Shearer e la sindrome del provincialismo

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Alan ShearerNon si può non ricordare ad un decennio dal suo ritiro un giocatore che rappresenta un patrimonio fondamentale e simbolo del calcio inglese.
Ma in questa che voglio definire un’esaltazione e celebrazione del personaggio Shearer mi è piaciuto tanto sottolinearne il fondo di provincialismo “filotottiano”, ad oggi spesso criticato, che porta alcuni giocatori dalle qualità straordinarie a rinunciare a trofei e onori fuori dalle mura della propria città per essere bandiere entro i propri confini.
L’idea che non siano i trofei a definire la grandezza di un giocatore e che ne esiste una moltitudine di calciatori pluridecorati in quanto inseriti in contesti mostruosamente vincenti, vede in questa tipologia di atleti la massima realizzazione.
L’11 maggio del 2006 si ritira un giocatore mostruoso e lo testimoniano i numeri complessivi disarmanti: tra Blackburn e Newcastle mette a segno 260 reti in 441 presenze tra il 1992 e il 2006 divenendo record man in Premier.
Bomber incontrastato del calcio inglese negli anni ‘90, Alan Shearer è stato il degno erede di Gary Lineker, indossando la maglia numero 9 dei tre leoni per quasi un decennio, giocando e segnando soltanto con tre maglie: Southampton, Blackburn e Newcastle.
Micidiale di testa, dotato di un destro secco potente e preciso, ha ottenuto in carriera poco o nulla in rapporto al suo valore. Stilisticamente imperfetto, denigrato da qualche esteta del calcio, ma spaventosamente efficace in area di rigore.

Ne ha fatta di strada Alan Shearer prima di diventare un campione. Nato a Newcastle (più precisamente nel sobborgo di Gosforth) il 13 agosto 1970, da ragazzino viene scartato dal suo futuro club, firmando a sedici anni per il Southampton con il quale esordisce in Premier.
Il connubio Shearer – nazionale non è dei più rosei, decide di ritirarsi a 29 anni quando il declino si sta avvicinando, anticipando di molto quelle che erano le sue possibilità residue di rendimento.
Tuttavia si ritira lasciandosi alle spalle un curriculum di tutto rispetto: 30 reti in 63 presenze, collocandosi come quarto miglior bomber di sempre dopo Charlton, Lineker e Greaves.
Negli anni che seguirono fu superato anche dal “Golden Boy” Micheal Owen e Wayne Rooney.
La vita di Shearer cambia grazie a Jack Hixton, osservatore del Southampton e sarà con i Saints che l’umile ragazzo di Gosforth mostrerà l’antipasto di un pranzo faraonico composto da pietanze per palati fini.

Si arriva poi alla favola Blackburn, lì con la vittoria della Premier si materializza l’anticipazione di ciò che abbiamo visto in questi giorni in quel di Leicester, il miracolo sportivo, lo sbeffeggiamento dei fatturati e di tutto ciò che gira intorno a questo folle calcio che tutto tritura, sentimenti compresi, avanzando in maniera poderosa e schiacciando le piccole realtà emergenti.
La vittoria del 1995 (assente da ben 81 anni) assume toni leggendari e Dalglish si gode la propria creatura strappata al Manchester United di Ferguson, raggiungendo l’obiettivo nonostante una sconfitta all’ultima giornata di campionato a Liverpool che fortunatamente combacia con la mancata vittoria dello United con il West Ham (1-1). Il Blackburn finisce un punto sopra e arriva l’unico trofeo di questo giocatore in carriera (ribadisco che trofei e grandezza del giocatore non vanno di pari passo).

Il suo sogno è la maglia numero 9 del Newcastle e il sogno si avvera, a caro prezzo per la società che esborsa cifre esorbitanti. La motivazione di Shearer, oltre ad uno stipendio con pochi eguali, sarà l’amore per il Newcastle e la “non voglia di trasferire la famiglia all’estero”, molte saranno le soddisfazioni che potrà togliersi ma zero trofei e una serie cocenti di delusioni, finali perse, piazzamenti d’onore e null’altro, in questi aspetti non posso chiudere gli occhi e far finta di non vedere le analogie con Totti (in questo caso 600 presenze in serie A e 248 gol) anche se il capitano giallorosso può vantare in bacheca una Coppa del mondo che diciamo pure non costituisce un particolare di poco conto.
Chi si mette contro di lui non fa una bella fine, come nel 1998, quando l’allora manager dei Magpies Ruud Gullit premeva per una sua cessione causa la scarsa dedizione al lavoro che Alan Shearer poneva in allenamento. Come andò a finire? Fu Gullit a fare le valigie… (parallelo con Spalletti)
Lascia i Magpies nel 2006 e ne diventa allenatore nel 2009 facendoli retrocedere dopo una serie di partite disastrose, trasforma il suo amore per la squadra in un giocattolo di cui abusare a proprio piacimento.
Onore al grande Shearer nell’olimpo degli attaccanti di “Noantri”.

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Alessandro Lista

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