Che peccato. Che gran peccato. Ancora una volta chi avrebbe potuto (anzi dovuto) distendere gli animi ed agevolare il processo, necessario quanto inevitabile, di evoluzione del movimento calcistico italiano, ne ha perso l’occasione. Anzi, addirittura ha tentato di ostacolarne il cammino. Dico tentato, perché nonostante la loro grande presunzione e nonostante l’ossequiosità con cui vengono idolatrati dai maggiori organi di informazione sportiva e non, questi personaggi non sono così importanti e grandi quanto credono e la rivoluzione in atto li travolgerà senza batter ciglio.
La settima giornata, per gli annali, per gli sportivi, per gli amanti del calcio, verrà ricordata come quella del primato in solitaria del Napoli, autore finora di un brillantissimo percorso netto, del successo al Meazza di una Roma meno bella del solito ma dannatamente concreta, della goleada sul Sassuolo di una Lazio ormai di diritto da considerare tra le grandi del torneo e della consacrazione dell’Atalanta di Gasperini come grande realtà di questa e della scorsa stagione. Ma io non riesco a non entrare nel merito delle polemiche sul Var nate al termine di Atalanta-Juventus, partita che ha chiuso una giornata dai risultati tutto sommato scontati, eccezion fatta proprio per il primo mezzo passo falso dei campioni in carica che ha permesso alla squadra di mister Sarri di prendere il comando senza coabitanti.
Sono stato in silenzio dopo le parole di Gianluigi Buffon, colonna della Nazionale Italiana, da anni il più forte portiere del mondo, orgoglio sportivo di tutti noi, che a fine agosto si pronunciò nettamente a sfavore dello strumento tecnologico. In quell’occasione il Var fu definito dal quasi quarantenne (speriamo che abbia lo stile, l’eleganza e la dignità di ritirarsi con garbo e senza ingombro come ha fatto e sta facendo Francesco Totti) come colpevole di far assomigliare una partita di calcio ad una di pallanuoto, dove “ogni volta che ci si tocca, l’arbitro ferma il gioco” e quindi il capitano della Juve invitava ad usarlo “con parsimonia” perché bisogna accettare gli errori e “se non ti senti di dare un rigore, non lo dai, che male c’è.” Ora: premesso che le regole della pallanuoto sono ovviamente sconosciute al Gigi nazionale (ma non è l’unico juventino ad avere lacune negli altri sport ed a sentirsi comunque in una posizione da poterli giudicare e lo scopriremo a breve) nessuno gli ha ricordato che se avessimo accettato gli errori e non avessimo pensato ad evitarli staremmo ancora a dormire nelle caverne e che, limitando l’ambito del discorso come è giusto che sia, i rigori, i falli, i calci d’angolo, le rimesse laterali, le ammonizioni, le espulsioni, e tutto quello che deve decidere l’arbitro non vanno fischiati per sensazione, ma perché avvengono e devono essere sanzionati. Dover ricordare questo sembra assurdo ed infatti lo è, oltre che snervante, soprattutto a chi fa sport e dovrebbe essere un simbolo e un esempio per milioni di ragazzini.
A distanza di poco più di un mese, le cose in casa Juventus non sono cambiate. Alla prima occasione in cui i bianconeri non vincono, alzano la voce contro il Var, avallati da spudorati e colpevoli giornalisti e opinionisti di caratura nazionale. L’accaduto è talmente grave che non posso non scrivere, non denunciare questo atteggiamento e questo modo di fare vergognoso. Al termine di una bellissima partita come è stata quella di Bergamo, non una parola sul rigore fallito (e molto, molto generoso nonostante il Var) dal neo-Messi(a) che ci sta regalando il Calcio manco fosse Dio con l’uomo nel Giudizio Universale.di Michelangelo, non una parola sullo splendido gesto atletico e tecnico del portiere di casa Strakosha. Il dito va puntato contro il Var, colpevole di aver evidenziato un fallo netto, scorretto e antisportivo, commesso da Lichtsteiner nei confronti di Gomez in occasione del terzo gol della Juve che avrebbe condotto gli ospiti al 3-1 e ad una probabile vittoria finale. E a fare la voce grossa, non uno qualsiasi, ma il tecnico dei campioni in carica, l’allenatore che da tre anni vince a mani basse il Campionato ed è arrivato per ben due volte su tre in finale di Champions. Qual Max Allegri che denigra il Var e lo identifica come unico colpevole del mancato successo dei suoi. Fosse mai che l’Atalanta abbia meritato il pareggio? Fosse mai che si condanni la gomitata di Lichtsteiner come gesto antisportivo? Macché, colui che rappresenta la tattica italiana, la scuola vincente delle ultime stagioni, dichiara apertamente che sarebbe meglio avere gli assistenti di porta che il Var, perché “la tecnologia, se usata deve essere usata bene; e non su situazioni soggettive.” E che significa? Ma come si fa a definire una gomitata “soggettiva”? E come è possibile che nessuno dei giornalisti presenti non lo rettifichi? E poi, non è strano che uno che lancia la ‘Mr. Allegri tactics”, app con la quale si vuole insegnare i segreti del mestiere dell’allenatore (fatto di spogliatoio, campi, sudore, psicologia, lavoro di gruppo con tanti collaboratori), si schieri contro la tecnologia? Tutte domande che, evidentemente, sorgono solo a me. E, infine, il grandissimo esperto di sport cita a casaccio prima il basket e poi il baseball: “Lo dico sempre, al Var preferisco due arbitri in più; del resto, nel basket c’è l’arbitro sotto canestro e quello in campo”, “Così le partite durano una vita, come il baseball americano.” Due idiozie di dimensioni quasi grottesche, che, non sia mai, nessuno prova a smontare. E allora ci provo io: nel basket, in Europa il replay serve agli arbitri per tantissimi casi (non solo banalmente il tempo, ma il riconoscimento dei giocatori autori di fallo, convalida di un canestro da due o da tre punti, chi tocca per ultimo la palla uscita e altre ancora) e nel baseball, e mi sembra veramente ridicolo doverlo ricordare, non esiste il tempo di gioco e la partita termina alla fine del nono inning (se non c’è parità) e questo fa parte del gioco, non è un ‘difetto’ da usare come paragone negativo. E poi, basta paragonare il calcio con gli altri sport: l’occhio di falco del tennis è diverso dal replay che si può chiedere nel volley, che a sua volta è diverso dall’utilizzo dei video nel rugby.
Insomma, un’altra occasione persa da chi, proprio perché vincente, proprio perché protagonista indiscusso e con merito da sette anni, ha il dovere di farsi portavoce di un’evoluzione necessaria. Mi solleva, in ogni caso, il distacco dimostrato da molti addetti ai lavori, che invece continuano a sponsorizzare il Var come strumento ancora embrionale ma davvero prezioso. Tutto è migliorabile e perfettibile, figurarsi una tecnologia usata da poco più di un mese e arrivata all’improvviso come una meteora in un mondo di dinosauri.
Viva il Var!
Condivido anche le virgole del tuo post, caro Luigi. Mi permetto di aggiungere ai tuoi anche un altro esempio, non più vecchio di una settimana, accaduto nel football americano. A Detroit i padroni di casa si sono visti annullare dal “VAR” della NFL il touchdown della vittoria a 8 secondi dalla fine eppure, al di là della comprensibile grande delusione dei giocatori dei Lions e del loro pubblico, nessuno si è sognato di fare sceneggiate con gli arbitri o andare in sala stampa a scagliarsi contro l’official review. “Dura lex sed lex”, o preferiamo risultati falsati in nome della fluidità del gioco o del rispetto delle “sensazioni” arbitrali?