Non fatevi ingannare dal punteggio: il 35-11 con cui i San Francisco 49ers hanno seppellito i St. Louis Rams nell’anticipo di giovedì non la racconta giusta. Certo, la squadra di Jim Harbaugh tira un grosso sospiro di sollievo dopo questa vittoria che riporta il suo record in parità (2-2) e in linea con le ambizioni d’inizio stagione, ma vedendo la faccia del coach durante la conferenza stampa di fine gara è apparso chiaro come anche lui abbia la piena consapevolezza di quanto lavoro lo attenda.
I 49ers hanno giocato con grande attenzione fin dal primo momento, sbriciolando pian piano le velleità dei Rams che, dopo il vantaggio iniziale di 3-0, si sono ritrovati sotto 14-3 all’intervallo e addirittura 28-3 alla fine di un terzo quarto da incubo per loro (solo 7 yards fatte dall’attacco in tutto il terzo periodo…). L’ultimo quarto è stato solo accademia, con la squadra di casa desiderosa di salvare almeno la faccia davanti ai propri tifosi e gli ospiti attenti a evitare sciocchezze e nuovi infortuni. Nel complesso, i Rams (che vedevo per la prima volta quest’anno) mi hanno dato l’impressione di una squadra mediocre, con qualche buona individualità in difesa e poco più. Il loro quarterback, Sam Bradford, si è sciolto dopo nemmeno metà partita e ha mostrato, come lo scorso anno, il vecchio vizio di rinunciare a correre anche davanti a praterie. Scelta tattica o limite fisico? Mah.
Tornando a San Francisco, partiamo dalle cose positive: Frank Gore, la linea offensiva, Navorro Bowman e la panchina. Gore, running back veterano, aveva chiesto più palloni dopo la sconfitta con i Colts ed è stato accontentato: 20 corse che lui ha saputo trasformare in 153 yards e un touchdown (peccato per una palla persa scioccamente nel terzo periodo). Una bella risposta a chi lo dava sulla via del tramonto e una bella alternativa per Kaepernick negli schemi d’attacco. A proposito di Kap, che ha giocato una partita pulita e con poche sbavature, va fatto un plauso ai cinque uomini della sua linea offensiva (il centro Goodwin, le guardie Boone e lo straordinario Iupati, i tackle Staley e Davis) che in alcune fasi hanno letteralmente asfaltato la linea difensiva dei Rams, aprendo i buchi in cui si sono infilati i running back Gore, Hunter e Dixon. In difesa Bowman ha giocato una partita mostruosa, placcando tutto e tutti, mettendo una pressione pazzesca su Bradford e dando tranquillità a tutta la squadra, non solo ai linebacker. Infine, ottime notizie per Harbaugh dalla panchina, ampiamente chiamata in causa dai numerosi infortuni ai titolari: in difesa Wilhoite e Lemonier hanno sostituito davvero bene due pezzi da novanta come Patrick Willis e Aldon Smith. Merita un plauso speciale in particolare Corey Lemonier, linebacker al primo anno che sembra muoversi già come un veterano.
Veniamo infine alle dolenti note: l’identità dell’attacco, i ricevitori e le penalità. Il primo punto è quello più dolente: l’attacco dei 49ers è noioso, macchinoso e sembra non avere ancora scelto da che parte stare. Kaepernick sembra impegnato in una sua partita personale: dimostrare ai suoi detrattori di saper vincere le partite solo con i lanci, rinunciando a correre con la palla in mano (cosa che invece gli riesce meravigliosamente bene). Non è dato sapere se quest’incertezza sia frutto della testa di Kap, di indicazioni tattiche ben precise o di “diplomazia” interna alla squadra per evitare l’insurrezione dei running back, che ogni volta che un qb porta il pallone al posto loro gridano alla lesa maestà. Se i 49ers vogliono crescere, però, devono assolutamente scegliere da che parte stare, perché così il loro attacco non ha la solidità e la continuità che servono per arrivare ai playoff. Se si è scelto di dare fiducia a Kap bisogna lasciarlo libero di giocare a modo suo, a mio parere, ma bisogna fare in modo che anche lui non s’ingarbugli in guerre personali senza nessuna prospettiva. I lanci di Kap, va detto, non sono certamente aiutati dai suoi ricevitori: senza Crabtree e senza Manningham, infortunati, l’unico bersaglio affidabile per il qb è lo straordinario Anquan Boldin, arrivato quest’anno dopo il Superbowl vinto con i Ravens, ma intorno a lui di mani affidabili non se ne vedono, con Patton e Williams non ancora pervenuti. Così come non pervenuti sono i passaggi per gli uomini del backfield, che tanta storia hanno scritto per questa squadra ai tempi di Montana e Craig: Gore ha anche le mani buone, perché non sfruttarlo? Infine, le penalità: San Francisco è finora la squadra più fallosa della NFL e nel football questo è un problema, non di etica sportiva ma pratico: in questo gioco ogni fallo comporta perdita di terreno (85 yards solo contro i Rams…) e finisce per vanificare un gioco ben eseguito in attacco o gli sforzi della difesa. Insomma, sotto il sole della baia c’è ancora parecchio da lavorare per poter puntare in alto.