Quello che avevo previsto come un interessante Monday Night tra due rivali storiche come Chicago e Green Bay rischia di diventare per i Packers il sipario sulla stagione. Dopo un solo drive e dopo aver subito un normalissimo placcaggio senza alcuna particolare ferocia, il qb di Green Bay è rimasto a terra, dolorante. Rialzatosi, ha chiesto di uscire e negli spogliatoi gli è subito stata riscontrata una frattura alla clavicola sinistra. Non è il braccio con cui lancia, per sua fortuna, ma questa è davvero l’unica buona notizia per lui e per tutti i Packers, che ora dovranno fare a meno per non si sa quante settimane del leader tecnico e carismatico del loro attacco. Il suo sostituto, come spesso succede, è solo un onesto mestierante della palla ovale che di altisonante ha solo il nome, Seneca, unito a un ben più comune cognome, Wallace. Il malcapitato ce l’ha messa tutta, va detto a suo merito, ma non è riuscito a fare la differenza nei momenti cruciali della partita, vinta dai Chicago Bears 24-20. Guardando oltre la sconfitta di lunedì scorso, i Packers si ritrovano in una lotta all’arma bianca nella loro division (tre squadre tutte con il record di 5-3) senza la loro stella; già domenica prossima arriveranno al Lambeau Field i Philadelphia Eagles, risollevati dal successo a Oakland e desiderosi di mettere a frutto la difficile trasferta di chi li precede, Dallas, impegnata a New Orleans. Una partita davvero importante per le ambizioni di entrambe.
A proposito di New Orleans, i Saint hanno macchiato tutte le cose straordinarie fatte finora con una partita senza capo né coda in casa dei New York Jets, lasciandosi invischiare dalle maglie della difesa di casa e finendo per perdere meritatamente, visto che negli ultimi due quarti sono stati capaci di mettere a segno solo due field goal. Chi invece nell’ultimo periodo ha saputo cambiare marcia è stata Indianapolis, impegnata a Houston. Purtroppo per i Texans, si è un po’ ripetuto il copione della sconfitta contro Seattle: appena cala la pressione della linea difensiva, la secondaria fa acqua da tutte le parti. Non si spiegherebbe altrimenti l’incredibile statistica per cui Houston ha la difesa che concede meno yard a partita ma è al contempo una di quelle che subisce più punti. La risposta è una sola: subisce troppi giochi a lunga gittata, troppi big play, in gergo. L’intervallo è la chiave di volta della partita (con i Texans avanti di 18 punti), quando il coach di Houston, Gary Kubiak, ha un infarto e si accascia sul campo. Viene immediatamente soccorso e non è in pericolo di vita (anche se la sua presenza domenica prossima è in forte dubbio), ma i Texans che rientrano in campo per il secondo tempo sono evidentemente la brutta copia di quelli visti nel primo. Contemporaneamente arriva il risveglio dei Colts che, evidentemente ben istruiti da Chuck Pagano, prendono finalmente le misure al giovane qb avversario Case Keenum (comunque molto positivo per essere solo la sua seconda gara da titolare) e in attacco ritrovano il talento di Andrew Luck. Nasce così il parziale di 24-3 che ribalta le sorti della gara.
Un’altra vittoria più complicata del dovuto è stata quella casalinga di Seattle su Tampa Bay: sotto addirittura per 21-0 a metà del secondo quarto, Wilson e compagni hanno dovuto compiere nientemeno che la più grande rimonta nella storia della franchigia, spuntandola solo all’overtime con un field goal di Steven Haushka. Successo ai supplementari, ma al termine di una partita ben più spettacolare, anche per i Miami Dolphins, finalmente bravi a capitalizzare al meglio gli errori avversari. E di errori i Cincinnati Bengals ne hanno commessi parecchi (4 palle perse e diversi drop in ricezione), consentendo ai Dolphins di rientrare sempre in partita. Clamorosa la conclusione in overtime, giunta con la safety (placcaggio di un giocatore col pallone nella propria end zone, vale 2 punti) del defensive end Cameron Wake ai danni del qb dei Bengals Andy Dalton (nella foto). Grave errore del tackle destro, nell’occasione, che ha completamente perso di vista Wake, suo diretto avversario, lasciandolo libero di puntare dritto al quarterback. Nessuna possibilità di fuga né di scarico del pallone per Dalton e partita finita.
Chi invece ha ormai fatto della maniacale attenzione difensiva il proprio credo sono i Kansas City Chiefs, gli unici ancora imbattuti dopo 9 gare, che escono vincitori dal gelo di Buffalo dopo una vittoria di grande opportunismo e sostanza, ottenuta quasi solo grazie alla difesa (un fumble e un intercetto riportati entrambi in touchdown) in una giornata in cui l’attacco ha girato poco o niente, con Alex Smith e Jamaal Charles al limite dell’impalpabilità. I Bills hanno giocato una partita generosa in difesa e arrembante in attacco, con il duo Spiller-Jackson capace di correre quasi 200 yards col pallone in mano, ma alla lunga hanno pagato l’inesperienza del loro qb esordiente Jeff Tuel, sostituto dell’infortunato Lewis. Nessun problema di produzione offensiva, invece, per i New England Patriots, capaci di seppellire sotto 55 punti i malcapitati Steelers. Brady ha giocato la miglior partita della stagione (432 yards lanciate) ma certo la difesa che aveva di fronte non meriterebbe neppure d’indossare la gloriosa divisa che fu della cosiddetta “Steel Curtain” (la “cortina d’acciaio”, richiamo alla storica “cortina di ferro” del blocco sovietico), la più forte difesa della storia del football, quella degli Steelers di Chuck Noll negli anni Settanta.
Il prossimo turno, il decimo, concede riposo a Chiefs e Patriots, spostando l’attenzione sulle loro principali rivali: i 49ers (che, udite udite, stanno recuperando sia Aldon Smith che Michael Crabtree) ricevono i Carolina Panthers, i Bears attendono i Detroit Lions, i Colts se la vedranno con St. Louis, mentre Denver migrerà al sole di San Diego contro i Chargers e Seattle sarà al coperto di Atlanta. A queste, si aggiungono le già citate Packers-Eagles e Saints-Cowboys per completare il quadro di una giornata senza veri e propri scontri al vertice ma con parecchie partite sulla carta molto equilibrate.