I quattro motivi per cui Chicago ha (ri)vinto la Stanley Cup

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toewskanePassata la sbornia mediatica, le conferenze stampa, le sfilate pubbliche e le bevute con la coppa piena di champagne, è il momento di analizzare a mente fredda le ragioni che hanno portato i Chicago Blackhawks a prevalere, progressivamente ma inesorabilmente, sui Tampa Bay Lightnings. Ne abbiamo trovate quattro, alcune fisiche, altre tattiche, ma tutte strettamente concatenate tra loro.

1- La separazione di Toews e Kane. I due giocatori più talentuosi di Chicago, protagonisti della rimonta in semifinale contro Anaheim, hanno raccolto un misero assist in due nelle prime tre partite delle Stanley Cup Finals. In più, il fatto di giocare nella stessa linea aiutava Tampa a tenere fresco Victor Hedman, nettamente il loro miglior difensore, che doveva stare sul ghiaccio solo il tempo di permanenza della prima linea di Chicago. In linee separate i due hanno preso a produrre di più (2 gol e 3 assist nelle successive 3 gare), ma questo credo sia un caso, e soprattutto hanno costretto Hedman a stare sul ghiaccio il doppio del tempo,  per marcare prima l’uno e poi l’altro, col risultato di stancarlo e di abbassarne il rendimento sia in fase difensiva che offensiva. Chapeau, monsieur Quenneville.

2- La difesa bassa. Nelle finali Chicago era partita con la tattica difensiva che preferisce, quella del pressing alto. Poi, sotto 2-1, ha cambiato strada, scegliendo di aggredire molto meno, di lasciare più ghiaccio in partenza agli attaccanti avversari, aspettandoli nel proprio terzo difensivo. Risultato: i Lightnings hanno segnato solo 3 reti nelle ultime 3 gare…
I bene informati sostengono che dietro questa sterzata tattica improvvisa ci sia lo zampino di Scotty Bowman, oggi 81 enne executive manager degli Hawks ma leggendario allenatore del passato, capace di vincere “solo” 9 Stanley Cup come coach. Che il cambio sia stato farina del sacco di Quenneville o figlio di una “soffiata” proveniente dalle stanze alte della dirigenza poco cambia, è stato geniale punto e basta.

3- I due infortuni-chiave di Tampa. Tyler Johnson e Nikita Kucherov erano in campo in gara 6, ma hanno lasciato davvero poche tracce della loro presenza, e il giorno dopo abbiamo capito perché. Jon Cooper ha detto pubblicamente che il primo ha giocato con un polso fratturato e il secondo con una costola incrinata due partite prima. Gli infortuni sono frequenti, nell’hockey, ma vedersi colpire uno dopo l’altro i due migliori realizzatori è davvero sfortuna. O fortuna, dal punto di vista degli Hawks. Con buona pace di chi pensa che sia bendata…

4- Il fattore-stanchezza. Se un punto debole si poteva trovare nel roster di Chicago era la poca profondità nei ruoli difensivi. Dall’inizio della stagione il 90% del minutaggio pesava sulle spalle di 4 uomini: Keith, Seabrook, Hjalmarsson e Oduya. Per gli altri due posti c’erano diverse opzioni, dal giovane Rundblad al veterano Timonen, ma nessuna davvero affidabile sul lungo periodo e per molti minuti. Gli Hawks hanno avuto il merito di chiudere con un rapido 4-0 la serie di secondo turno contro i Minnesota Wild, guadagnando così 10 preziosissimi giorni di riposo prima della serie contro Anaheim, ancor più preziosi proprio per i 4 difensori cardine di Quenneville. Tutto ciò mentre Tampa giocava 6 partite alla morte contro i Canadiens, e nelle ultime due uscite della finale la stanchezza accumulata è venuta fuori.

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Gianluca Puzzo

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