Sarebbe servito un album fotografico per riassumere la stagione estiva probabilmente più gloriosa dello sport italiano: riavvolgiamo il nastro per rivivere queste emozioni.

Per ciascuno di noi come in una precisa generazione, c’è sicuramente un momento o una stagione che lascia il segno, come una moda, un avvenimento o l’apice tale da trasmetterci delle scariche mai provate e che mai più riproveremo, dove vale la pena ricordare dove, come, quando e con chi eravamo in quel preciso istante o breve arco temporale.
Un atto da ricordare per tutta la vita che trascende dalla vita quotidiana, tale da raccontarla negli anni avvenire, con orgoglio e anche con un po’ di sano egoismo nell’averlo vissuto verso le nuove generazioni.
In passato ho sentito chi a distanza di decenni rammentava i suoi ricordi sportivi, come la Partita del Secolo Italia-Germania 4 a 3 risalente al 1970, la Coppa Davis vinta nel 1976, il record del mondo di Pietro Mennea sui 200m nel 1979 alle Universiadi di Città del Messico che fu anteprima delle medaglie di Mosca ’80, l’immagine dell’urlo di Marco Tardelli nella finale del 1982, più recentemente la notte di Berlino.
Un giorno anche noi potremo dire aver vissuto un’estate straordinaria caratterizzata da successi che in parte emotivamente, hanno ripagato quelle maledette settimane tra marzo e aprile 2020, quando suonammo da balconi o terrazze l’inno di Mameli, guardando in quei giorni alla televisione quegli stessi memorabili trionfi del passato quasi come fossero degli amuleti cui aggrapparci.
Il pomeriggio dell’undici luglio lo ricorderemo per la finale di Wimbledon purtroppo persa da Berrettini contro Djokovic, lì dove nessun tennista italiano era mai arrivato, in un’estate positiva per il 25enne tennista italiano considerato il traguardo dei quarti di finale ai recenti Us Open sconfitto ancora una volta dal serbo, senza dimenticare i successi di Sinner al torneo di Washington (più giovane vincitore di un ATP500), e quello di Camila Giorgi al Master1000 di Montreal.
Dicevamo dell’undici luglio, una domenica di grande sport perché la sera (e soprattutto la notte), abbiamo celebrato la vittoria della nazionale agli Europei di calcio, successo su cui nessuno avrebbe mai scommesso visto da dove provenivamo, anche se adesso c’è da lottare nel girone di qualificazioni ai Mondiali di Qatar, senza più commettere passi falsi per evitare il trappolone degli eventuali spareggi.
Poi il primo di agosto, col doppio oro nell’atletica leggera, per eccellenza regina dei Giochi Olimpici, di Tamberi nel salto in alto e Jacobs nei 100 m, quest’ultima disciplina dove nessun italiano era mai arrivato a medaglia, figurarsi a vincere.
Ripropongo le parole di Franco Bragagna durante la telecronaca:
“Tutto valido stavolta, è una buona partenza. Cattiva invece per Su Bingtian, Marcell Jacobs parte, Marcell Jacobs va, Marcell Jacobs va, Marcellooo, Marcellooo! 9.79 Marcello, sei campione olimpico! 9.79. Signore mio, cosa hai combinato stasera, un primo d’agosto in cui hai messo insieme questo menù mostruoso!”
Momenti di gioia, bellezza e positività, oggi vissuti quasi al fianco dei protagonisti tramite i social, senza dimenticare l’incredibile prestazione nella 4×100 valsa un’altra medaglia d’oro.
C’è da dire che l’estate agonistica di Gianmarco Tamberi è proseguita con la Diamond League, dove ha collezionato una serie di risultati, compresa la recente affermazione al meeting di Zurigo, che gli sono valsi la vittoria di quella che rappresenta la coppa del mondo di specialità, primo italiano di sempre a centrare questo prestigioso risultato.
Così come il recente risultato di Filippo Tortu che nella tappa di Nairobi (Kenya) del Continental Tour ha corso i 200m in 20″11, secondo tempo italiano assoluto, dietro solamente a quello di Pietro Mennea, abbassando tra l’altro di 23
centesimi il suo miglior crono che risaliva al 2017, confermando che questa è la sua distanza e vista la giovane età (23 anni), ci sono margini di miglioramento per raccogliere ulteriori soddisfazioni. Ma lo sport è uno, per tutti, quindi i Giochi di Tokyo 2020 sono continuati con le Paralimpiadi che hanno vissuto una cerimonia d’inaugurazione particolarmente emozionante in una trama bellissima. A cominciare dal senso di non poter volare di una bambina dotata di una sola ala sulle spalle, il messaggio della voglia di musica più forte di ogni limite, il corpo che riesce comunque ad assecondare la meraviglia della danza, quella protesi che diventa luce e quindi coraggio, nello stadio divenuto una pista d’aeroporto tramite effetti luminosi, dove la stessa bambina nonostante tutte le paure, ha potuto prendere il volo scoprendo poi “We have wings – Abbiamo le ali”.
Ancora la bandiera paralimpica come a rappresentare tre gocce quali mente, spirito e corpo, come tre, con le rispettive fiaccole, sono stati i tedofori che hanno acceso il braciere olimpico.
C’è stata la bandiera dell’Afghanistan, seppur senza atleti, sorretta da un volontario dell’Onu come solidarietà verso coloro che non sono potuti essere presenti.
Il tricolore portato da Bebe Vio e Federico Morlacchi, nella squadra più numerosa dalla prima edizione di Roma 1960.
Tante, tantissime le medaglie azzurre in un’edizione record con 69 medaglie, di cui 14 ori, 29 argenti e 26 bronzi e un’altra data a sugellare questa magica estate, il 4 settembre con lo storica tripletta sui cento metri femminili, Sabatini-Lombardo-Contraffatto, entrate nella storia per aver colorato interamente d’azzurro il podio.
Festa dell’italianità sfoggiata nel weekend del Gran Premio d’Italia, con le medaglie d’oro delle olimpiadi e la coppa vinta all’europeo di calcio a sfilare poco prima del via, addirittura con Marcell Jacobs a simulare simbolicamente una partenza in simultanea con le monoposto di Formula 1.
Tutto finito? No, perché il volley italiano, deludente ai Giochi olimpici nonostante una prestigiosa tradizione, ha saputo riscattarsi con un’accoppiata storica.
A cominciare dal 4 settembre quando le ragazze hanno battuta in finale proprio quella Serbia nostra autentica bestia nera, tra l’altro a casa loro, nel palazzetto di Belgrado ribollente di tifo con quasi ventimila spettatori.
Annientata la Boskovic con Paola Egonu scelta come migliore giocatrice del torneo, bella la scena durante la cerimonia di premiazione con le azzurre che hanno esibito le maglie di Bosetti e Fahr, entrambe infortunate che non hanno potuto condividere di presenza quella gioia.
E con gli uomini (o meglio ragazzi) di una squadra senza più Zaytsev e Juantorena ma con Fefè De Giorgi sedutosi sulla panchina 25 giorni prima, che ha convocato ben otto esordienti capaci di bruciare le tappe dapprima in finale (di diritto qualificati ai mondiali 2022) che mancava dal 2013 dopo aver battuto ancora una volta i serbi detentori del trofeo, poi il 19 settembre laureandosi campioni d’Europa in una partita decisa solamente al tie break contro la Slovenia, ko per la terza volta dopo altrettanti finale disputate.
Ormai che c’eravamo, i colori azzurri hanno vinto il medagliere dei campionati europei di ciclismo, con Filippo Ganna che in Belgio si è addirittura confermato re della cronometro bissando il successo dell’anno scorso ad Imola.
Infine se nel ricordo di questa estate italiana, aggiungiamo come sottofondo L’uomo dietro il campione di Diodato, colonna sonora del film dedicato al Divin Codino allora sì: è stata vera gloria.
“Lo so potrà sembrarti un’esagerazione
ma pure quel rigore,
a me ha insegnato un po’ la vita”


Una grande, grandissima Estate Italiana, che ricorderemo a lungo destinata a essere tramandata nei prossimi anni o forse decenni.
Sembra di sognare. Non si ripeterà mai più una estate così? Non importa, le grandi imprese non si ripetono.