, con Federica Brignone e Sofia Goggia che continuano ad aggiornare le statistiche della sciatrici italiane più vincenti, come per l’atletica col nome di Gianmarco Tamberi campione del mondo a Budapest nel salto in alto ed i successi nel nuoto cui l’Italia da molti anni è scuola di talento e successo.
Tanto, tanto sport nel 2024, con i mondiali di atletica leggera indoor previsti a marzo, abbuffata calcistica da gennaio a luglio con la Coppa d’Asia, d’Africa, America ed i nostri Europei, ma soprattutto la manifestazione regina rappresentata dai Giochi della XXIII Olimpiade e successivamente i XVII Giochi paralimpici.
Auguriamo le migliori fortune alle squadre che disputeranno i Pre-olimpici da sempre, tornei ad ostacoli ma che basket e volley hanno tutte le chance di vincere per presentarsi a Parigi, a Marcell Jacobs di riprendere la forma migliore ed a riavvicinarsi a quel velocista che tutti conosciamo.
Ancora poche ore al nuovo anno, solitamente due le scuole di pensiero che avvicinano il countdown della mezzanotte, il primo è quello di vivere l’attesa al successivo anno come futuro e quindi la sicurezza che qualcosa di buono a prescindere accadrà (non ditelo però a coloro che avevano la stessa linea a capodanno 2020), il secondo invece in maniera nostalgica o di felicità secondo gli obiettivi raggiunti o da cestinare nell’anno solare.
Personalmente dico di vivere il presente, come spesso ricordiamo su SportOne, senza prendersi troppo sul serio, magari senza essere troppo “Gran Circus”. Ci siamo capiti.
Buon anno ai nostri lettori come a SportOne.
Alè.
(Andrea La Rosa)


Mariella, grazie per il seguito e per il lusinghiero commento.
Buon 2024 di salute, il resto verrà da sè.
Auguri.
Complimenti a Gianluca e Andrea per questo bel bilancio, che rivela tutta la vostra appassionata attenzione al mondo sportivo e che trovo molto coinvolgente. Grazie per il vostro impegno ed auguri vivissimi per il nuovo anno