La nuova NHL fa 31: analisi della Western Conference

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WESTERN CONFERENCE

CENTRAL DIVISION

CHICAGO BLACKHAWKS
La disarmante eliminazione al primo turno per mano di Nashville, giunta dopo l’illusorio primo posto nella Western Conference, ha lasciato un segno profondo sulla off season dei Blackhawks. Joel Quennevile ha salvato il posto come coach, ma la rosa è stata decisamente svecchiata salutando Hossa, Oduya, Hjalmarsson e Darling. Diverse le ragioni della cessione di Panarin, la cui intesa con Kane e Toews non è mai decollata fino in fondo. In entrata, da segnalare il grande ritorno di Brandon Saad, uno degli attaccanti più veloci della NHL, e del veterano Sharp; in difesa il miglior acquisto è Connor Murphy, a cui sarà chiesto di garantire qualità e minutaggio, visto che Keith e Seabrook sono anche loro ben sopra la trentina. Se i veterani restano in salute il bis nella division è alla portata, ma per la Stanley Cup sembrano esserci leoni più famelici.

MINNESOTA WILD
Dopo aver realizzato la miglior regular season della loro storia, 49 vittorie e 106 punti, gli Wild hanno dovuto incassare l’amara eliminazione al primo turno contro i Blues. La fiducia nella squadra, però, è rimasta intatta, al punto da generare una off season praticamente piatta, senza novità di sorta. Le perplessità sono magari più rivolte verso la panchina, visto che Bruce Bodreau, riconfermato, si sta dimostrando un coach poco fortunato nella post season (solo un terzo turno con Anaheim nella sua lunga carriera). Possono anche vincere la division, ma è difficile che possano correre fino in fondo per il titolo.

WINNIPEG JETS
La fiducia nel gruppo di giovani talenti costruito negli ultimi anni c’è ancora, ma potrebbe essere in via di scadenza, se i Jets dovessero mancare di nuovo i playoff. La scorsa stagione ne sono stati fuori per sette punti, mancando in generale di spessore nei momenti caldi della corsa; per questo sono stati presi alcuni veterani, Mason e Kulikov, chiamati a tirare il gruppo nei passaggi cruciali. Il talento c’è, ma rispetto ad altre pretendenti alla post season potrebbe esserci ancora troppa inesperienza.

COLORADO AVALANCHES
Quando sei ultimo, hai almeno il vantaggio di non poter fare di peggio. Vale per i disastrosi Avalanches della scorsa stagione, chiamati ora a un riscatto che non appare comunque granché consistente. Sono arrivati altri prospetti interessanti, come Bigras e Lindholm, ma che certo non sono giocatori in grado di imporre una svolta immediata alla squadra. La speranza è che almeno l’attacco sia meno asfittico di quello passato, in attesa di tempi migliori.

NASHVILLE PREDATORS
Una grande domanda aleggia su questa squadra: i veri Predators erano quelli giunti solo ottavi nella Western Conference o la macchina da hockey vista nei playoff, capace di arrivare fino alla finale di Stanley Cup? Nel dubbio, la dirigenza ha cambiato solo lo stretto necessario, sostituendo due pedine importanti come Neal (andato a Vegas) e capitan Fisher (ritiratosi) con due pezzi da novanta come Nick Bonino e Scott Hartnell. Il gruppo è sempre solido e corre sicuramente per una qualificazione senza troppi patemi alla post season; bisognerà vedere se i giocatori reggeranno per tutta la stagione i ritmi frenetici dell’hockey predicato da Laviolette.

DALLAS STARS
Una squadra costruita per i playoff e, magari, per il titolo. Senza badare a spese, i texani hanno provato a sistemare la squilibrata macchina da gol dello scorso anno, per darle una consistenza in grado di fare punti anche nelle serate con meno vena. Innanzitutto è cambiata la guida tecnica, con Hitchcock (licenziato da St. Louis lo scorso anno) al posto di Ruff, quindi è stato preso un super portiere come Ben Bishop, ormai detronizzato da Vasilevskiy a Tampa ma ancora in grado di abbassare la saracinesca, se evita infortuni. Nel movimento, a Seguin, Benn e Spezza sono stati affiancati ottimi giocatori come Radulov e Hanzal, mentre in difesa il veterano Marc Methot dovrebbe aggiungere un po’ di cattiveria al penalty killing. Anche tra le partenze c’è qualche nome di peso, come Sharp e Niemi, ma dopo il mezzo fallimento dello scorso anno qualche testa doveva forzatamente saltare. Squadra giustamente ambiziosa, comunque.

ST. LOUIS BLUES
Il grande impatto di Mike Yeo, subentrato ad Hitchcock nella guida tecnica, avrebbe forse meritato una off season un po’ più intraprendente, soprattutto in considerazione del numero di giocatori che hanno passato i 30. Nomi altisonanti non ne sono arrivati, ed è anzi stata ceduta a Washington una colonna difensiva come Kevin Shattenkirk. La squadra resta comunque molto competitiva e attrezzata per un posto ai playoff; è difficile, però, che possa migliorare il secondo turno della scorsa stagione.

 

PACIFIC DIVISION

ANAHEIM DUCKS
Vincono questa division da cinque anni consecutivi, eppure il loro ultimo titolo NHL risale ormai a dieci anni fa. Il limbo in cui sono rimasti intrappolati i Ducks non accenna a sciogliersi, ma intanto i loro assi invecchiano, con Getzlaf, Perry e Kesler oramai 32enni. I giovani di talento non mancano, come Rakell e Silfverberg, ma sono partiti Stoner e Theodore, apparentemente senza rimpiazzi adeguati. L’impressione quindi è che il limbo sia ancora lì come una maledizione, per i californiani; quasi certi di un posto ai playoff (ma per la vittoria della division dovranno vedersela con Edmonton!), ma per arrivare al titolo manca qualcosa.

EDMONTON OILERS
È dai tempi di Sua Maestà del Ghiaccio Wayne Gretzky che Edmonton non viveva una off season così carica di speranze di titolo. La scorsa stagione gli Oilers sono stati eliminati al secondo turno dei playoff da Anaheim, ma il tempo gioca a loro favore, con lo strepitoso gruppo di talenti, guidato dalla stella Connor McDavid, pronto a spiccare il definitivo salto verso la gloria. Stesso discorso vale per il portiere, Cam Talbot, che a 30 anni sembra finalmente aver trovato la continuità dei grandi nel suo ruolo. Il mercato dei canadesi è stato praticamente nullo, quindi, con la sola preoccupazione di bloccare i pezzi migliori da eventuali tentatori di altre piazze. Corrono per vincere la division e molto molto di più.

VANCOUVER CANUCKS
I fratelli Sedin sono all’ultimo anno di contratto, ma intorno a loro non è che sia stato costruito granché, durante la off season. Molti sono i giovani di talento (Boeser, Stecher, Virtanen) ma Vancouver avrebbe bisogno della contemporanea esplosione di tutti loro per risollevarsi dalla disastrosa ultima stagione. In ogni caso, la difesa resta sempre leggera, mentre per parare è stato preso Jakob Markstrom, buon portiere ma probabilmente chiamato a confrontarsi con un tiro al piccione al di sopra delle sue possibilità.

ARIZONA COYOTES
Sulla carta si sono mossi bene, i Coyotes, in questa offseason. Dovevano potenziare un attacco asfittico (il quarto peggiore nella scorsa stagione) e hanno preso un centro come Derek Stepan; dovevano puntellare con esperienza la difesa ed è arrivata una sicurezza come Hjalmarsson da Chicago. Restano due problemi: la profondità delle linee e il portiere. Antti Raanta ha fatto bene ai Rangers come riserva di Lundqvist, ma ora deve dimostrare di saper reggere anche il ruolo di numero 1 del roster. I Coyotes mancano i playoff da cinque anni, e c’è il serio rischio che arrivino a sei.

LOS ANGELES KINGS
A dispetto del cambio di management e di guida tecnica, con Stevens chiamato al difficile compito di sostituire il grande Darryl Sutter, l’impressione è che il destino di questi Kings passi ancora dal rendimento del loro nucleo storico. Si tratta di quei giocatori (Quick, Doughty, Kopitar, Gaborik) che in qualche modo bloccano il payroll dei californiani ma che nelle ultime stagioni sono andati ben al di sotto delle aspettative e delle loro reali capacità. Basti citare la miseria di 22 punti segnati da Gaborik o le sole 17 gare giocate da Quick, un portiere capace in passato di portare per due volte al titolo una squadra con uno dei peggiori attacchi della NHL, ora alle prese con seri problemi alla schiena. Se tutti loro tornano ai livelli che gli competono, L.A. può essere un osso davvero duro in chiave playoff, altrimenti è difficile che le seconde linee come Toffoli e Pearson possano tenere su la squadra da sole.

VEGAS GOLDEN KNIGHTS
Al loro primo campionato della storia, i Knights hanno il vantaggio di non temere paragoni con il passato, vero e proprio incubo di tutte le altre squadre. Hanno però comunque l’imperativo di essere competitivi, sia per amor proprio che per provare a far funzionare l’esperimento di portare l’hockey su ghiaccio nel bel mezzo del deserto del Nevada. È fin troppo ovvio che l’entusiasmo iniziale da parte del pubblico potrebbe andare incontro a bruschi cali in caso di troppe sconfitte. Il leader della squadra è senza dubbio Marc-Andre Fleury, grande portiere ex Penguins, lasciato partire per puntare definitivamente su Matt Murray. Ci sono anche altri nomi di un certo spessore, come Theodore, Stoner, Neal, Grabovski e Bellemare, ma non hanno mai giocato assieme e questo, almeno agli inizi, potrebbe pesare parecchio.

CALGARY FLAMES
Sulla carta sono la terza forza della division, dopo Edmonton e Anaheim (che li ha eliminati 4-0 nella Wild Card degli scorsi playoff). I Flames hanno acquisito alcuni giovani talenti, come Spencer Foo, e puntano molto sulla definitiva esplosione di Sam Bennett, un po’ calato l’anno scorso dopo un’ottima stagione da rookie. Ci si aspetta poi anche il ritorno di Monahan e Gaudreau ai livelli realizzativi di due anni fa, mentre in porta è stato acquistato un veterano di sicuro affidamento come Mike Smith. Se i pezzi del mosaico vanno a posto i playoff non sono un grosso problema, ma anche stavolta la corsa potrebbe non essere lunga.

SAN JOSE SHARKS
Dopo 19 stagioni si è conclusa a San Jose l’era di Patrick Marleau, che a 38 anni si è spostato a Toronto portando con sé quasi tutti i record offensivi degli Sharks. Il nocciolo della squadra è ancora composto da giocatori di valore assoluto (Burns, Jones, Thornton, Pavelski, Couture) ma i rinforzi arrivati dalla off season non sembrano all’altezza e l’atmosfera generale sembra orientata verso un ricambio generazionale che porterà fatidicamente a un impoverimento dei risultati. Possono ancora arrivare ai playoff, magari a una Wild Card, ma per la testa della division guardare altrove.

 

 

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Gianluca Puzzo

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