Il bambino e l’uomo, oltre lo sport

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Tra gli eventi che hanno segnato il 2017 che va concludendosi, ricorderemo anche una storia che va oltre lo sport.
Tutto inizia il 26 marzo a Wembley in occasione della partita tra l’Inghilterra e la Lituania, sfida valevole per il girone F europeo, delle qualificazioni ai Mondiali di Russia 2018.
Pochi giorni prima proprio Londra era stata sede di un attentato terroristico sia sul ponte di Westminster che nella Parliament Squadre; ora, il calcio è il giusto pretesto per provare a tornare alla normalità.

Dietro gli arbitri, i giocatori entrano in campo mano nella mano con altrettanti bambini, in testa allo schieramento inglese non c’è il capitano Joe Hart, come di consueto, bensì Jermain Defoe (tornato in nazionale dopo tre anni e mezzo) con al fianco il piccolo Bradley Lowery che all’ingresso, mette subito le mani alle orecchie per il frastuono assordante dei tifosi inglesi.
Subito dopo Bradley realizza di essere su quel prato verde, e al momento dell’inno si rivolge verso Defoe abbracciandolo, quasi come la complicità di un sogno realizzato.
L’emozione è enorme, ancora di più la storia del fanciullo di cinque anni, malato di terminale di neuroblastoma; proprio durante le fasi della terapia i due si erano incontrati.
L’Inghilterra vince 2-0, tra i marcatori lo stesso Defoe, e il paese intero, oltre a scrollarsi il terrore dei giorni precedenti, conosce la storia di Bradley.
L’opinione pubblica è tutta rivolta verso di lui, arrivano manifestazioni di sensibilizzazione e donazioni da ogni parte del mondo ma purtroppo la diagnosi è impietosa, ogni sforzo serve unicamente a rallentare il decorso della malattia.
Pochi mesi dopo, il 7 luglio, Bradley muore.
L’attaccante è presente al funerale, dove la piccola bara portata a spalla da amici e parenti, è decorata dai colori del suo adorato Sunderland, alla presenza dei supereroi mascherati e, tra questi, uno in carne ed ossa.

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Andrea La Rosa

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