I Lightnings si aggiudicano 1-0 gara 5 e chiudono la serie finale sul 4-1, aggiudicandosi per il secondo anno consecutivo la Stanley Cup. MVP dei playoff è Vasilevskiy, ma il vero gigante di questa squadra è Jon Cooper, l’head coach capace di tenere unito il gruppo durante le mille avversità, interne ed esterne, di queste ultime due stagioni.

Visti i numerosi (e per molti versi epocali) avvenimenti sportivi degli ultimi giorni, abbiamo colpevolmente tralasciato di raccontare la conclusione della stagione 2021 dell’hockey NHL. Vi avevamo raccontato di una splendida gara 4, vinta dai Montreal Canadiens che avevano così evitato lo sweep in finale, ma avevamo anche preannunciato (facilissimo pronostico) che la Stanley Cup sarebbe comunque finita nelle mani dei Tampa Bay Lightning. E così è andata, al termine di una gara 5 non particolarmente bella, che Tampa ha provato subito a vincere dominando il primo periodo (13 tiri in porta) ma senza riuscire a segnare. Per sbloccare il punteggio i padroni di casa hanno dovuto attendere ben oltre la metà del secondo periodo, quando Ross Colton ha deviato in rete quello che sarebbe stato l’unico gol della serata. Montreal era ormai troppo stanca e sfiduciata per provare a mettere alle corde seriamente i Lightning, che sono così scivolati sul velluto fino alla sirena finale, che ha sancito il loro secondo titolo consecutivo, il terzo complessivo della loro giovane storia. Molti i traguardi personali dei giocatori, tra cui spiccano quelli di Vasilevskiy come miglior giocatore dei playoff e quello di Patrick Maroon, vincitore di tre Stanley Cup consecutive con due squadre diverse (non accadeva dal 1963 con Ed Litzenberger), ma per una volta ci sembra giusto puntare i riflettori post vittoria sull’allenatore, Jon Cooper, un canadese elegante e taciturno della British Columbia che prima di dedicarsi all’hockey su ghiaccio ha fatto per 11 anni l’avvocato difensore d’ufficio.
In 9 stagioni alla guida di Tampa Bay (finora l’unica franchigia NHL in cui ha allenato), Cooper ha mancato i playoff solo due volte, ha vinto due Stanley Cup consecutive e ne ha persa un’altra in finale in sei partite contro gli Chicago Blackhawks nel 2015. In un mondo come quello dello sport in cui sempre più spesso a pagare è sempre e comunque l’allenatore, a prescindere da quel che succede realmente sul campo, la lunghezza della storia tra Cooper e Tampa rappresenta una splendida e vincente eccezione. Come in ogni storia d’amore ci sono stati anche momenti di crisi, il più grave dei quali fu nel 2019 quando, dopo aver dominato la regular season con un record di 128 punti e 62 vittorie su 82 partite, i Lightning di Cooper uscirono clamorosamente al primo turno dei playoff, subendo addirittura un umiliante 4-0 dai Columbus Blue Jackets. Lì la panchina di Cooper sembrò crollare sotto il peso delle critiche, ma la dirigenza di Tampa ebbe la fermezza di continuare a credere nel suo coach, assecondandone le scelte di mercato con convinzione mentre molti (se non tutti) gli addetti ai lavori chiedevano che venisse messo alla porta. Tampa ha avuto il merito di continuare a credere nell’hockey propositivo, spettacolare e ritmato predicato da Cooper, e ne è stata ripagata con due titoli consecutivi e un gruppo di giocatori che ormai si butterebbe nel fuoco per il loro coach, arrivando perfino a tagliarsi lo stipendio per consentire al club di rinnovare loro il contratto restando al di sotto del salary cap. Tutto questo con in mezzo una pandemia, con calendari saltati, division scombinate, partite a porte chiuse e mesi infiniti chiuso in una bolla con i suoi giocatori. Un uomo mite, deciso quando serve, mai sopra le righe e sempre dalla parte dei suoi giocatori: questo è Jon Cooper, nuovamente re della NHL.