L’Italia è fuori dai Mondiali del 2018 in Russia. Lo devo scrivere e riscrivere per consapevolizzare ciò che più temevo e che mi sembra ancora davvero assurdo, alla luce della nostra avversaria: la Svezia. E invece, eccomi a commentare un doppio confronto imbarazzante, in cui la Nazionale ha mostrato il peggio di sé.
Da malato di pallone quale sono, al termine della gara del Meazza di ieri sera, con la delusione cocente ancora vivissima (non che oggi sia svanita, ma di certo è meno avvelenata) avrei gradito tantissimo che i giornalisti (che seguono le squadre per raccontare, sviscerare e rimarcare ciò che accade agli spettatori) avessero chiesto a Gian Piero Ventura, Commissario Tecnico della Nazionale Italiana: “Mister, perché ha deciso quella formazione?”; “Perché ancora il 3-5-2, modulo che lei non ha mai gradito più di tanto? È stata forse scelta non da lei? E perché Gabbiadini titolare, perché Insigne non è mai entrato, perché Darmian sulla sinistra, perché Florenzi sacrificato interno, perché Belotti dietro Immobile, perché tre difensori centrali contro una squadra che non ha mai attaccato, perché i cross li faceva Chiellini?”
Abbiamo perso un play-off e prima di tutto dobbiamo analizzarne i motivi tecnici e tattici, quelli legati al campo. Perché, ne sono convinto, se la squadra fosse scesa sul terreno di gioco con giuste misure, validi accorgimenti tattici, solide motivazioni e soprattutto convinzione nei propri mezzi e nelle idee, avremmo vinto sia a Stoccolma che a Milano, evitando questa catastrofe sportiva.
Risvegliatomi dopo una notte davvero mogia, mi risulta ancora inconcepibile che ci siamo giocati il Mondiale senza Insigne in campo. Così come assurdo mi pare il non aver saputo rinunciare alla sedicente fortissima BBC (al secolo, Bonucci, Barzagli, Chiellini) con cui non abbiamo vinto mai nulla e che si è fatta decisamente anzianotta. Ancora, non capisco perché non ci fossero altri palleggiatori accanto a Jorginho in mezzo al campo che evitassero i cross. È stata una disfatta sportiva, nata innanzitutto da scelte tecnico-tattiche sbagliate. Non si può e non si deve dire: “questa sconfitta nasce da lontano, nasce dal paleozoico, nasce da una gestione ventennale scriteriata dei vivai”. Per fare un gol alla Svezia c’è bisogno di rivedere tutto il sistema? Quello è un altro discorso che non c’entra nulla con l’incapacità di essere pericolosi contro una squadra di basso livello brava solo a difendersi sulle palle alte. Piuttosto, si impari che nascondere la polvere (4-2-4 scriteriato e scelta dei giocatori senza senso, con nessuna fiducia verso i giovani e verso chi rappresenta la novità) sotto al tappeto (interviste a fine gara e in sala stampa con stupida e controproducente accondiscendenza) è deleterio per qualsiasi squadra di qualsiasi sport, figurarsi per la Nazionale di calcio. Il dito, perciò, oltre che su Ventura (che si è rivelato incapace di guidare una panchina così prestigiosa e pressante) oggi lo vorrei puntare sui cacciatori di streghe. Invece di analizzare il Presidente, il Vice Presidente, i consiglieri, i diritti tv, la legge Bosman, gli arbitri, le dichiarazioni, i commenti, i retroscena, i gossip, torniamo a parlare di calcio, di campo, di sudore, di tacchi, di colpi di testa, di prestanza, di condizione fisica, di genio, di fantasia. Da qui dobbiamo ripartire, altrimenti continueremo ad essere ancorati ai ricordi, ai retro pensieri, alle dietrologie che non fanno crescere e offrono risultati mediocri, come mediocre è stata la prestazione degli Azzurri contro la Svezia. Se il C.T. si dimette o no è un discorso che viene dopo e soprattutto che ci interessa relativamente. Da tifoso voglio vedere giocare a pallone, farlo bene e con risultato. Il Mondiale 2006 è passato, eppure ancora lo citiamo, lo prendiamo ad esempio, lo paragoniamo ai giorni nostri in termini di qualità della rosa o di gestione. Basta. Bisogna andare avanti, innovarsi sul piano tattico, focalizzarsi sui giovani talenti, scindere l’aspetto agonistico con tutti gli altri fattori esterni, che sono sì importanti, ma che non servono se devi fare un gol alla Svezia!
Sicuramente non è facile commentare un evento così popolarmente nefasto come quello di ieri sera. Non è facile farlo in un contesto come il nostro, dove la caccia alle streghe non sembra risparmiare nessuno: il Presidente della Figc Tavecchio, il C.T. Ventura, io ci metterei anche il presidente del Coni Malagò (quando un ministro sbaglia o viene beccato a rubare, ne risponde il capo del Governo in primis) e i cosiddetti senatori che avrebbero dovuto guidare la Nazionale. Ognuno si sente in dovere di dire la propria, di sparare a zero sugli stranieri, sulle primavere delle squadre, sulle scelte degli allenatori dei club. Volendo vederla a più ampio raggio, a mio avviso non andrebbe esclusa nemmeno la totale mancanza di competitività degli ultimi sei anni e l’assurda presenza di un solo grande club, la Juventus, con uno stadio di proprietà e tutti gli altri (eccezion fatta per l’Udinese) ancora a chiedere concessioni e a pagare affitti ai vari Comuni, con conseguente divario abissale di introiti e di risorse.
Ma noi, su questo blog, non facciamo altro che analizzare e raccontare la nostra passione: lo sport. E il play-off che ha visto la Svezia eliminare l’Italia dai prossimi Mondiali di Russia 2018 non è nient’altro che un evento sportivo. E come tale va trattato, a mio avviso.
È inutile criticare oggi la scelta di Tavecchio di affidare la panchina della Nazionale a Ventura: chi avrebbe accettato una posizione così scomoda, dove c’è molto più da perdere che da guadagnare? Ancelotti? Mancini? Allegri? Tutti nomi importanti, che però non mi sembra abbiano mai espresso la propria disponibilità. E poi, fino alla sfida di Madrid, Ventura era uno degli allenatori con la percentuale più alta di vittorie degli ultimi trent’anni di storia azzurra. In più, c’è da considerare l’aspetto economico legato all’ingaggio, tema non da poco conto. E nel dire questo, fidatevi, non voglio certo difendere il C.T., che personalmente non mi è mai piaciuto.
È inutile puntare il dito sugli stranieri: Francia, Brasile, Argentina, Belgio, Croazia, Uruguay, Portogallo, Colombia, Polonia non sono forse Nazionali che hanno giocatori in tutto il mondo e che parteciperanno ai prossimi campionati Mondiali giocandosi chances importanti per la vittoria finale? Certo, la Spagna fa eccezione, come eccezionale è la generazione che ha portato la squadra al successo nell’ultimo decennio, e anche la Germania, anche se, per esempio, quella vincente di Italia ’90 contava 5 titolari su 11 provenienti dalla Serie A.
È inutile dire che le nuove generazioni non hanno prodotto talenti: l’Under 21 di Di Biagio è arrivata in semifinale agli Europei di categoria del 2015; inoltre, i recordman di presenza della Under 21, subito dopo Andrea Pirlo, si chiamano Francesco Bardi, Marco Motta, Matteo Brighi, Luca Marrone, Alessandro Rosina, Luca Caldirola, Eugenio Corini e Daniele Bonera: nessuno di questi ha mai lasciato il segno tra i grandi. E poi, se non li si lascia giocare, sbagliare, maturare, come si fa a dire che non sono capaci? Possibile che per giocare titolare un giovane debba aspettare che chi gli sta davanti compia 35 anni o più?
Così come è inutile, a mio avviso, rimembrare le gesta di Conte come quelle del Salvatore della Patria: siamo usciti da un Europeo mediocre, quello del 2016, qualificandoci anche lì non come testa di serie, con giocatori di dubbissimo valore (ricordo che abbiamo giocato una manifestazione continentale con Pellè in attacco e Sturaro a centrocampo).
Diciamo piuttosto che l’Italia ha clamorosamente mancato l’obiettivo, sbagliando due partite su due nel momento più importante dell’ultimo biennio. Questo va analizzato, secondo me, con leggerezza e soprattutto onestà intellettuale da parte degli addetti ai lavori, i quali, se proprio devo dirlo, sono tra i maggiori responsabili di un impoverimento di tutto il movimento culturale sportivo (ma questa è un’altra storia).
Italia – Svezia è stato un doppio confronto fatto di passaggi, corse, tattica, dribbling (quasi mai riusciti), gol sbagliati, episodi positivi e negativi, scelte tecniche. In campo ci sono andati i nostri giocatori, allenati da un C.T. che ha perso completamente la bussola da qualche mese e che è stato colpevolmente lasciato solo e troppo libero di sbagliare. Ora la strada è una sola: affidare la panchina ad un allenatore valido, che soprattutto sia onesto e voglioso di lavorare con giovani, subendo critiche e ripartendo da zero. La scelta tecnica è quella più importante e delicata e deve essere effettuata con cognizione di causa, non attraverso amicizie, raccomandazioni o sponsor. Chi siederà sulla panchina azzurra dovrà farlo col massimo impegno e senza alibi o scuse. E chi lo seguirà dovrà essere sincero e costruttivo. Siamo delusi, ci mancherebbe. Ma non è vero che è l’apocalisse. È un evento sportivo, una sconfitta, come altre, dalle quali si può e si deve imparare per migliorare. Un’occasione preziosa, che non va gettata al vento.
Post Scriptum: se ci fosse stato il Var, staremmo aspettando di sapere con chi giocarci il girone dei prossimi Mondiali. Ma anche questa è un’altra storia.
Viva il Var!
Da spettatore, ci sono almeno due colpe che rappresentano il preludio della disfatta. 1. L’aver espresso in primavera che ai Mondiali saremmo stati la mina vagante del torneo 2. L’approccio di giocare a Madrid come se fossimo i più forti, la cui batosta ha tolto quelle poche certezze.
Essere eliminati (con tutto il rispetto) da questa Svezia, significa che probabilmente è stato meglio staccare adesso la spina.
Mi auguro che finalmente sia l’occasione nel fare tabula rasa, ingaggiare un allenatore di comprovata esperienza e stima, capace di innescare un nuovo gruppo.