Pregi, difetti e prospettive dell’Inter

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Da buon romanista non posso non tener conto della squadra che dopo quattro giornate non dico che mi abbia impressionato ma senz’altro ha catturato la mia attenzione, se non altro per coglierne pregi, difetti e prospettive come recita il titolo di questo articolo.
L’Inter è l’unica squadra a punteggio pieno in Serie A, il derby di Milano l’ha momentaneamente consacrata ma non dimentico che il derby poteva vincerlo chiunque e, per come si è sviluppato, sarebbe stato più giusto un pari, né posso cancellare dalla mente la vittoria sul finale a coronamento di una prestazione appena sufficiente contro l’Atalanta, né la vittoria su rigore e sempre nei minuti finali contro la matricola Carpi pareggiando con la quale forse sarebbero cambiati i giudizi oltremodo lusinghieri nei suoi confronti e l’impresa di misura contro la squadra più in forma del momento, il Chievo, facendo massimo 3 tiri nello specchio della porta, con un cinismo misto a buona sorte.
Il mio intento non è quello di vedere quanti punti l’Inter avrebbe dovuto avere, anche perché il pragmatismo sportivo impone di tener conto di quanto uno fino a quel momento ha raccolto, bensì valutare quanto l’impianto e gli interpreti della squadra possano tenere nel lungo periodo.
Puoi vincere e non convincere nel breve termine, è il lungo termine la belva che se non sei attrezzato ti sbrana.
Partirei senza dubbio da quello che, secondo me, rappresenta il punto debole evidente dell’Inter: la difesa.
Rinunciando a colui che fino a poco tempo fa era il capitano (Ranocchia) e a Jesus preferendo loro Medel al centro della difesa affiancato da uno svagato Murillo, autore di errori incomprensibili nel derby, Mancini ha deciso di unirsi alla schiera di squadre carenti nella fase difensiva, ma questo è il campionato che ho ribattezzato delle “non difese” (vedi adattamento De Rossi da centrale) e chi saprà darle più che riceverle avrà la meglio. Una volta si diceva che i campionati si vincono con le difese: quest’anno non trovandone una degna di questo nome credo che assisteremo ad un’inversione di tendenza.
Dalla cintola in su l’Inter diventa competitiva: pur essendo ancora sperimentale la squadra ha interpreti fantastici, partirei da Perisic che, buttato nella mischia al derby, non ha affatto sfigurato facendo molti movimenti senza palla e tagliando all’esterno forse con troppa frequenza non facendo il trequartista e non rendendosi pericoloso come dovrebbe. Con il Chievo Perisic fa uno scatto impetuoso sulla fascia sinistra che non potrà non far riflettere Mancini sulla possibilità di metterlo esterno e non trequartista.
È qui che entra in scena Jovetic, il leader tecnico della squadra, che costituisce una vera e propria minaccia quando il pallone è tra i suoi piedi; la facilità di tiro, il dribbling ne fanno un giocatore che non sono certo io ad aver scoperto ma il cui carattere poco propenso a trascinare ne ha limitato le possibilità.
Kondogbia è un giocatore che reputo il vero leader caratteriale della squadra, tuttavia non adatto a svolgere il gioco di centrocampo dell’Inter fatto di manovre di qualità molto ragionate che gente muscolare come Melo e lo stesso Kondogbia non possono svolgere garantendo invece un pronto recupero palla.
In conclusione l’Inter in testa al campionato italiano a punteggio pieno è ancora Jovetic-dipendente, ha lacune difensive che non può certamente colmare con Medel e ha uno stile di gioco a centrocampo che mal si adatta ai propri interpreti. Tuttavia ha ritrovato un Icardi che dà ancora più consistenza ad un reparto offensivo di primo ordine e ha un margine di miglioramento non trascurabile da abbinare alla mancanza di coppe e ad una buona dose di fortuna che sinora non è venuta meno.

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Alessandro Lista

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