Stanotte scatta la serie conclusiva dei playoff NHL, quella che assegnerà, sempre al meglio delle sette partite, la leggendaria coppa di Lord Stanley. A contendersela Vegas Golden Knights e Washington Capitals, campioni rispettivamente di Western e Eastern Conference. Una sfida inedita per la finale, e non potrebbe essere altrimenti, visto che Vegas, trentesimo expansion team NHL, è alla sua stagione d’esordio. Anche i Capitals, comunque, non è che vantino chissà quale abitudine a queste vette dell’hockey, visto che quella del 2018 è solo la loro seconda apparizione in finale, dopo quella del 1998, in cui subirono uno sweep dai fortissimi Detroit Red Wings di Yzerman, Fetisov & Co.
A livello di franchigie, chiunque vincerà andrà in ogni caso a scrivere un pezzo di storia della NHL: se vincessero i Golden Knights sarebbero la prima squadra capace di arrivare al titolo già alla prima stagione, se invece a spuntarla fossero i Capitals sarebbe comunque il primo titolo NHL nella storia della capitale. Anche tra i giocatori non si contano gli esordienti: gli unici ad aver già vinto la Stanley Cup sono due membri di Vegas, Fleury e Orpik, compagni di squadra già nel 2009 con la maglia dei Penguins. E proprio Marc André Fleury è alla ricerca della sua personale tripletta, dopo aver vinto con Pittsburgh gli ultimi due titoli, pur condividendo i pali con il suo erede in maglia giallonera, Matt Murray. È dall’83, dai tempi del poker degli Islanders, che nessun giocatore vince tre Stanley Cup di fila, e Fleury si sta giocando al meglio questa chance, visto che finora è stato insuperabile tra i pali di Vegas. Tornando all’esperienza, il resto sono briciole: James Neal, ala dei Golden Knights, ha giocato la finale 2017 con la maglia dei Predators, perdendola in sei gare contro i Penguins, mentre Carpenter e Garrison, sempre di Vegas, provarono questa emozione (ma sempre uscendone sconfitti) rispettivamente con San Jose nel 2016 e con Tampa Bay nel 2015.
Incredibile a dirsi, nessun giocatore del roster dei Capitals ha mai giocato (né quindi tanto meno vinto) una finale di Stanley Cup. Dato surreale, se si pensa al valore di alcuni di loro, ma tant’è; non a caso, quello che più ha da chiedere da questa finale si chiama Alexander Ovechkin. Riconosciuto all’unanimità come il più forte attaccante degli ultimi quindici anni, il russo ha sempre offerto il fianco ai suoi detrattori sull’argomento delle vittorie. Uno splendido solista ma incapace di caricarsi la squadra sulle spalle nei momenti che contano davvero? In questi playoff sembra avviato a smentirli, con 12 gol e 10 assist in 19 partite, ma ora deve chiudere il cerchio, con un titolo che, dopo 13 anni di onorata carriera, strameriterebbe.
La finale, però, non ha proprio l’aria di avviarsi ad essere un tranquillo happy ending per la vicenda sportiva di Ovechkin & Co. Washington ha più nomi, è più matura e arriva in finale dopo aver eliminato due corazzate come Pittsburgh e Tampa Bay. Ma Vegas vola dall’inizio della stagione sulle ali di un entusiasmo elettrizzante, che l’ha condotta prima a una regular season da protagonista e poi a dei playoff condotti senza troppi patemi, facendo sembrare San Jose e Winnipeg come poco più che sparring partner. Ha la consapevolezza di poter entrare nella storia dell’hockey con un’impresa incredibile e ha un Fleury in porta che sta alzando ulteriormente l’asticella di una carriera che era già eccezionale prima di arrivare nel Nevada. Negli unici due incontri tra le due squadre, in regular season, l’hanno sempre spuntata i Golden Knights; può voler dire poco, ma può anche essere un indicatore importante. E allora il mio pronostico dice Vegas campione per 4-2.