La crisi del calcio greco irrompe in tutta la sua violenza già all’inizio della stagione 2014/2015, le squadre cariche e pronte ad affrontare una gagliarda stagione non sanno cosa sta per accadere.
La crisi economica che già aveva fiaccato pesantemente il paese stava per impadronirsi del gioco più seguito al mondo e dopo lo choc retrocessione della gloriosa Aek di Atene nel 2013 il ben meno glorioso Niki Volos non riuscirà a sostenere le spese minime della massima serie.
Non fine meno squallida spetterà all’Ofi Creta allenata da Gattuso alla quale non bastò la forza di carattere trasmessa da un indomito lottatore come il “ringhio nazionale”.
La serie di fallimenti non ha risparmiato nemmeno l’Aris di Salonicco, sceso in terza divisione.
A tutto questo si è cercato di porre rimedio proponendo iniziative in termini di sconti nel prezzo dei biglietti che potessero riavvicinare i tifosi alla squadra, ma il movimento calcistico non ha trovato altra soluzione che scendere da 18 a 16 squadre, offrendo uno spettacolo orribile in termini di presenze allo stadio andando a finire anche al di sotto delle presenze medie realizzate nel campionato di serie B italiana.
In questo marasma totale in cui le rare partite che si disputano portano a spettacoli poco edificanti di violenza sugli spalti spunta anche una calciopoli che ricorda tristi vicende nostrane legate all’ex direttore sportivo della Juventus, che portarono trofei e vittorie senza avversari in Italia (la sindrome del Rosemborg), con sonore sconfitte e comunque un numero di trofei europei infinitamente inferiori a quelli che sarebbero potuti arrivare in condizioni non alterate.
L’Olimpiakos non ha rivali, tranne quando si affaccia al di fuori dei confini nazionali, momento in cui si rende conto di quale monopolio calcistico ai limiti dell’irregolarità ha costruito in casa propria.
Il suo presidente, Marinakis, finisce sotto inchiesta per frode e associazione a delinquere, e il mondo sporco delle scommesse sportive e delle partite truccate riemerge in tutta la sua attualità.
Allora se la Grecia perde credibilità e forza all’interno dei propri confini nazionali, non può non disperdersi in Europa, dove sparisce letteralmente e nel giugno 2015 prende due schiaffoni andata e ritorno nel girone di qualificazione a Euro 2016 dalle Isole Far Oer segnando definitivamente il declino dell’intero movimento calcistico greco.
La Grecia passa dall’undicesimo posto del 2012 all’attuale quarantunesimo nel ranking Fifa e sembra avviarsi verso un punto di crisi di non ritorno.
Il sindacato dei calciatori ellenico ha fermato nello stesso anno il campionato per protestare contro il mancato rinnovo delle assicurazioni che coprono i professionisti in caso di incidenti di gioco.
Fa sorridere vedere come in passato molte società siano ricorse a mercati mai in crisi per ottenere sponsorizzazioni e quindi raschiare il fondo del barile.
Nella terza divisione greca nel 2012, ancor prima che la crisi si acutizzasse, la squadra del Paliopyrgos, sfoggiava delle magliette con la scritta “Funeraria Karaiskaki 5” con una visibilissima croce azzurra sulla maglietta a richiamo dell’impresa di pompe funebri.
Ancora più singolare invece è il caso della squadra del Voukefalas che aveva come sponsor il “bordello soula”, anche in questo caso l’associazione è piuttosto ovvia.
Il presidente del Voukefalas motivava il ricorso alla casa di appuntamenti per lo sponsor riferendo il mancato aiuto della federazione greca di calcio.
Ho voluto chiudere con una nota che possa far sorridere dinanzi ad un movimento calcistico greco in un coma che mi auguro possa definirsi reversibile e che trainato dalla ripresa anche dell’economia reale possa restituirci una gloriosa realtà sportiva oltre che il paese culla della democrazia e della civiltà.