Prosegue il percorso netto dei Golden State Warriors in questi playoff 2017: alla Quicken Loans Arena di Cleveland i campioni dell’Ovest vincono 118-113 al termine di una partita molto tirata, la più bella della serie finora, e si portano sul 3-0, ad un passo dal secondo anello in tre anni. Eroe del match, ancora una volta, Kevin Durant, che si candida come favorito MVP della serie. La seconda scelta del 2007 mette a segno ben 31 punti, ma soprattutto la tripla decisiva a quarantacinque secondi dal termine, che regala il sorpasso definitivo dei suoi. Dal 109-113 in poi, negli ultimi ottanta secondi il numero 35 sigla sette punti consecutivi (un tiro dalla media, una tripla in faccia a James e due liberi) che consegnano di fatto la terza vittoria ai Warriors e affossano le speranze dei campioni in carica.
Quella di stanotte è stata la gara più emozionante di tutti i playoff: l’iniziale copione similare alle due sfide precedenti viene stravolto nel terzo quarto, in cui i Cavaliers sorprendono gli avversari con un 33-22 di parziale che li mette in piena corsa per la vittoria; nel quarto e decisivo periodo, però, i Warriors riescono a rimanere lucidi e, complici alcuni errori in attacco dei padroni di casa, operano il sorpasso definitivo grazie, come detto, alla splendida prestazione della loro ala piccola. Ancora una volta, a fare la differenza sono le diverse percentuali al tiro delle due squadre: se infatti i ragazzi di coach Lue terminano la gara con meno palle perse e più punti realizzati in transizione, Curry e soci mettono a referto ben sedici triple su trentatré tentativi, con una percentuale pari al 48,5% contro il misero 27,3% di Cleveland (12/44) in cui spicca soprattutto l’errore di Korver dall’angolo a meno di un minuto dalla fine che avrebbe regalato di sicuro il successo. Con le percentuali dall’arco si spiega la vittoria di Golden State: la battaglia da lontano è stata l’unica andata in scena in Ohio, considerato che l’apporto dei lunghi, per entrambe le squadre, è stato quasi nullo. Pachulia da una parte (0/3) e Thompson dall’altra (0/1) rimangono a secco, a dimostrazione di quanto poco siano stati chiamati in causa i centri titolari, così come le ali grandi: Love termina la gara con appena 9 punti a referto (1/9 da due e 1/7 da tre) risultando alla fine il vero fattore mancante per la vittoria dei suoi, mentre per i Golden State McGee non tira mai in appena sette minuti di impiego e West è l’unico lungo con una percentuale positiva (3/3 da due e sette punti a referto). Insomma, i due coach se la sono giocata puntando sui piccoli, sulle loro percentuali realizzative dall’arco e sulle loro penetrazioni. Se, però, da una parte Irving e James hanno messo a ferro e fuoco la difesa avversaria (soprattutto il primo con alcune penetrazioni apparentemente impossibili), dall’altra il trio terribile non si è tirato indietro, sfoderando numeri da capogiro: Durant 31 punti con 10/18 da due e 4/7 da tre, Curry 26 punti con 8/19 da due e 5/9 da tre e Klay Thompson 30 punti con 11/18 da due e 6/11 da tre per un totale di 29/55 da dentro l’arco (52,7%) e addirittura di 15/27 da tre (55,5%). Eppure, nonostante queste mostruose percentuali, Cleveland è rimasta avanti per tutto il terzo e quasi tutto il quarto periodo, grazie ai 77 punti totali della coppia Irving-James; oltre loro, però, il vuoto, con il solo JR Smith capace di 16 punti e gli altri a secco o quasi. Ma la differenza, in verità, anche in gara tre l’ha fatta Kevin Durant, capace di mettere a segno i canestri decisivi nei momenti più caldi del match, cosa che non riesce, ad esempio, allo stesso Irving a ventotto secondi dal termine sotto di uno: il suo step-back da dietro l’arco (costretto dall’ennesima sontuosa difesa di Klay Thompson), tocca appena il primo ferro.
Al termine della partita le facce dei Cavaliers raccontano la frustrazione e la rabbia per una sconfitta che sa di resa definitiva. LeBron è sempre l’ultimo ad arrendersi (a proposito, con i 39 punti, 11 rimbalzi e 9 assist finali sfiora il record di tutti i tempi di triple doppie nei playoff, ma è solo questione di tempo) ma anche stavolta non ha avuto il supporto che merita, nonostante si sia dimostrato ancora una volta meno egoista di quanto venga descritto. Dalla panchina sono arrivati appena 11 punti, meno della metà di quella californiana, che contribuisce al successo con 24. Va detto, in tutta onestà, che sul tentativo finale da tre proprio di LeBron James a dodici secondi dal termine, l’azione difensiva di Iguodala (altro grandissimo difensore) è quantomeno sospetta e probabilmente sanzionabile con tre liberi per il 23 di casa, ma comunque l’ultimo possesso sarebbe andato ai Warriors, e con un KD “in the zone” come questo che stiamo ammirando nelle Finals, si sarebbe solo prolungata l’agonia di qualche secondo.
Venerdì notte alle 3 è in programma gara 4: nella storia dei playoff Nba nessuna squadra è stata mai in grado di recuperare uno svantaggio di 0-3; ma nei playoff americani in generale (comprendendo tutti gli sport a stelle e strisce) nessuna squadra aveva mai collezionato quindici (dicasi 15) vittorie consecutive come fatto quest’anno dai Golden State Warriors. Quindi, chissà, magari da venerdì prossimo potrebbe aprirsi un nuovo entusiasmante capitolo in questa serie e potrebbe essere stravolto un altro record. Oppure, potrebbe verificarsi il nono 4-0 nelle finals Nba (l’ultimo dei quali subito proprio dai Cavaliers contro San Antonio dieci anni fa). Da tifoso e appassionato di questo meraviglioso sport non so cosa augurarmi: il percorso netto mi esalterebbe e consacrerebbe una squadra agli annali per sempre, ma dall’altra parte la speranza di allungare la serie e di godere di altri spettacoli come quello della scorsa notte è altrettanto forte. In ogni caso, le finals Nba si confermano ancora una volta uno dei momenti più emozionanti dell’anno, anche quando c’è una squadra schiacciasassi come Golden State.