Super Bowl LII: è tempo di detronizzare il re?

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Domani notte conosceremo la squadra campione della NFL, domani notte sapremo se sarà stato ancora tempo di restaurazione o se invece una clamorosa rivoluzione avrà scritto la parola fine sulla coppia coach-qb più vincente di tutti i tempi. Minneapolis, ancora ferita per la finale mancata all’ultimo ostacolo dai suoi Vikings, ci dirà se saranno ancora i Patriots a riconfermarsi campioni o se gli Eagles avranno portato in paradiso tutti gli underdog sportivi.

Si è giocato molto sui media statunitensi, in queste due settimane di attesa, sul ruolo dei Philadelphia Eagles, certamente sfavoriti dai pronostici e quindi “underdog”; lo dicono i numeri e la storia, tutti dalla parte dei Patriots, e poi qualsiasi altra squadra, quest’anno, sarebbe stata comunque “underdog”. Basti considerare un solo dato: il solo Tom Brady ha giocato lo stesso numero di Super Bowl (7) di tutto il roster degli Eagles (55 giocatori) messo insieme. Inutile quindi tediare il lettore con ulteriori approfondimenti statistici, meglio passare dal passato al presente. E il presente ci dice che gli Eagles, per essere qui, hanno superato benissimo due ostacoli molto duri (Falcons e Vikings), certamente più ostici di quelli che si sono trovati di fronte i Patriots, che hanno scherzato con i Titans e sono stati a un passo dal perdere con i Jaguars, salvandosi con 10 minuti da campioni nel finale.

I Pats recuperano Gronkwoski, uscito per commozione cerebrale dopo un quarto contro Jacksonville, e ritrovano un Brady completamente a posto dopo i 12 punti di sutura subiti alla mano di lancio. Gli Eagles sono al completo, eccezion fatta per Wentz, ormai già rivolto verso la prossima stagione, e molto confortati dalle ottime prestazioni offerte nei playoff dalla sua riserva, quel Nick Foles che sembrava essere la rovina annunciata e che invece ha fin qui giocato in modo eccellente. Certo, la pressione di un Super Bowl è pazzesca, e la consapevolezza di dover competere contro un mostro sacro come Brady potrebbe fargli tremare la mano. C’è poi da tenere d’occhio lo scontro incrociato tra i due running back, Lewis e Blount, due ex col dente avvelenato: Lewis, quello di New England, ha disputato una stagione migliore del suo avversario, ma Blount è forse globalmente migliore come rb e quando gioca con la rabbia giusta ha dei numeri quasi da “Beast Mode” del buon Lynch.

Fuori dai singoli, i matchup decisivi a livello di reparti saranno quelli tra i rispettivi front seven e le linee d’attacco. Foles ha numeri in crollo verticale quando è costretto a giocare sotto pressione, quindi va da sé che se la sua linea non tiene è scacco matto per i Patriots. Al contrario, Tom Brady è il miglior quarterback del campionato quando è costretto a giocare in pressione (95.5 di rating contro il 64 di Foles), ma stavolta i suoi uomini di linea dovranno proteggerlo dal front seven più forte della NFL, niente a che vedere con quelli di Titans e Jaguars. I difensori degli Eagles dovranno fare tutti la partita della vita, perché non potranno accontentarsi di mettere pressione a Brady ma dovranno atterrarlo il più possibile, anche a rischio di qualche penalità in più. Solo così potranno evitare che inneschi i suoi straordinari ricevitori, oltretutto rinforzati dal rientro di Gronk.

Ed eccoci, infine, all’inevitabile pronostico. Troppo facile dire che stravinceranno i Patriots, quindi scelgo di credere nei miracoli e nelle rivoluzioni; questi Eagles non apriranno una dinastia come quella dei Pats, ma per una notte possono farcela. Quindi dico Eagles vincenti 20-17, magari con un field goal allo scadere.

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Gianluca Puzzo

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