Ci hanno provato e una, la Spal, ci era pure quasi riuscita. Ma Juve e Napoli non si fanno fermare e proseguono in una marcia inarrestabile, collezionando record su record. Mai nella storia della Serie A due squadre si sono trovate in testa a punteggio pieno dopo sei turni. In Europa, l’ultima volta è stata nel 2013/2014, quando ad aver sempre vinto furono Barcellona e Atletico Madrid: in quella stagione, a vincere il torneo spagnolo furono i Colchoneros di Simeone, che raggiunsero il decimo campionato vent’anni dopo l’ultimo successo. E in Champions vinse il Real Madrid, proprio sull’Atletico. Ci auguriamo che questo possa essere un segnale di forza anche per le nostre squadre, soprattutto in proiezione europea.
Le indiscusse protagoniste di questo avvio di stagione (oddio, secondo molti organi d’informazione la protagonista è una sola, ma la polemica la affronteremo in altre sedi) trovano la sesta vittoria in modi diametralmente opposti: i campioni in carica si sbarazzano del Torino in un derby mai in discussione, agevolati anche dall’espulsione dello scellerato Baselli dopo poco più di venti minuti. Il Napoli, invece, suda sette camicie per superare quella che, tra le neopromosse, sta dimostrando maggior tempra e carattere: la Spal. Da Ferrara, gli uomini di Sarri tornano con tre punti soffertissimi che portano la firma di Ghoulam ma perdono Milik, il cui legamento del ginocchio destro ha fatto crac e che rivedremo in campo, si spera, non prima di febbraio. Ora l’attacco sarà tutto sulle spalle di Mertens.
A ruota, Inter, Roma e Lazio dimostrano di essere vive (le capitoline maggiormente) e provano a mantenere la scia delle prime due. Spalletti ringrazia D’Ambrosio, che con il suo colpo di testa nei minuti finali regala tre punti contro un Genoa volitivo ma ancora una volta disordinato e sconclusionato. Non che i nerazzurri lo siano meno, ma hanno dalla loro un portiere di caratura mondiale e un organico che può tirare fuori dal cilindro un colpo in qualsiasi momento e questo probabilmente ha fatto la differenza domenica al Meazza; inoltre, hanno finora la difesa meno battuta del torneo, e questo alla lunga può far la differenza. Di contro, la Roma asfalta una fiacca Udinese grazie ad una prestazione ancora una volta super di Dzeko e ad un’intelaiatura che è stata toccata pochissimo dai dirigenti e dal tecnico e che si dimostra sempre più performante: ormai il livello raggiunto dai giallorossi è talmente alto che nelle gare cosiddette tranquille possono inserire il pilota automatico e vincere con apparente facilità. La Lazio risponde alle avversarie con una prova di forza da applausi al Bentegodi: contro un Verona sempre più allo sbando, Simone Inzaghi è costretto a rivoluzionare la difesa e parte del centrocampo. Ciononostante, Immobile trascina i suoi al quarto successo in stagione e al quarto posto proprio tra Inter e Roma (che deve recuperare una partita). In linea con l’obiettivo prefissato ad inizio anno, la squadra del patron Lotito sta rispettando la tabella di marcia e sarà sicuramente una delle candidate alla qualificazione in Champions.
Mentre una parte di Milano scoppia di gioia, l’altra si lecca le ferite e, per di più, già chiede la testa del proprio allenatore. Come analizzato anche nei precedenti articoli, la Sampdoria si dimostra anche con il Milan squadra organizzata e ben messa in campo, mentre i rossoneri sono ancora alla ricerca di un assetto di gioco stabile. Nel guardare la partita del Marassi, si notava l’estrema difficoltà per i ragazzi di Montella nell’orchestrare manovre di gioco pericolose, soprattutto grazie ad un movimento della linea difensiva doriana che domenica è stato perfetto: Kalinic e compagni sono stati fermati in fuorigioco ben otto volte, un’enormità se si controllano i dati medi delle partite. Come accaduto già dopo la sconfitta con la Lazio, al termine della gara quasi tutti i tifosi e gli opinionisti di fede rossonera hanno cominciato a sbraitare e a chiedere l’esonero del tecnico, senza concentrarsi sul fatto che il team ha bisogno di un periodo di rodaggio necessario, che ha perso una pedina importante come Conti sulla destra (e continuare a giocare con Abate non è certo il massimo), che Bonucci non sta offrendo l’apporto atteso, che l’intesa in avanti si trova con il tempo e con l’andare delle partite. E soprattutto, che una ricostruzione richiede pazienza e fiducia: quelle che si devono avere specialmente dopo una sconfitta.
Se nelle parti alte si registrano record storici, nelle retrovie il quadro è disgraziatamente opposto: le ultime tre della classifica hanno raccolto appena quattro punti sui cinquantaquattro totali disponibili. Un dato che dimostra quanta pochezza abbiano finora messo in campo Benevento, Hellas Verona e Genoa. Per le due neopromosse si profila un molto probabile cambio tecnico a breve: difficilmente i due allenatori mangeranno il panettone; anzi, saremmo molto sorpresi se gustassero il torrone, tipico del periodo di Halloween, seduti sulle rispettive panchine. Un solo gol in sei gare è un dato allarmante e di contro non possono continuare a subire così tante reti senza opporre la minima resistenza. Sorprendono le posizioni di Genoa e Udinese: l’anno scorso di questi periodi la squadra ligure era addirittura terza dietro la solita coppia, mentre l’Udinese navigava in acque tranquille. Ma se per la squadra di Delneri questa sembra essere più una contingenza dovuta al momento, per quella di Juric le cose appaiono molto più complicate: con Lapadula fuori, l’attacco è quasi totalmente sterile e affidarsi ad un sedicenne, seppur dalle belle speranze, come Pellegri è mossa troppo azzardosa; in più, lo ribadiamo, il perenne cambiamento non fa bene ad una squadra la cui tifoseria merita ben altre soddisfazioni.
Viva il Var!