Il Tuono e i Cavalieri

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Kevin-Durant_postOhio. Cleveland, 25 Gennaio 2015.

Notte tra domenica e lunedì. Un luogo, una data, un evento. Non un momento imprecisato come tanti, confuso e smarrito tra le pieghe del tempo, ma “quello” in cui un manipolo di Cavalieri, impavidi, marciano uniti e coraggiosi fino alle porte del Tuono, sfidandolo a regolar tenzone. Il Comandante delle Forze di Terra, LeBron James, morde il freno e si contrappone al monumentale Generale delle Onde d’Urto, Kevin Durant. Una sfida tra titani. Uno scontro adrenalinico.

Per Oklahoma City l’avvio è da brivido. Nel senso negativo del termine. Le prime otto conclusioni a canestro si infrangono contro il muro del “nulla di fatto”. Cleveland sonnecchia e non riesce a capitalizzare l’inaspettato bottino. Nella prima frazione del match entrambe le squadre sono lupi famelici intenti unicamente a studiarsi, annusandosi a vicenda, prendendo le misure e calcolando le distanze prima dell’assalto. Lentamente, action-by-action, il duello cambia volto. I punti siglati da Anthony Morrow, Reggie Jackson e Dion Waiters suonano la campana della riscossa per OKC, riuscendo a infilare un parziale di 9-1 e un sonoro quanto improbabile +8. Si inizia a segnare e a sognare… ma non per molto. Il “figliol prodigo” è lì che scalpita e attende il “suo” turno, quello propizio, quello che gli permetterà di entrare in partita da trionfatore. Occorre avere pazienza e attendere che il primo quarto ceda il passo alla ripresa. Il Prescelto entra in campo a testa bassa e carica il canestro come una furia, come un toro scatenato, diventando ingestibile per chiunque decida di marcarlo. Bastano solo 4 minuti e Sir James ferisce i Thunder con 9 punti, versando linfa vitale nelle vene dei Cavs (che da quel momento prenderanno in mano le redini della gara). La reazione non tarda ad arrivare: lo schiacciasassi Durant decide che è giunta l’ora di macinare qualche punto, ma le imprecisioni di Westbrook non aiutano a stabilizzare il precario assetto da guerra. Arrivano a supporto le triple di JR Smith, le firme di Irving e i rimbalzi di Thompson.

Alla fine del secondo quarto, Cleveland lascia il terreno di gioco con un punteggio che permette di intravedere una voglia di vincere rimasta latente fino a poco prima: 57-49.

I Cavs comunicano ai tifosi di avere una buona forma fisica e una convincente condizione mentale. Riusciranno ad avere la meglio su Oklahoma, mettendo in cassaforte la loro sesta vittoria di fila. James, con 34 punti, trascinerà i suoi compagni al successo, mentre i 32 punti di Durant non riusciranno a ribaltare le sorti della partita. Così facendo Cleveland si porterà su un record complessivo di 25-20 in regular season, mentre nelle sette gare post infortunio LeBron viaggerà su una splendida media di 30,3 punti a partita.

Back to the game. Terzo quarto di gioco. La tensione è palpabile. Gli sguardi di James e Durant fanno scintille ovunque s’incrocino. C’è un universo di cose non dette tra i due e che di certo non troverà posto in questi preziosi minuti. Qui, ora, siamo nel flusso. Qui, ora, hanno importanza solo le prodezze fisiche. Gli ospiti tentano un rapido cambio di registro. Il binomio Westbrook-Durant produce i suoi primi effetti dirompenti con una ritrovata autorità che diventa via via crescente, mentre Love impallina una serie di triple dolorosissime. Non tutto è perduto! Non potrebbe essere diversamente in uno sport come il basket, dove, nell’arco di un pugno di secondi, può accadere qualunque cosa (specialmente se inaspettata). Ultimo sforzo, fiato sospeso e colpo di reni: i Thunder si portano in vantaggio con un break di 14-6. Ritorna la speranza e, con essa, nuovamente la delusione: si tratta solo di un breve refolo di freschezza che verrà mortificato dalla rimonta veemente dei Cavs. Irving sfodera un paio di prepotenze atletiche e riporta celermente la locomotiva sui giusti binari. Coach Blatt annuisce, sorride e ringrazia i suoi con un paio di sguardi di sincera gratitudine.

Il motore dei Thunder, ad un tratto, sembra incepparsi. Waiters non si da per vinto. Corre, suda, sbraita e incita. Rimette in circolo dell’ottimo carburante (cercando quantomeno di vendere cara la pelle). Può bastare? No, non stasera, non alla Quicken Loans Arena, non contro King James che si erige a dispensatore di sofferenze dei Thunder: i primi otto punti dell’ultimo quarto sono una sua “proprietà esclusiva”. Non è ancora soddisfatto. Può fare di più. Sente di voler fare di più. Riceve palla, finta, guarda il suo marcatore e salta mentre frusta di polso da un’incredibile distanza. Il viaggio della palla è di sola andata: si insaccherà nella bianca retina del canestro, regalando altri tre punti pesanti ai Cavs. Il parziale di +11 è solo opera sua! Durant non ci sta. Tenta di arginare, senza troppa convinzione, il suo avversario. Non vuole mollare. Comprensibile quanto inutile. Alla fine sarà Love a mettere tutti a tacere con una bomba tripla.

Si scivola, dolcemente, verso lo score finale. Il risultato é ormai al sicuro: Cleveland Cavaliers 108 – Oklahoma City Thunder 98.

La sfida tra LeBron James e Kevin Durant era il match più atteso della giornata NBA e non ha tradito le aspettative. Partita interessante, veloce, dinamica, che ha visto i Cavs quasi sempre in vantaggio. Il Sire è stato fondamentale con i suoi 34 punti e 7 rimbalzi, più un paio di deliziose triple nell’allungo definitivo. Ammirevole la prestazione anche di Kevin Love (19 punti e 13 rimbalzi). Non saranno sufficienti, invece, i 32 punti autografati da KD. Per gli amanti delle statistiche, a fine gara, il tabellone recita per Cleveland un James da 34 punti (9/19 da due, 2/6 da tre, 10/13 tiri liberi), 21 per Irving e 19 per Love, Thompson 16 rimbalzi e Irving 6 assist; per i i Thunder, invece, un grande Durant da 32 punti (11/18 da due, 1/5 da tre, 7/9 tiri liberi), 22 per Westbrook e 15 per Ibaka, 10 rimbalzi sempre per Ibaka e 11 assist targati Westbrook.

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Francesco Pumpo

2 commenti

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  • Articolo bellissimo, a tratti poetico. Lo sport può essere poetico? Credo di sì.
    E’ talmente coinvolgente da sentirsi lì, presente, nel palazzetto dello sport, tra tante gente entusiasta.

Francesco Pumpo

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