Gente da Superbowl 1: Joe Montana, l’uomo di ghiaccio

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Joe-Montana_postCelebriamo la settimana che precede il Superbowl raccontando la carriera e i record di alcuni tra i campioni che hanno saputo essere grandi protagonisti della finalissima del campionato NFL. La storia del football, infatti, conta molti straordinari giocatori ai quali però non è mai riuscito di vincere un titolo (Thurman Thomas, ad esempio, a dispetto di ben 4 tentativi, o Dan Marino); altri, invece, hanno avuto questa sorte, per merito proprio ma anche delle squadre che erano state costruite loro intorno, e oggi sono a pieno titolo delle leggende di questo sport.

Il primo ritratto è dedicato a un quarterback che ha ispirato intere generazioni di giocatori e fatto sognare milioni di tifosi (me compreso) con le sue imprese sportive e, al tempo stesso, con il suo sorriso tranquillo e la sua sobrietà fuori dal campo. Se è vero, com’è vero, che la vera classe di un qb si vede nei momenti di massima pressione, allora è giusto reputare Joe Montana il migliore di tutti i tempi nel suo ruolo. Nato da radici italiane (il cognome originale dei suoi nonni era Montani) nel 1956 a New Eagle, Pennsylvania, “Joe Cool” (Joe Il Freddo, come verrà soprannominato per la sua stupefacente capacità di giocare al meglio nei momenti decisivi) gioca nel glorioso college di Notre Dame: dapprima relegato ai margini della squadra, sarà il nuovo allenatore Ian Devine a intravvedere in lui qualcosa di speciale, lanciandolo come qb titolare. Montana entra nella storia della sua università conducendo i compagni in alcune strabilianti rimonte: nel ’75 lancia 129 yard in 1′ e 2″ passando dal 6-14 al 21-14 finale su North Carolina, nello stesso anno contro Air Force passa da 10-30 al 31-30 finale, nel ’77 contro Purdue lancia 154 yard negli 11′ finali passando dal 14-24 al 31-24 finale. Si congeda dal mondo universitario vincendo 35-34 il Cotton Bowl del 1978, con il drive decisivo chiuso a 2″ dalla fine, e venendo premiato come miglior giocatore della finale.

Queste imprese, però, non riescono a vincere le perplessità che gli scout NFL nutrono sulle sue qualità fisiche e sulla potenza del suo braccio: si spiega così il risultato del draft del ’79, in cui Montana viene scelto dai San Francisco 49ers solo al terzo giro, come 82° giocatore! Nella prima stagione gioca solo 23 azioni, ma a metà dell’80 diviene titolare e il 7 dicembre dello stesso anno, contro i New Orleans Saints, realizza la prima delle 31 rimonte vincenti nell’ultimo quarto che caratterizzeranno la sua carriera. Montana rimarrà nella squadra californiana fino al 1992, contribuendo in modo decisivo alla creazione di una delle più forti linee d’attacco della storia della NFL, al fianco di campioni come Jerry Rice, John Taylor, Roger Craig, Marcus Allen e Dwight Clark, solo per citarne alcuni. Con i 49ers Montana raggiunge il Superbowl in quattro occasioni (1981, ’84, ’88 e ’89), vincendoli tutti e aggiudicandosi per ben tre volte (record assoluto) il premio come MVP della partita. Nelle quattro finali completerà un record sensazionale, quello di 83 passaggi completati su 122 senza mai aver subito un intercetto o un fumble.

Pur marciando con straordinaria regolarità anche in regular season (vincerà due premi di miglior giocatore del campionato nell’89 e nel ’90), Montana si esalta nei playoff, dove la tensione sale alle stelle e lui può far valere la sua freddezza e la sua straordinaria capacità di rimanere attaccato alla partita fino all’ultimo secondo. Due, in particolare, sono le giocate che rimarranno nella storia, al punto di guadagnarsi due appellativi quantomai definitivi: “The Catch” e “The Drive”. The Catch va in scena negli ultimi secondi della finale della NFC del 1981 contro i Dallas Cowboys: Montana, in corsa verso il margine destro del campo e braccato dai difensori avversari, lascia partire una parabola perfetta che deposita il pallone nelle mani di Clark in end zone, per il touchdown che regala ai 49ers la vittoria per 28-27.

The Drive va invece in scena nelle battute finali del Superbowl dell’88 contro i Cincinnati Bengals, con questi ultimi avanti 16-13 a 3′ e 10″ dal termine. Montana è costretto a partire dalle proprie 8 yard, ma con una strabiliante serie di 8 lanci completati su 9 percorre 87 yard e, anziché accontentarsi del field goal del pareggio, tira in end zone, completando il suo capolavoro a 34″ dalla fine con il passaggio in touchdown per Taylor. 20-16 e titolo a San Francisco, con il pubblico in delirio e Taylor addirittura in lacrime a bordo campo.

Nel 1993 i 49ers decidono di puntare sulla talentuosissima riserva di Montana, Steve Young, e il campione si trasferisce ai Kansas City Chiefs, conducendo la squadra ai playoff in entrambe le stagioni. Montana si ritira al termine del 1994, con all’attivo 8 convocazioni al Pro Bowl, 3.409 lanci completati su 5.391, 273 touchdown, 40.551 yard lanciate e 139 intercetti, inoltre 1.676 yard corse e 20 touchdown, ma è alla voce “playoff” che i suoi numeri diventano superlativi. Nella sola postseason vanta 45 touchdown (record), 12 partite con un passer rating superiore a 100 (record), 5.772 yard lanciate (secondo dietro Brady) e 6 partite di playoff con oltre 300 yard lanciate (record condiviso con Warner). Nei quattro Superbowl disputati completa 83 lanci su 122 per 11 touchdown e 1.142 yard, senza intercetti né fumble, come detto. Ammesso a furor di popolo nella Hall of Fame nel 2000, il suo numero 16 è stato ritirato dai 49ers.

Per vederlo in azione, cliccate qui: The Drive / The Catch

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Gianluca Puzzo

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