Le NBA Finals sono fatte così. Conclusasi da poco una gara si pensa e si vola immediatamente a quella successiva (a volte spostandosi di Stato in Stato, altre volte rimanendo all’interno della medesima Arena), quasi senza soluzione di continuità, così come la palla a spicchi, una volta scaraventata sul ferro da un lungo tiro da tre, si anima di vita propria e saltella, sprezzante, da una parte all’altra.
Il primo scontro ha visto gli Warriors avere la meglio sui Cavaliers, seppur di poco. E molti avrebbero scommesso che per Golden State il bottino si sarebbe doppiato a stretto giro. Ma il basket è imprevedibile: una seconda prestazione di incredibile bellezza di LeBron James (tripla doppia da 39 punti, 16 rimbalzi e 11 assist) unita ad una deludente performance di Steph Curry (19 punti, un insolito 2 su 15 da tre punti e 5 su 23 dal campo) hanno permesso ai Cavs di farsi valere con un tiratissimo 95-93. “Non c’è una spiegazione nella mia meccanica di tiro per questa prestazione – ha dichiarato l’MVP a fine partita – semplicemente non sono mai riuscito a trovare il mio solito ritmo…”. Anche i bookmakers si sono palesati all’orizzonte come funesti uccelli del malaugurio contro Cleveland, pagando una vittoria degli Warriors 1.16 contro il 4.90 dei Cavs. Tuttavia la stoffa dei campioni, quelli veri, quelli che fanno parlare a lungo di sé, passa attraverso la cruna della fatica, lo strazio del dolore e la morsa della frustrazione. “Attraverso le difficoltà, verso le stelle” usavano dire i latini.
Oracle Arena gremita all’inverosimile. Per i Cavs non è certo un buon momento: un’eredità pesante da amministrare con accortezza, palese ostilità di campo e assenza di uno dei giocatori più proficui (Irving ancora una volta messo fuori gioco dal suo maledetto ginocchio). Di fianco al monumentale punteggio del Re, va lodata la tenacia del piccolo guerriero “Delly” Dellavedova, difendendo alla grande su Curry (decisamente in serata no) e guadagnando i tiri liberi decisivi nel finale di partita.
Thompson parte alla grande, spingendo con decisione sul pedale del gas, segnando 9 dei primi 11 suoi punti (pochi minuti dopo, però, lo si vedrà rintanato in panchina per eccesso di velocità sull’autostrada dei falli personali). Emozione, ansia e troppa voglia di fare, spesso, sono un coktail di micidiale fattura. Intanto i Guerrieri conducono per 15-10. Cleveland risponde, grazie al lavoro corale di Thompson, Tristan e LeBron. Quindici minuti dopo siamo sul 20-20. Il Generale Curry sembra essere assente, quasi l’ombra di se stesso. Questa è la condanna dei “migliori”, dei “primi della classe”: ci si abitua alla grandezza delle loro gesta e vederli assestarsi su una serata deludente fa urlare dalla rabbia. In ogni caso Golden State non si fa trovare impreparata. Si scivola così, tra una violenta botta e una rapida risposta, sul democratico 47-45 di metà partita.
La ripresa si riapre con una sonnolenta attività di studio mista ad una strana paura di sbagliare da parte di entrambe le formazioni. Sette minuti e siamo ancora sul 51-49. I Cavs sono i primi a destarsi dal torpore, trascinati da un solidissimo Mozgov (17 punti) e J.R. Smith (13 punti). Dopo tre quarti è 62-59. Ma questa partita si é presentata fin da subito come un puledro selvaggio e come tale riprenderà a comportarsi fino alla conclusione. Su quelle che si credevano essere le battute conclusive (l’orologio segna 3 minuti alla fine), il Prescelto realizza un magnifico +11 di allungo. I ragazzi di Kerr non ci stanno. Formazione contratta e fallo sistematico su Tristan Thompson. Il canestro più fallo di Barnes permette di arrivare a quota -2 (87-85). Shumpert sbaglia il tiro della vittoria, lasciando agli avversari la chance del pareggio. Curry non perdona: esegue perfettamente lo schema disegnato dal coach e va a tabellone per l’87 pari. LeBron fallisce l’ultima azione. L’incubo dell’overtime si materializza nuovamente!
Si procede in modo spasmodico, punto a punto, e per un Jones che sbaglia dall’angolo c’è un Dellavedova che realizza la giocata del match: rimbalzo offensivo e giro in lunetta. Risultato: 94-93. Curry ha abbandonato mentalmente il parquet già da molto tempo e quando gli capita l’occasione del sorpasso non può che sciuparla in modo maldestro. Il Re non perdona: James fa 1 su 2 ai liberi e lascia a Golden State la palla del pareggio (o della probabile vittoria). L’MVP, però, perde la bussola e getta nell’oblio l’ultima chance. Vince Cleveland.
I Cavs sono stati bravi ad annullare i punti di forza degli Warriors, intervenendo chirurgicamente sulle leve nevralgiche degli avversari, impostando subito una partita fisica, fatta di cuore, testa e grande difesa, vincendo la battaglia dei rimbalzi (55 a 45) e forzando 18 palle perse. La serie si sposta a Cleveland per tre partite consecutive, come da tradizione, con Golden State che dovrà ritrovare se stessa, il suo indomito coraggio e una strategia di più ampio respiro rispetto a quella focalizzata solo sull’arrestare il poliedrico LeBron.
Gara 2 é già parte della storia di queste finali mentre il pensiero vola inevitabilmente a quella successiva. La palla di arancio vestita ritorna a ballare disordinatamente sul ferro, ancora una volta beffarda e irascibile, senza lasciar intuire dovrà andrà. Gara 3 è lì, vicina, in fondo alla strda. Se ne sente già il profumo. Se ne odono già le grida.
TABELLINO
Cleveland: James 39.
Rimbalzi: James 16. Assist: James 11.
Golden State: Thompson 34.
Rimbalzi: Green e Bogut 10. Assist: Iguodala e Curry 5.