Stavolta gli sguardi benevoli degli dei dell’hockey su ghiaccio si sono rivolti verso New York, abbandonando per una notte i Kings e concedendo ai Rangers almeno la soddisfazione di non uscire da questa finale di Stanley Cup con un umiliante 4-0. L’andamento della partita, pur vinta dai padroni di casa per 2-1, non lascia però molte speranze riguardo a un reale cambiamento delle forze in campo. I Kings, infatti, sono partiti un po’ fiacchi, forse confidando un po’ troppo nel loro stato di grazia, ma una volta in svantaggio 2-0 hanno ingranato una marcia che ha messo i Rangers alle corde per lunghissimi minuti, anche in condizioni di parità numerica. I numeri del dominio dei californiani sono presto detti: 20 tiri a 3 nel terzo periodo e 41-20 nell’intera partita mi pare parlino chiaro. La differenza, come nel calcio, la fa però chi la butta dentro e in gara 4 i Kings sono arrivati spesso a pochi centimetri dalla rete di un pareggio che avrebbe probabilmente spianato loro la strada verso la vittoria, ma senza riuscire a sfondare definitivamente il muro tutto unghie e denti eretto dai Rangers davanti al loro portiere.
Il primo periodo, come detto, vede una Los Angeles troppo compiaciuta di se stessa messa subito alle corde dai Rangers con la bava alla bocca, desiderosi di cancellare lo zero dalla casella delle vittorie in questa Stanley Cup. Jonathan Quick salva i suoi in diverse occasioni ma dopo 8 minuti è costretto a capitolare davanti alla deviazione ravvicinata di Pouliot che gli spara il disco sotto la traversa. I Kings si buttano avanti senza troppa convinzione, ma costringono comunque Stralman, difensore di N.Y., a un salvataggio sulla linea, il primo di una lunga serie. Allo scadere del periodo, però, è ancora Quick a essere protagonista con un paio di parate clamorose.
Il secondo periodo inizia sulla falsariga del primo: L.A. è molle e New York la punisce, stavolta con Martin St. Louis, rapidissimo a trovare la strada della rete dopo un rimpallo. Il doppio svantaggio ha il potere di scuotere finalmente i Kings, che prendono a macinare gioco come nei momenti migliori dei loro playoff, e i risultati non tardano ad arrivare: dopo due minuti Dustin Brown si invola da solo malgrado l’inferiorità numerica e segna un gol in short handed che sembra decretare l’inizio dell’ennesima rimonta vincente dei californiani. I minuti successivi sono un incubo per Lundqvist, che si vede sbucare da soli prima Carter e poi Pearson, ma li ferma da campione entrambi.
Il terzo periodo è un asfissiante assedio dei Kings alla porta di New York. Lundqvist si supera in un paio di circostante, come a metà tempo su Toffoli, ma è tutta la squadra a immolarsi anima e corpo (nel vero senso della parola) nella difesa di quel vantaggio che vuol dire sopravvivenza. Davanti alla porta dei Rangers si scatenano mischie furibonde, nelle quali però L.A. non riesce mai cavare il ragno dal buco. Il segnale della volontà del destino arriva a 1′ e 11″ dalla fine quando, durante l’ennesimo corpo a corpo sotto porta, il disco scivola tra le ginocchia di Lundqvist e, miracolosamente per N.Y., si ferma da solo sulla linea di porta (vedi foto), un attimo prima di essere spazzato via da Steppan. L.A. le prova tutte fino alla sirena, togliendo Quick per la superiorità numerica, ma il fortino di New York resiste: vincono i Rangers e la serie torna a Los Angeles sul 3-1.
Stanotte si giocherà una gara 5 che, com’è facile prevedere, dovrebbe molto probabilmente chiudere questa finale. I Kings non hanno mostrato cali fisici e faranno di tutto per alzare la coppa davanti ai propri tifosi. Ai Rangers serve un vero miracolo per riaprire i giochi, ma un miracolo che deve passare attraverso una prestazione coi fiocchi, senza confidare troppo nella buona sorte, in gran parte consumata per portare a casa gara 4. E’ l’ultimo crocevia della stagione: se N.Y. fa l’impresa si guadagna gara 6 in casa e allora tutto è possibile. In caso contrario sarà festa grande per i Kings.
E’ sicuramente difficile un reale capovolgimento delle forze in campo ma il mitico Trap ripeteva ai suoi giocatori: “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco!” Aspettiamo quindi prima di scrivere la parola fine sulla finale 2014.