XI Olimpiade, Berlino (GER), 1°agosto – 16 agosto 1936
Atleti: 3.954 (329 donne), 182 Italiani
Nazioni: 49
Gare 129
Dichiarazione d’apertura: cancelliere tedesco Adolf Hitler
Giuramento: Rudolf Ismayr
Ultimo tedoforo: Fritz Schilgen
Medagliere: Germania 89, Italia 22
Alfiere italiano: Giulio Gaudini
È facile immaginare sotto quali polemiche politiche nasca quest’edizione dei Giochi, voluta da Hitler per mostrare al mondo la potenza della Germania nazista ma che vedrà a lungo in dubbio la partecipazione di nazioni di primo piano come Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Olanda, in aperta polemica con tutto ciò che quel Paese rappresenta. Sentendosi sotto osservazione del CIO e dei suoi delegati internazionali, Goebbels, ministro della cultura, dà ordine di sospendere ogni pubblicazione antisemita, evita di sostituire a capo del comitato organizzatore Theodor Lewald, di origini ebraiche, e più in generale tutta la macchina nazista dirada o cerca di nascondere i suoi aspetti più violenti e razzisti. Una volta partiti, i Giochi Olimpici di Berlino saranno una manifestazione di perfetta efficienza tedesca, facendo segnare alcune tappe storiche, prima tra tutte l’esordio della fiamma olimpica. Per la prima volta, infatti, la fiaccola parte da Olimpia per giungere nella città ospitante i Giochi; nel caso specifico, viene accesa il 20 luglio e consegnata a Konstantin Kondylis, il primo tedoforo della storia. In 12 giorni di viaggio attraverserà 8 Paesi per oltre 3 mila km, per essere infine consegnata all’ultimo tedoforo, Fritz Schlingen. Le Olimpiadi di Berlino faranno storia anche grazie a “Olympia”, il capolavoro documentaristico di Leni Riefenstahl che, pur tra l’inevitabile retorica esaltazione del regime, consegna a futura memoria i gesti atletici delle gare e rappresenta un kolossal per i canoni dell’epoca: girato con 14 cineprese, 38 operatori, 400 km di negativi, richiese alla regista 18 mesi per il montaggio, venendo infine proiettato per la prima volta a Berlino il 20 aprile 1938. Sempre nell’ottica della propaganda, il regime organizzerà addirittura la prima diffusione televisiva delle gare, con 140 ore di trasmissione proiettate su 25 maxischermi sparsi per la città.
Sotto il profilo agonistico, il generale predominio tedesco (primi nel medagliere) viene offuscato mediaticamente dalle imprese di Jesse Owens, statunitense vincitore di 4 ori nell’atletica, che Hitler si rifiuterà sempre di premiare, infastidito dai trionfi di un afroamericano in quella che sarebbe dovuta essere, nelle sue intenzioni, l’apoteosi della razza ariana. L’Italia conquista un buon bottino di medaglie, tra cui spiccano l’oro di Ondina Valla, prima campionessa olimpica azzurra, negli 80 metri ostacoli, quello della nazionale di calcio guidata da Vittorio Pozzo (2-1 sull’Austria in finale ai supplementari) e le tre medaglie conquistate da Giulio Gaudini nella scherma (oro individuale e a squadre nel fioretto, argento nella sciabola a squadre).
XII Olimpiade (assegnata a Tokyo) non disputata a causa della guerra
XIII Olimpiade (assegnata a Helsinki) non disputata a causa della guerra
XIV Olimpiade, Londra (ENG), 29 luglio – 14 agosto 1948
Atleti: 4.071 (393 donne), 183 Italiani
Nazioni: 59
Gare: 136
Dichiarazione d’apertura: re Giorgio VI d’Inghilterra
Giuramento: Donald Finlay
Ultimo tedoforo: John Mark
Medagliere: USA 84, Italia 27
Alfiere italiano: Giovanni Rocca
Con il mondo devastato dalla Seconda Guerra Mondiale appena conclusa, non è facile per il CIO (sotto la nuova presidenza dello svedese Edstrom) trovare una città disposta ad assumersi l’onere di ospitare i Giochi Olimpici. Alla fine la scelta cade su Londra, luogo ancora una volta carico di significati simbolici: la capitale inglese ha subito pesanti bombardamenti, interi quartieri sono stati devastati, ma ha resistito, come tutta l’Inghilterra, rappresentando il primo e più incrollabile baluardo all’espansionismo nazista. L’organizzazione è ovviamente improntata al massimo risparmio, viste la disastrosa condizione in cui versa l’economia post bellica europea: gli alloggi sono sistemati nelle caserme, molti impianti sono ricavati in qualche modo da strutture militari e non c’è illuminazione per le gare serali, ma per la prima volta (dopo l’esperimento in chiave cittadina fatto a Berlino) le competizioni vengono trasmesse in televisione dalla BBC. Grande protagonista di questi Giochi è l’olandese Fanny Blankers-Koen, vincitrice di 4 ori nei 100 e 200 metri piani, negli 80 ostacoli e nella staffetta 4×100. Nel decathlon maschile lo statunitense Bob Mathias vince l’oro a soli 17 anni, divenendo il più giovane campione olimpico della storia. Tra le 27 medaglie italiane, 8 sono d’oro ma due spiccano in modo particolare: quella nella pallanuoto maschile, dopo aver battuto in finale la favoritissima Ungheria, e quella di Adolfo Consolini nel lancio del disco.
XV Olimpiade, Helsinki (FIN), 19 luglio – 3 agosto 1952
Atleti: 4.931 (521 donne), 231 Italiani
Nazioni: 69
Gare: 149
Dichiarazione d’apertura: presidente della Repubblica finlandese Juho Paasikivi
Giuramento: Heikki Savolainen
Ultimo tedoforo: Paavo Nurmi
Medagliere: USA 76, Italia 21
Alfiere italiano: Miranda Cicognani
A Helsinki c’è un esordio importante: quello dell’Unione Sovietica. L’URSS, entrata nel CIO solo l’anno precedente, giunge subito seconda nel medagliere dietro gli USA, dominando soprattutto nella ginnastica. I problemi politico-organizzativi arrivano più che altro da Cina e Germania: la prima giunge in Finlandia a Giochi ampiamente iniziati, riuscendo a iscrivere un unico atleta, mentre la Germania Est rifiuta di comporre una squadra unica con l’Ovest, che alla fine sarà l’unica ammessa alle gare dal CIO. Ma quelli di Helsinki diventano soprattutto i Giochi di Emil Zatopek, fondista cecoslovacco autore di un’impresa sensazionale e irripetibile: vincere 5 mila metri, 10 mila e maratona. L’Italia, pur nella crescente concorrenza, si difende bene: nella scherma i fratelli Mangiarotti raccolgono con pieno merito l’eredita dei fratelli Nadi, mentre Dordoni compie un’impresa sensazionale vincendo la 50 km di marcia.
XVI Olimpiade, Melbourne (AUS), 22 novembre – 8 dicembre 1956
Atleti: 3.345 (383 donne), 135 Italiani
Nazioni: 72
Gare: 149
Dichiarazione d’apertura: principe Filippo di Edimburgo
Giuramento: John Landy
Ultimo tedoforo: Ron Clarke
Medagliere: URSS 98, Italia 25
Alfiere italiano: Edoardo Mangiarotti
I Giochi di Melbourne sono i primi nella storia disputati nell’emisfero australe e riescono nell’impresa di riunire sotto un’unica bandiera le due Germanie, ma risentono delle enormi tensioni politiche presenti nel mondo: Egitto, Libano e Iraq boicottano l’Olimpiade per la crisi di Suez e per la presenza della squadra israeliana. In più, Olanda, Spagna, Svizzera e altri Paesi non partecipano per protesta contro l’invasione sovietica dell’Ungheria, che sarà motivo di fortissime tensioni contro gli atleti sovietici anche durante le gare. L’esempio più eclatante sarà la finale di pallanuoto, proprio tra Ungheria e URSS, in cui sarà necessario l’intervento della polizia australiana dapprima per sedare una colossale rissa tra le due squadre e poi per evitare che i 5500 spettatori scendano dagli spalti per aggredire i sovietici. Gli atleti ungheresi sono già a Melbourne quando il loro Paese viene invaso; al termine dei Giochi, molti di loro chiederanno asilo politico in Australia. Al di là delle questioni politiche, la scelta di organizzare le Olimpiadi in Australia ha un prezzo da pagare anche in termini organizzativi: le immagini televisive possono essere diffuse solo all’interno del Paese, le telefonate intercontinentali sono praticamente impossibili e i giornalisti devono inviare gli articoli via cablo, che impiega due ore per arrivare in Europa. L’aspetto sportivo è, ancora una volta, quello migliore: i padroni di casa festeggiano i trionfi di Cuthbert, Rose e, soprattutto, della diciannovenne Dawn Fraser, destinata a diventare una delle più grandi nuotatrici di tutti i tempi. Gli Stati Uniti dominano la velocità con Morrow e il torneo di basket, ma vengono scalzati dalla cima del medagliere dall’URSS. L’Italia si conferma prima nel medagliere tra le nazioni dell’Europa occidentale: da ricordare l’oro di Ercole Baldini nella prova su strada di ciclismo.
XVII Olimpiade, Roma (ITA), 25 agosto – 11 settembre 1960
Atleti: 5.346 (612 donne), 280 Italiani
Nazioni: 83
Gare: 150
Dichiarazione d’apertura: presidente della Repubblica italiana Giovanni Gronchi
Giuramento: Adolfo Consolini
Ultimo tedoforo: Giancarlo Peris
Medagliere: URSS 103, Italia 36
Alfiere italiano: Edoardo Mangiarotti
Dopo la rinuncia del 1908 e la forzata cancellazione del 1944, questa è la volta buona per Roma, che supera la temibile concorrenza di Losanna, città sede del CIO, ed ospita finalmente i Giochi Olimpici. L’impegno è imponente e la città viene rimodernata nelle infrastrutture e negli impianti: su progetto di Pierluigi Nervi e Marcello Piacentini viene costruito all’EUR il nuovo Palazzo dello Sport, su progetto sempre di Nervi e di Annibale Vitellozzi si realizza il Palazzetto dello Sport, poi lo Stadio del Nuoto e il Velodromo (Vitellozzi ed Enrico Del Debbio), e anche lo Stadio Olimpico e il Flaminio vengono rimodernati. Alcune discipline vengono ospitate all’interno di luoghi storici mai aperti prima allo sport moderno (lotta e ginnastica nella basilica di Massenzio e nelle terme di Caracalla, l’arrivo della maratona nei Fori Imperiali, la scherma nel Palazzo dei Congressi all’EUR) o di sensazionali scenografie naturali, come le gare di canottaggio sul lago di Castelgandolfo o quelle di vela nel golfo di Napoli. Vengono stipulati i primi sostanziosi contratti di cessione dei diritti televisivi (Eurovisione e CBS per un totale di oltre mezzo milione di dollari). La Germania si presenta ancora unita, la Cina Popolare non iscrive i propri atleti in segno di protesta per la presenza di Taiwan, mentre per l’ultima volta viene ammesso il Sudafrica (sarà poi escluso per le sue politiche di discriminazione razziale). Dal punto di vista sportivo, nasce a Roma la stella di Cassius Clay (non ancora Muhammad Ali), diciottenne dominatore dei pesi massimi, ma la vera regina sarà Wilma Rudoplh (nella foto), vincitrice di 3 ori (100, 200 e staffetta 4×100) con margini siderali su tutte le avversarie. Per la prima volta si affaccia prepotentemente alla ribalta internazionale il fondo africano grazie all’etiope Abebe Bikila, vincitore della maratona (corsa a piedi scalzi). L’Italia sfrutta al meglio il fattore casalingo e conquista 36 medaglie, tra cui spiccano gli ori di Livio Berruti, Nino Benvenuti, Raimondo D’Inzeo, degli spadisti e della squadra di pallanuoto.
XVIII Olimpiade, Tokyo (JPN), 10-24 ottobre 1964
Atleti: 5.137 (680 donne), 169 Italiani
Nazioni: 93
Gare: 163
Dichiarazione d’apertura: imperatore del Giappone Hirohito
Giuramento: Takashi Ono
Ultimo tedoforo: Yoshinori Sakai
Medagliere: USA 90, Italia 27
Alfiere italiano: Giuseppe Delfino
Le prime Olimpiadi disputate in Asia regalano un’edizione dall’organizzazione impeccabile, in impianti nuovi di zecca e con importanti novità nel programma come il judo e la pallavolo. Fortemente simbolica la scelta dell’ultimo tedoforo, un ragazzo nato a Hiroshima un’ora dopo l’esplosione della prima bomba atomica, il 6 agosto 1945. Gli USA si riprendono la vetta del medagliere grazie anche alla velocità sulla pista d’atletica (Hayes e Carr vincono 100 e 200 maschili) e alla boxe, dove nei massimi, quattro anni dopo Cassius Clay, lanciano un’altra futura leggenda, Joe Frazier, che di Clay sarà proprio il più irriducibile rivale. I padroni di casa ottengono un ottimo terzo posto nel medagliere, vincendo tra l’altro l’oro nella pallavolo femminile, ma devono anche fare i conti con una cocente delusione nel judo: nella categoria più prestigiosa, quella senza limiti di peso, l’idolo di casa Akio Kaminaga dovrà infatti inchinarsi in finale all’olandese Geesink, nello sconforto generale del pubblico. L’Italia conferma la sua generale competitività e sopperisce al momentaneo ricambio generazionale della scherma con nuovi protagonisti, come Abdon Pamich campione nella 50 km di marcia e Gianfranco Menichelli nella ginnastica (oro nel corpo libero e argento negli anelli a causa di una decisione smaccatamente casalinga dei giudici in favore di un atleta nipponico).
Molto interessante .Ho scoperto notizie e particolari che non conosco o non ricordò