Stanley Cup Finals 2022: Avalanche campioni, la dinastia Lightning finisce a gara 6

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Dopo il match ball mancato in gara 5, gli Avalanche si vanno a prendere il titolo a Tampa Bay, vincendo in rimonta (ma dominando gli ultimi due periodi) gara 6 in trasferta. Serie chiusa sul 4-2, terzo titolo della storia per Colorado (dopo quelli del 1996 e 2001) mentre i Lightning vedono sfumare una storica tripletta.

Per l’imprevedibilità canonica dello sport, dopo tre vittorie casalinghe, all’inizio di queste Stanley Cup Finals 2022, abbiamo poi assistito ad altrettanti successi esterni, con gli Avalanche neo campioni in carica che hanno sbancato Tampa sia in gara 4 (3-2 in overtime) che in gara 6 (2-1), mancando l’occasione di chiudere la serie davanti ai propri tifosi in gara 5, persa 3-2. La Stanley Cup va a Denver, quindi, per la terza volta nella sua storia, ad oltre vent’anni dai due titoli (1996 e 2001) conquistati dagli splendidi Avalanche di Sakic, Forsberg e Roy. Si arrendono, pur se a testa altissima, i Tampa Bay Lightning, che dopo due titoli consecutivi vedono sfumare lo storico traguardo della prima tripletta dai tempi degli Islanders di Mike Bossy dei primi anni Ottanta. E la loro sconfitta è probabilmente il segno della fine di un grande gruppo, che ha affrontato quest’ultima battaglia gettando tutto se stesso sul ghiaccio, ma che alla lunga ha sentito inevitabilmente il peso degli anni, degli infortuni e della montagna di partite giocate negli ultimi tre anni (tre regular season più 71 match di playoff!). L’ultimo, grande acuto, è stato il colpo di coda di gara 5, vinta a Denver quando tutti ormai davano per conclusa la finale, ma dopo sole 48 ore i ragazzi di Cooper sono durati un terzo di gara, il primo, giocato splendidamente, condotto a un ritmo pazzesco e concluso con merito in vantaggio 1-0 grazie alla rete di capitan Stamkos. Probabilmente, nei due terzi successivi, il loro piano sarebbe stato quello di cercare di addormentare il match, di abbassarne il ritmo e di limitarsi al contropiede, ma l’immediato pareggio di MacKinnon e, dopo altri 10′, la rete del sorpasso di Lehkonen, hanno mandato a monte tutto. Anche il terzo periodo, in cui in teoria Tampa avrebbe dovuto assediare Colorado per ribaltare il risultato, è stato dominato dagli Avalanche, che non hanno concesso neppure di respirare ai Lightning, oramai sfiniti e appesi solo a sporadiche giocate individuali. In questa postseason, Tampa aveva già bloccato attacchi molto produttivi, Maple Leafs e Panthers, ma in finale ha trovato una squadra più equilibrata di quelle due, e con un ritmo ancora superiore,

che alla fine l’ha schiantata. E siccome “chi vince festeggia e chi perde spiega”, proseguiamo questa analisi delle Finals appena concluse con un altro elemento chiave, che chi ci legge avrà trovato ripetutamente: il power play. Tampa Bay ha concluso la finale con un misero 10,5% di segnature in superiorità numerica (2 reti su 19 power play), mentre Colorado ha fatto registrare il 46,2% (6 su 13), una differenza che si commenta da sé. Nelle ultime due partite i Lightning sembravano aver trovato le giuste contromisure (0 su 3 per Colorado nelle gare 5 e 6), ma dopo aver pagato dazi sanguinosi in tutte le quattro partite precedenti. C’è poi da sottolineare un’importante differenza nella produzione offensiva delle linee: nelle Finals, gli Avalanche hanno avuto ben sei giocatori differenti con almeno due reti segnate (Nichushkin (4), Landeskog e Makar (3), MacKinnon, Lehkonen e Burakovsky (2)), contro i soli quattro dei Lightning (Palat (3), Stamkos, Cirelli e Paul (2)). A mancare all’appello, probabilmente per ragioni fisiche, sono stati sia i gol di due colonne di Tampa, Killorn (in bianco in tutta la postseason) e Colton (niente da 14 partite), ma anche dei nuovi ingressi, come Hagel, Bellemare e Nash, tutti a secco nelle sei finali. Per tacere di Point, vero “animale” da playoff, gettato nella mischia dopo una lunga assenza nei primi due match e poi non più riproposto da Cooper per evidente mancanza di condizione. Tra i pali, Vasilevskiy ha iniziato la serie un po’ a rilento, ma dopo i sette dischi raccolti in rete in gara 2 (punizione a cui Cooper, giustamente, non ha voluto sottrarlo) si è svegliato e non gli si può imputare niente negli ultimi match; discorso diverso per la fase difensiva (quindi non ai soli difensori di ruolo…), che ha sofferto tremendamente il pressing asfissiante e altissimo degli Avalanche, che nel migliore dei casi rendeva difficoltosa l’impostazione e nel peggiore rubava dischi spesso divenuti segnature. Il periodo finale di gara 6, con Tampa sotto 1-2, è stato emblematico anche da questo punto di vista, con i campioni uscenti che, pur dovendo rimontare, hanno tirato in porta solo quattro volte in 20′, contro le 9 della squadra che, in teoria, avrebbe dovuto solo pensare a difendersi.

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Gianluca Puzzo

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