REPORT 2024 (AGOSTO)

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Il mese è contraddistinto dai Giochi Olimpici di Parigi 2024 cui dedichiamo interamente il report, perché perimetrano, in un ristretto periodo, il meglio dello sport mondiale. L’Italia chiude al nono posto del medagliere con 40 medaglie come Tokyo 2021 ma con 12 ori contro i 10 di tre anni fa, oltre 13 argenti e 15 bronzi. Non mancano complessità e contraddizioni tra provocazioni, critiche, gaffe ed errori (presunti) arbitrali da cui i nostri atleti sono stati talvolta condizionati.

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ia chiaro, non sbaglia solamente chi resta con le mani incrociate o dietro la schiena, impegnato a guardare e giudicare l’operato altrui.

SAREMMO POTUTI ESSERE
Ho pensato a Francesco De Gregori e la canzone “La Storia siamo Noi” in occasione della cerimonia inaugurale, qualora, anni addietro, non fosse stata ritirata la candidatura di Roma durante le procedure di assegnazione, la stessa capitale già candidata nel 2020 quando mancò il sostegno politico del governo di allora (era il 2012) che non ritenne responsabile l’uso dei fondi pubblici in quel momento molto complesso.
Ancora nel dicembre 2014 il Presidente del Coni, Giovanni Malagò e l’allora presidente del Consiglio, annunciarono una nuova candidatura per ospitare i Giochi proprio del 2024, ufficializzata dal CIO nove mesi dopo e o poi cestinata in una situazione che obbligò il Coni a ufficializzare l’interruzione con evidente delusioni, senza considerare le polemiche e gli accesi dibattiti tra le fazioni politiche.
Complessità e contraddizioni, perché anche in questo senso, la storia siamo noi.

SULLA CERIMONIA DI APERTURA
Se Atene (almeno una parte) piange, Sparta ha avuto poco da ridere, vista la medaglia d’oro per l’arrampicata sugli specchi.
Perché nessuno mette in dubbio che l’intenzione dei Giochi sia quella di non mancare di rispetto a nessun gruppo religioso, tuttavia è risaputo come ciò che conta è il messaggio che arriva all’ascoltatore, non quello originario ipotizzato dal comunicatore.
Sicuramente interessante l’idea di un palco itinerante, in modo da far ammirare quante più identità possibili della capitale francese, ma trattandosi di Giochi Olimpici, la casa dello sport rimarrà sempre lo stadio dove tradizionalmente hanno sfilato, e mi auguro torneranno a sfilare, gli atleti che restano unicamente gli attori principali.
Il fiume Senna come un enorme palcoscenico, ma purtroppo sui battelli che trasportavano gli atleti, nemmeno si distinguevano i porta-bandiera, da sempre personaggi di spicco che ogni nazione sceglie accuratamente dopo prestigiosi risultati, idem le divise che tradizionalmente tendono a contestualizzare costumi e tradizioni.
Ah dimenticavo, con buona pace degli ambientalisti che forse avevano finito i Giga, perché quei battelli sul fiume saranno stati pur spinti da una qualche combustione.
Passiamo ai segmenti, perché in tema di sport, si poteva giocare con l’esaltazione di quelle discipline o personaggi che identificano l’identità francese, penso al rugby, calcio e chissà quanto altro.
Penso ad esempio, al brillante virtuosismo che venne innescato in occasione di Torino 2006, quando a sorpresa comparve una Ferrari olimpica, praticamente il palco divenuto un box con tanto di pit-stop e lo spegnimento totale della musica per fare spazio al canto del motore quando, al tempo, non erano state nemmeno pensate le attuali power-unit ibride.
Anche la straordinaria apparizione di Mohammed Alì come ultimo tedoforo di Atlanta ’96, le star di Londra 2012 ed il gioco della Regina con l’agente 007, un elenco lunghissimo di esempi tali da trasmettere adrenalina non solo al pubblico ma agli atleti stessi, spettatori dello spettacolo piuttosto che rimanere fermi imbarcati: senza le riprese televisive, quanti avrebbero visto dal vivo le varie esibizioni lungo il fiume?
Qualcuno avrà pensato lo stress fisico degli atleti nel rimanere fermi, sui battelli, sotto la pioggia a poca distanza dalle rispettive gare?
Rimarrà anche la cerimonia in cui la bandiera olimpica è stata issata al contrario, ovvero con i tre cerchi verso il basso e i due verso l’alto, dettagli che i social non hanno perdonato.
In generale, abbiamo visto di meglio.

FUGA DAL VILLAGGIO
Polemiche anche intorno alla gestione del villaggio olimpico, già nelle prime ore dei Giochi col ristorante trovatosi ad affrontare l’emergenza cibo rispetto alle migliaia di atleti e staff provenienti da tutto il mondo, con alcune squadre costrette ad inviare i propri cuochi per rispondere alle diete ed esigenze alimentari.
La denuncia del nuotatore britannico Adam Peaty, fornendo dettagli di cui andare poco fieri, anche come risvolto al progetto di sostenibilità ambientale che aveva previsto come il cibo per gli atleti fosse per il 60% senza carne e per un terzo a base totalmente vegetale.
Problemi anche sulla qualità del sonno, raccontata dalla pallanuotista australiana Tilly Kearns inerente il letto, oltre ad un video che confermava come la squadra aveva ordinato dei copri-materassi consegnati il giorno stesso.
Un antipasto dell’esodo verificatosi nei giorni successivi verso altri alloggi, che ha coinvolto moltissimi atleti a cominciare dalla clamorosa scelta del team della Gran Bretagna, con un piano alternativo trasferendosi in una struttura alberghiera nella cittadina di Clichy, con chef e nutrizionista al seguito.
Dettagli che finiscono per fare la differenza, come le frecciate di Thomas Ceccon che dopo non essere riuscito a centrare la finale dei 200m dorso, pur non avendo recriminazioni per quella prestazione, ha evidenziato tutta la precarietà della situazione rispetto alla certosina preparazione prima dei Giochi: “Sottolineo che non vuole essere una giustificazione o un alibi, tutti stiamo vivendo le medesime situazioni e siamo nelle stesse condizioni. Una cosa che probabilmente molti non sanno ed è giusto raccontarla. Forse non sono entrato in acqua con la stessa convinzione che avevo nei 100, e questo è stato un mio errore, mi servirà per il futuro. Sono deluso per non aver fatto un tempo da finale, ma ero stanco anch’io. Ho ceduto nel finale, un po’stanco si fa fatica a dormire sia la notte che nel pomeriggio, tra rumore e caldo. Sì fa caldo anche per me, nel Villaggio non c’è l’aria condizionata, non si mangia bene e ci sono problemi col cibo. Molti atleti si spostano per questi motivi.”
Ancora Paltrinieri a rincarare la dose: “Il villaggio? Ne ho fatti quattro di Giochi, e questo è sicuramente il peggiore. In camera non mi addormento prima delle due di notte, fa troppo caldo, noi siamo qui i protagonisti ed è impensabile non avere l’aria (condizionata) nelle camere. Non si possono trattare così gli atleti, non siamo tutelati.
Una soluzione è stata quella dell’oro del 100 dorso Thomas Ceccon, asciugamano sull’erba e riposo all’aperto sul verde del parco del villaggio olimpico.

IMPREPARAZIONE o MEDIOCRITA’?
Il fiume Senna rimarrà probabilmente simbolo di una certa testardaggine, in quanto non più balneabile da quasi un secolo quando l’urbanizzazione della capitale francese era esponenzialmente minore.
Un’illusione propagandistica l’entrata in acqua del sindaco Anne Hidalgo, tanto che a pochi giorni dalle gare è avvenuto la grottesca situazione di non potere essere fruibile per gli allenamenti, scatenando la reazione di Gregorio Paltrineri: “Siamo preoccupati. Ma solo perché c’è una location che non abbiamo mai provato. Non puoi organizzare una gara così importante in una location che non hai mai testato. Probabilmente è freddo, probabilmente c’è corrente perché è un fiume. Molto probabilmente è sporco perché non ci sono le condizioni per nuotare. Sono quasi sicuro che la faranno comunque lì perché ci hanno investito troppo. Quindi mi sembra un po’ una presa in giro. La fanno perché ci hanno speso soldi, ma non ci danno la possibilità di provarla e neanche che sia sicuro.”
Tutto ciò fino al 31 luglio 2024 quando svolte le gare si è parlato di scommessa vinta, pur rimanendo la decisione come un peccato di presunzione, differenti le reazioni degli atleti impegnati nelle varie prove maschili e femminili, incredibile lo spirito Olimpico del canadese Tyler Mislawchuk alla sua terza e ultima Olimpiade, sentitosi male in diretta televisiva: “Non sono venuto qui per arrivare tra i primi dieci, ma ho dato tutto quello che aveva. Ci ho provato, non ho rimpianti, lo rifarei anche se ho vomitato dieci volte. La Senna non era pulita ma lo rifarei.”
Di altro avviso la belga Jolien Vermeylen preoccupata soprattutto per le conseguenze dopo quella gara: “Ho bevuto molto acqua, quindi sapremo domani se starò male o no, ovviamente non ha il sapore di Coca-Cola o Sprite, mentre nuotavo sotto il ponte ho annusato e mi sono detta di non pensare troppo. La Senna è sporca da cento anni, quindi non si può dire che la sicurezza degli atleti sia una priorità.”
Ancora la stessa atleta si è detta rammaricata, perché inevitabilmente per la gran parte dei partecipanti, è subentrata anche la coscienziosa paura nonostante un appuntamento così importante dove le condizioni per gli atleti, dovrebbero essere sempre di assoluto confort: “Se la cosa non avesse avuto luogo, sarebbe stato un peccato per l’organizzazione, per Parigi e per la Francia. Era oggi o mai più, non potevano nemmeno annullare del tutto la corsa. Ora non resta che sperare che non ci siano troppi atleti malati. Ho preso i probiotici, ho bevuto il mio Yakult, non potevo fare di più, avevo l’idea di non bere acqua, ma ne ho bevuta troppa.”
Ai limiti della fantascienza la preparazione della dieci chilometri, che gli azzurri hanno rifinito presso una piscina del circuito olimpico, per una decisione assunta col coordinatore tecnico della nazionale Stefano Rubaudo, dal tecnico Fabrizio Antonelli e dagli stessi atleti di concerto con la Federazione; al posto degli atleti sul fiume Senna il tuffo propedeutico dello stesso Rubaudo per trasferire dati e sensazioni in vista della gara.
Cambiando disciplina e ambito, c’è stato grande imbarazzo anche in occasione della partita di pallacanestro maschile Sud Sudan – Portorico, perché al momento dell’inno è stato suonato quello del Sudan da cui il Paese si era separato nel 2011 dopo una lunga e sanguinaria guerra civile, una gaffe recuperata e superata grazie al supporto dei tifosi presenti.
Poco rispetto arbitrale per i nostri colori, a cominciare da quanto accaduto nella boxe con la prematura eliminazione di Aziz Abbes Mouhiidine a favore dell’uzbeco Lazizbek Mullojonov, tale da scatenare l’ira del presidente della Federazione Pugilistica Italiana, Flavio D’Ambrosi: “Vergognatevi. Ancora una volta l’Italia è scippata. Pensavamo che il Cio tutelasse i pugili ed evitasse le nefandezze del passato. Niente. Siamo alle solite. L’incontro dominato da Abbes e perso con un verdetto sciagurato dimostra che niente è cambiato.
Ciò mi induce a fare serie riflessioni sulla mia ulteriore permanenza in questo mondo che ho amato e che amo al di là delle misere posizioni di potere che qualcuno anela. Purtroppo gli sciacalli, anche quelli più anziani, approfitteranno di questa palese ingiustizia e fermeranno anche il cambiamento che a livello nazionale il pugilato lentamente stava subendo. Sono il Presidente e devo rispondere degli insuccessi anche quando non sono a me direttamente riconducibili. Non so, quindi, se mi ricandiderò. Non so se ne troverò la forza. Intanto spero che i pugili italiani ancora in gara non subiscano lo stesso oltraggio di Abbes. Con affetto per tutto il movimento pugilistico italiano.”

Polemiche anche nel fioretto e l’eliminazione di Arianna Errigo ai quarti di finale per un’ultima stoccata apparsa a favore dell’italiana: “Sono dispiaciuta, non triste. So quanto fatica ho fatto per essere qui, a un anno e quattro mesi dalla nascita dei miei figli ma non posso essere triste. Sono qui da portabandiera, la cosa più bella cui un’atleta possa aspirare. Sono semmai emozionata ed è bellissimo che ancora a 36 anni riesco a provare queste emozioni che magari uno potrebbe pensare si perdono con l’abitudine. Invece è come la prima volta. In più sono portabandiera e ho una famiglia meravigliosa. Arrivare qui non è stata una passeggiata di salute e quindi mi dispiace, ma non sarei un’atleta e una persona migliore con un’altra medaglia al collo, quindi sono felice.”
Nel judo a seguito del quarto posto di Odette Guffrida, per decisioni arbitrali sonoramente fischiate anche dal pubblico presente, ha dovuto persino esporsi il Presidente del Coni, Giovanni Malagò: “Onestamente dire che fa riflettere è dir poco. Ho visto la semifinale e finale per il bronzo col presidente Falcone e il segretario generale Benucci, persone competenti ed equilibrate. La cosa che ci ha sorpreso è che lo stesso arbitro della semifinale persa da Giuffrida lo hanno rimandato alla finalina: credo che questo si commenti da solo.”
Sulla stessa scia, altro finale amaro e polemico per Manuel Lombardo, cui nemmeno la più ampia espressione di formalità olimpica ha saputo trattenere la seppur pacata rabbia in diretta del telecronista Rai, Fabrizio Tumbarello.
Nemmeno pace per il fioretto maschile, nonostante l’argento nel fioretto individuale di Filippo Macchi sconfitto in finale dall’atleta di Hong Kong Ka Long Cheung per 15-14, superatosi nel fair-play nella consapevolezza che andava chiusa quando si trovava sul 14-12, eppure per ben due volte si era creduto avere piazzato la stoccata decisiva, non per il giudice deciso nel fare ripete l’assalto in una terza decisione che non ha trovato d’accordo nemmeno l’atleta e soprattutto il suo c. t. Stefano Cerioni: “Non ho mai visto niente del genere. Penso ci sia tanta incompetenza perché non voglio pensare ad altro, Filippo è il vincitore morale. Tre stoccate così non si possono sbagliare e i giudici non ci hanno nemmeno spiegato. E’ grave perché si assegnava un oro olimpico. Macchi l’ha vinta tre volte e alla fine si trova secondo. Fa male al cuore perché abbiamo lavorato tanto e Filippo meritava di vincere. Non è giusto togliere a un atleta quello che si è guadagnato.”
A ciò è seguita la formale protesta del presidente della Federscherma, Paolo Azzi, che però non cambierà la storia del risultato in pedana, cui è dovuto intervenire nuovamente Malagò: “Ci sono degli sport in cui si va col centimetro e col cronometro, andiamo meglio in quelli. Poi ce ne sono altri con giudici e arbitri, bisogna rispettarli e comprenderli, ma abbiamo fatto una protesta ufficiale. Ho parlato a lungo con il segretario generale internazionale della federazione internazionale della scherma. Il problema è che c’è un errore di fondo, inaccettabile per la credibilità dello sport: un giudice veniva da Taipei e uno dalla Corea. Non ho dubbi che siano estratti a sorte, ma se il primo viene estratto dall’Asia, l’altro lo vai a pescare da Germania, Francia, Usa, Africa, Australia. Di certo non si può essere così superficiali per una finale olimpica. Senza dire di essere in cattiva fede, ma tutte le polemiche che vengono fuori hanno un fondamento. Sono molto dispiaciuto, ho parlato con Azzi. Sappiamo benissimo che la protesta lascia il tempo che trova ma siamo stanchi di questo tipo di situazioni.”

SCANDALO SETTEBELLO
Episodio sconcertante nei quarti di finale di pallanuoto maschile, protagonista in negativo purtroppo il Settebello sconfitto ai rigori dall’Ungheria, sul quale pesa tantissimo una decisione arbitrale nel corso del secondo tempo, quando Condemi segna quello che sarebbe stato il pareggio ma gli arbitri fermano il gioco e vanno a rivedere l’azione che mostra come l’atleta azzurro, dopo aver lasciato il pallone, colpisce con la mano il volto del suo avversario.
Episodio che pur rivisto con attenzione più volte, è apparso del tutto involontario seppur inevitabile nella dinamica, tranne gli arbitri che ne ravvisano la brutalità di condotta stabilendo il cui regolamento, ne stabilisce un rigore per la squadra avversaria (passando dal potenziale 3-3 al 4-2), oltre l’espulsione definitiva del giocatore e l’inferiorità numerica della squadra per quattro minuti effettivi dove i magiari non erano riusciti a segnare.
Nonostante ciò, una grande reazione della nazionale di Alessandro Campagna, purtroppo non bastata vista l’eliminazione ai rigori e di un episodio che ha condizionato la gara.
Le parole dello stesso C.T. che aveva urlato “vergogna” nel momento della contestata decisione: “L’espulsione di Condemi è una cosa oscena e vergognosa, l’ho detto anche agli arbitri. Non dico che sono stati disonesti, dico che hanno sbagliato valutazione, ma di grosso. Perché è impossibile un gioco violento quando un giocatore tira, è impossibile! Non lo può avere nella testa, è passato un centesimo di secondo tra quando ha tirato e quando sfortunatamente la mano ha colpito l’occhio dell’ungherese. Questa è una cosa assolutamente vergognosa. Detto questo, abbiamo fatto una partita epica. Ragazzi straordinari, meravigliosi, sono orgoglioso di essere il loro allenatore, hanno dato il cuore.”
Indignazione anche da parte del Presidente della Federnuoto: “La decisione arbitrale è stata scandalosa. Ha falsato una partita olimpica vista da milioni di persone che si staranno domandando come sia possibile un atto di totale incompetenza”.
Inutile la richiesta revisione e ripetizione dell’incontro, così nella successiva gara valida per un piazzamento contro la Spagna, è andata in scena la protesta con i giocatori che durante l’inno, hanno voltato le spalle alle giuria e disputando volontariamente l’inizio della partita in inferiorità numerica lasciando il gioco agli avversari che hanno vinto l’inutile incontro.

Non me la sono più sentita di combattere dopo il primo minuto. Ho iniziato a sentire un dolore forte al naso. Non è da me arrendermi, ma proprio perché non ci riuscivo ho detto basta e messo fine al match. sono salita sul ring per mio padre, la scorsa Olimpiade mio padre era in fin di vita, questa era la mia Olimpiade e volevo percorrere l’ultimo. Se mi sono fermata l’ho fatto solo per la mia famiglia.

Angela Carini

COMPLESSO
Quanto avvenuto nella boxe col chiacchieratissimo l’incontro agli ottavi dei welter tra Angela Carini e Imane Khelif, algerina col diritto di prendere parte alla competizione come donna nonostante un anno addietro, era stata esclusa dai mondiali di pugilato proprio per aver fallito la verifica ormonale, facciamo chiarezza.
Nel precedente mondiale femminile 2023 di Nuova Delhi, l’atleta algerina venne estromessa dal torneo gestito dall’International Boxing Association la quale spiegò che nei test medici, gli atleti non erano stati sottoposti ad un esame del testosterone, bensì ad un test separato e riconosciuto senza scendere in dettagli che non avevano soddisfatto i requisiti di ammissibilità dell’algerina come di un’altra atleta taiwanese; Khelif aveva deciso di ricorrere fino al Tas salvo poi rinunciare, mentre l’atleta di Taiwan non fece direttamente appello.
L’IBA gestisce l’elitè dei tornei di pugilato ma non l’organizzazione dei Giochi, pertanto Khelif era stata ammessa dal CIO perché non interessava sapere se l’atleta fosse trasgender o iperandrogina, quanto se i valori più alti si fossero tradotti effettivamente in vantaggio sulle avversarie.
Le regole di partecipazione ai Giochi sono gestite dalla Boxing Unit, che aveva assicurato come tutti gli atleti ammessi ai tornei di boxe rispettavano le norme di ammissibilità e di iscrizione alla competizione nonché tutte le norme mediche.
Alla vigilia dell’incontro era intervenuto il ministro dello sport italiano Andrea Abodi: “Trovo poco comprensibile che non ci sia un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale, che includa quindi europei, mondiali e Olimpiadi. Nell’evento che rappresenta i più alti valori dello sport si devono poter garantire la sicurezza di atleti e atlete, e il rispetto dell’equa competizione dal punto di vista agonistico. Per Angela Carini non sarà così. Quello delle atlete e degli atleti ‘transgender’ è un tema che va ricondotto alla categoria del rispetto in tutte le sue forme, ma dobbiamo distinguere la pratica sportiva dall’agonismo che deve poter consentire di competere ad armi pari, in piena sicurezza. È del tutto evidente che la dimensione dell’identità di genere in ambito agonistico pone il problema delle pari opportunità o delle stesse opportunità. Non a caso, tante discipline sportive hanno posto dei vincoli per le atlete e atleti transgender necessari per poter permettere di gareggiare alle stesse condizioni. In questo caso assistiamo a un’interpretazione del concetto d’inclusività che non tiene conto di fattori primari e irrinunciabili”.
Il tema generale è difficilissimo d’affrontare (vedi caso Semenya), ovvero atlete che hanno un vantaggio per una loro condizione naturale non procurata dall’esterno, sotto una pressione con l’attualità pur riguardante esclusivamente l’etica sportiva, purtroppo fa rima con la politica.
Certo mi sono emozionato in quei momenti di abbandono dal ring dell’italiana, ritengo che la vera forza della nostra atleta sia stata soprattutto la sua vulnerabilità, sommersa anche dal caso mediatico sicuramente più forte e pesante della sua umile carriera.
Polemiche purtroppo ripetute anche con l’altra pugile iperandrogina dei Giochi, la taiwanese Lin Yu Ting dopo aver battuto a quarti la bulgara Svetlana Kamenova Stanev e dunque nella certezza di una medaglia (non essendo prevista la finale per terzo e quarto posto), la bulgara si rifiutata di stringere la mano alla sua avversaria, rivolgendosi al pubblico indicando sé stessa e mostrando al pubblico il festo inequivocabile di una x, come a dire “io sono donna (x-x) e non possiedo cromosomi y”.
A questo punto, resta una contraddizione quella di non vedere gli atleti di nazionalità russa esclusi dai Giochi, basterebbe farlo sotto una bandiera neutrale o una qualunque maniera che premierebbe lo sport lontano dalle condizioni politiche e amare dinamiche belliche del recente periodo.

TUTTO NEGATIVO?
Certo che no, a cominciare dalle bellissime infrastrutture che hanno ospitato le gare, talvolta brillantemente riutilizzate per ospitare le discipline olimpiche, mostrandone indirettamente la bellezza e capacità di riconversione.
Giusto per citarne qualche esempio, partiamo dall’ “Esplanade des Invalides”, complesso costruito nel 1687 da Luigi XIV, inizialmente un ospedale militare per i veterani di guerra che oggi ospita musei e la tomba di Napoleone Bonaparte, allestito a stadio per ospitare il tiro con l’arco e l’arrivo della maratona.
Fantastico il “Grand Palais”, in vetro e acciaio costruito in occasione dell’Esposizione universale (Expo) del 1900 che ha ospitato le gare di scherma e taekwondo.
L’area imminente la Torre Eiffel non poteva che essere addobbata a festa, costruendo l’impianto più scenico di tutti i Giochi, ovvero un’arena per le partite di beach volley.
Anche la Reggia di Versailles è stata brillantemente allestita come area di gioco, in un connubio destinato a rimanere nella storia dello sport, tale da ospitare equitazione e pentathlon.

GRAZIE JACOBS E TAMBERI
E’ stato un privilegio vivere la vigilia dei 100m olimpici, con un connazionale campione in carica.
Se c’è un’atleta che (insieme a Tamberri) ha contribuito negli ultimi anni ad un click tale da innalzare il livello dell’atletica italiana, questo si chiama Marcell Jacobs capace di vincere tantissimo a livello internazionale pure indoor, facendo sembrare umana una competizione dove abbiamo sempre vincere gli altri, ma col sogno proibito se mai qualcuno con la maglia azzurra, avesse anche solamente raggiunto una finale dei 100m.
L’obiettivo non era semplice e solamente due miti erano stati capaci di replicare il successo nella gara regina dei Giochi: Carl Lewis e Usain Bolt.
Ha stupito la calma con cui Jacobs si era avvicinato all’appuntamento di una gara dove tutto si gioca anche sul filo dei nervi, nella consapevolezza di avversari forti, più giovani e di come le graduatorie mondiali stagionali, vedevano tanti atleti forti, su altro livello anche per come arrivavano all’atto conclusivo, con la differenza dell’azzurra che aveva fatto segnare il tredicesimo tempo con 9”92 in uno dei meeting di avvicinamento.
Una batteria così così, una semifinale di orgoglio e una finale con tanto cuore, capace di sfoderare un 9”85 che a Tokyo sarebbe valso il podio, a Parigi invece un quinto posto dove tutti ci alziamo in piedi per applaudire un grande campione che recentemente, aveva cambiato vita anche allontanandosi dalla sua famiglia per inseguire il sogno.
Una finale stratosferica quella dei 100m, evidente la delusione nelle interviste nonostante il miglior risultato stagionale, tra l’altro unico atleta europeo tra gli uomini-jet.
Ha aperto uno scenario, un obiettivo e una capacità di poterci riuscire, dopo tre anni sono sopraggiunti diversi nuovi atleti forti e più giovani, ma il risultato di Parigi non potrà mai sminuire quanto di grande fatto.
Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma la prestazione nella finale dei 100m, ha colpito forse maggiormente rispetto al trionfo di tre anni addietro.
Un po’ come l’insegnamento di Baggio a Pasadena, rialzarsi accettando il dolore senza nulla da recriminare, ad un passo dalla gloria, dinamica che penetra maggiormente rispetto ad una vittoria dove il clamore mediatico sovrasta tutto il percorso.
“Non posso essere troppo contento di questa gara, ho avuto un ottimo tempo di reazione, poi dovevo continuare a spingere e non sono riuscito, ho dato il 100%, gli altri sono andati forte. Non posso recriminare nulla. Volevo prendere la medaglia, dispiace. Ho lavorato tanto e pensavo di farcela, ma fa parte del gioco. Non mi sono mai arreso davanti a niente. Il quinto posto mi soddisfa per quanto accaduto nell’ultimo anno e mezzo, ma non è abbastanza. Il trasferimento? Quando sei a casa tua stai sempre bene, cambiare tutto per ritrovare me stesso non è stato facile. È stata un’annata complicata, ma credo in questo progetto. La carriera di Jacobs non finisce qui, ci sono altri 4 anni da trascorrere insieme.”
Parole che siano da esempio per gli atleti di qualsiasi disciplina.
La (non) partecipazione di Tamberi invece, è stata la dimostrazione di quanto nonostante una preparazione certosina, rinunce, vittorie e misure, i Giochi rappresentino un solo colpo dove purtroppo (in questo caso), entrano in gioco anche fattori esterni imprevedibili pronti a modificare qualsiasi percorso, quanto vincente possibile, propedeutico alla gara.
Sfortunatissimo il capitano della nazionale di atletica, colpito giorni prima della gara dalla febbre e colica renale, ripresentatasi nello stesso giorno della finale, finito inevitabilmente per debilitarlo e nonostante ciò, la sua forza nel volere essere presente a tutti i costi per una prestazione, che inevitabilmente non poteva essere quella vista anche poche settimane addietro agli europei, per una misura che anche ripetuta sarebbe comunque valsa una medaglia.
Rabbia e delusione, rinunce come quelle liberamente esposte al termine della gara durante pochissimo: “Sono sincero, non mi meritavo quello che è successo domenica scorsa e quello che è successo ieri sera. Non me lo meritavo. Ho dato tutto allo sport. Io non ho mai cambiato la mia vita per i successi ottenuti. Sono venuto qui con la stessa fame, la fame c’era, mancava tutto il resto. C’ho creduto, c’ho provato con tutte le mie forze, non riesco ad accettarlo. Era quella che sentivo come l’ultima vera gara, quella per cui dedichi la vita perché io lo sport lo affronto così dedicandogli la vita, in questi anni non mi sono mai fermato a guardare quello che avevo raggiunto perché non volevo mai essere soddisfatto delle cose fatte e volevo continuare a lottare e sfruttare questo. Mi dispiace da morire.”
Personalmente come se avesse vinto con la sola presenza, per avere dimostrato che non bisogna mai smettere di lottare per sperare di ottenere un qualsiasi obiettivo.
Poco importa il risultato in pedana, è bastato sapere della pasta, orgogliosi di avere presentato un vero numero uno al mondo, un campione che non smette di essere da esempio nello sport e in questa prova di vita, anche e soprattutto nei momenti più duri.
Grazie per il forte senso di appartenenza ai nostri colori e alla nostra bandiera, per l’emozioni di cui siamo stati spettatori protagonisti in questi anni.

SPIRITO OLIMPICO E NUOVA GEOGRAFIA
Una ventata di ottimismo per la caparbietà di Lorenzo Musetti, perché se Ulisse impiegò anni per tornare a Itaca, al tennista italiano sono bastate diciotto ore per partire dalla Croazia dopo aver disputato la finale del torneo di Umago e presentarsi senza riposo con le valigie non ancora aperte, in tempo per il primo turno e battere Monfils all’ultimo ballo davanti il suo pubblico.
Anche qui non sono mancate le critiche di Corrado Barazzutti sulla programmazione del torneo: “Non voglio fare quello polemico a tutti i costi, ma finché il tennis alle Olimpiadi sarà incastrato così malamente nel programma, senza dare ai tennisti la possibilità di competere al meglio, non verrà mai considerato alla stregua di uno Slam. In tabellone c’è gente che non meriterebbe di starci, io capisco l’ideale olimpico ma non si potrebbero fare delle qualificazioni? Non credo che il più scarso che fa i 100 metri venga promosso subito in finale, fa delle batterie. In questa maniera si falsa il tabellone.”
Per Musetti una medaglia di bronzo pazzesca per avere riportato sul podio l’Italia il tennis, cento anni dopo Uberto de Morpurgo, meritatissima per la voglia di esserci e lo spirito di sacrificio nonostante una serie consecutiva di gare: bravo e da prendere come esempio.
Un tumore non ha fermato Nathalie Moellhausen, dall’ospedale direttamente in pedana per la spadita milanese che ai Giochi ha gareggiato per il Brasile, più forte di un malore in pedana contro la canadese Ruien Xiao, poi ripresa ma con la forza e lo spirito di chiudere l’incontro.
Ancora un momento di dolcezza quello della sciabolatrice egiziana Nada Hafez, che attraverso un post su Instagram, ha raccontato di essere salita sulla pedana incinta di sette mesi: “Quelli che vi sono sembrati due giocatori in pedana, in realtà erano tre.”
Fantastica e sopra ogni potere le Olimpiadi, perché talvolta riescono a veicolare messaggi potentissimi come uno storico selfie sul podio del doppio misto di tennistavolo, con gli atleti della Corea del Sud e del Nord uniti nello stesso scatto.
Uno dei personaggi è stato il turco Yusuf Dikec, capace di vincere la medaglia d’argento nella pistola ad aria 10 metri a squadre, senza lenti speciali e cuffie per proteggersi dai rumori, solamente lui con occhiali da vista e la scioltezza del vivere un tale momento di tensione.
Fortissimo il messaggio dell’atleta afghana Kimia Yousofi che ha partecipato nelle batterie dei 100m, approfittando della vetrina olimpica per mandare un messaggio al mondo ma soprattutto al suo Paese sotto il controllo dei talebani: “Educazione e sport sono nostri diritti”.
Da brividi Novak Djokovic che a 37 anni, ha messo ko Carlos Alcaraz vincendo il primo oro della sua straordinaria carriera alle Olimpiadi, l’ennesimo traguardo di una lunga e fantastica storia.
Leggendario Mijain Lopez, il lottatore cubano ha lasciato la lotta dopo aver vinto la quinta medaglia d’oro in altrettante edizioni consecutive, la prima ad Atene 2004.
Gesto valso centinaia di medaglie quello andato in scena durante la premiazione del corpo libero, con le americane Simon Biles (argento) e Jordan Chiles (bronzo) inchinate ad omaggiare il successo della brasiliana Rebecca Andrade, per intendersi la Biles rappresenta il “the goat” della disciplina, momento magnifico e rarissimo da vedere.
Festa Botswana tanto che il presidente Mokgweetsi Masisi, ha decretato mezza giornata di vacanza in onore di Letsile Tebogo dopo aver vinto la medaglia d’oro nei 200m, mentre Julien Alfred ha scritto la storia dello stato insulare di Santa Lucia con l’oro sui 100m e argento sui 200m.

LA NOSTRA SPEDIZIONE
Il risultato complessivo è lusinghiero, nonostante ci si aspettava qualcosa in più soprattutto da quelle discipline che tradizionalmente hanno garantito un serbatoio di medaglie, tuttavia il bottino di medaglie bilancia le conforme, delusioni e sorprese, come l’incredibile quantità di quarti posto che avrebbe potuto incrementare e non poco, il totale delle medaglie.
Successi straordinari, come quello della Fate nella prova a squadre della ginnastica artistica, al secondo posto dietro gli Stati Uniti di Simone Biles e davanti al Brasile, una medaglia ritrovata in questa disciplina novantasei anni dopo l’ultima volta.
A proposito, se l’argento a squadre rimarrà storia, sarà mitologia la prima vittoria nella trave di Alice D’Amato per un podio a chiare tinte tricolori insieme a Manila Esposito.
Ancora l’impresa dell’eterno Gregorio Paltrinieri, a distanza di dodici anni dalla sua prima Olimpiade, il capitano della nazionale di nuoto col bronzo negli 800m è diventato il primo azzurro del nuoto ad andare a podio in tre edizioni consecutive.
Ancora le ragazze della scherma, battendo con una rimonta straordinaria proprio le francesi in casa l’Oro, in un incontro deciso alla stoccata supplementare, nonostante un caldissimo tifo da stadio completamente contro.
Fantastiche Sara Errani e Jasmine Paolini per un oro che aspettavamo dal 1896 quando la Torre Eiffel aveva sette anni, infine nell’ultimo giorno la nazionale di pallavolo femminile al primo successo olimpico della storia anche grazie a Julio Velasco capace di ricompattare tutto l’ambiente in appena quattro mesi.
A proposito, che il 1 agosto diventi festa nazionale, perchè quanto avvenne incredibilmente a Tokyo nel 2021, col doppio oro di Tamberi nel salto in salto e Jacobs sui 100m, la storia si è clamorosamente ripetuta tre anni dopo a Parigi, ancora un doppio oro esattamente in venti minuti, tra l’altro con entrambi gli atleti provenienti dal paesino bresciano di Roncadelle: ore 18;14 Giovanni De Gennaro (kayak singolo) e ore 18;33 Alice Bellandi (judo – 78kg).
Riepiloghiamo di seguito tutte le medaglie.
ORO: Thomas Ceccon (nuoto, 100 metri dorso) – Alberta Santuccio, Giulia Rizzi, Rossella Fiamingo, Mara Navarria (Spada a squadre) – Nicolò Martinenghi (nuoto, 100 metri rana) – Giovanni De Gennaro (kayak singolo) – Alice Bellandi (judo 78 kg) – Marta Maggetti (windsurf) – Sara Errani e Jasmine Paolini (doppio tennis femminile) – Alice D’Amato (ginnastica, trave) – Diana Bacosi e Gabriele Rossetti (mixed team skeet) – Ruggero Tita e Caterina Banti (vela, Nacra-17) – Vittoria Guazzini e Chiara Consonni (Madison femminile) – Italvolley femminile.
ARGENTO: Filippo Ganna (ciclismo su strada, cronometro individuale) – Federico Nilo Maldini (Pistola aria, 10 metri) – Filippo Macchi (scherma, fioretto) – Alice D’Amato, Manila Esposito, Angela Andreoli, Elisa Iorio e Giorgia Villa (ginnastica femminile), chiudono al secondo posto alle spalle degli Stati Uniti trascinati da Simone Biles. – Luca Chiumento, Giacomo Gentili, Andrea Panizza e Luca Rambaldi (canottaggio quattro di coppia) – Silvana Stanco (tiro a volo fossa olimpica) – Arianna Errigo, Alice Volpi, Martina Favaretto e Francesca Palumbo (fioretto femminile a squadre) – Stefano Oppo e Gabriel Soares (canottaggio, due di coppia pesi leggeri) –Gregorio Paltrinieri (nuoto 1500 sl) – Guillaume Bianchi, Filippo Macchi, Tommaso Marini e Alessio Foconi (fioretto a squadre) – Gabriele Casadei e Carlo Tacchini (canoa, sprint doppio 500 m maschile) – Nadia Battocletti (10.000 mt) – Elia Viviani e Simone Consonni (ciclismo, Madison maschile)
BRONZO Alessandro Miressi, Thomas Ceccon, Paolo Conte Bonin e Manuel Frigo (nuoto, 4x100m stile libero) – Luigi Samele (scherma, sciabola individuale) – Paolo Monna (Pistola aria, 10 metri) – Gregorio Paltrinieri (800 stile libero) – Lorenzo Musetti (tennis) – Manila Esposito (ginnastica, trave) – Mattia Furlani (salto in lungo) – Francesco Lamon, Simone Consonni, Jonathan Milan e Filippo Ganna (ciclismo su pista inseguimento a squadre) – Ginevra Taddeucci (10 km di nuoto) – Antonino Pizzolato (sollevamento pesi categoria 89 kg) – Sofia Raffaeli (all-around di ginnastica ritmica) – Simone Alessio (taekwondo, 80 kg) – Andy Diaz (salto triplo) – Alessia Maurelli, Martina Centofanti, Agnese Duranti, Daniela Mogurean e Laura Paris (all-around a squadre di ginnastica ritmica) – Giorgio Malan (Pentathlon moderno).

E’ GIA’ DOMANI
Perché i XXV Giochi Olimpici Invernali di Milano-Cortina (dal 6 al 22 febbraio 2026) sono dietro l’angolo, l’Italia ospiterà per la terza volta l’edizione dei Giochi Olimpici invernali dopo Cortina 1956 e Torino 2006, la quarta volta se consideriamo anche quelli estivi di Roma 1960.
Il conto alla rovescia è già iniziato dopo la chiusura di Parigi 2024, avremo la possibilità di dimostrare al mondo intero di come la storia, siamo noi.

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Andrea La Rosa

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