Tom Brady si ritira, da oggi è davvero leggenda

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Ieri sera ESPN ha dato la notizia, subito rimbalzata su tutti i media del mondo: a 44 anni, e dopo ben 22 stagioni in NFL, il Greatest Of All Time appende casco, corazza e scarpini al chiodo, rinunciando all’ultimo anno di contratto con Tampa Bay.

Qualche giorno fa avevano scommesso sulla possibilità che Tom Brady avrebbe giocato ancora, a 44 anni, un’ultima stagione, onorando fino alla scadenza il suo contratto triennale con i Tampa Bay Buccaneers. Ieri sera, invece, è arrivata la notizia della sua decisione di ritirarsi, certamente non dettata da ragioni tecniche o fisiche (Brady è reduce da una delle migliori stagioni, statisticamente parlando, dell’intera carriera), quanto piuttosto da umanissime ragioni di cuore, per godersi finalmente a tempo pieno la sua splendida e numerosa famiglia. Difficile dargli torto, visto quanti anni, gli ultimi 26 della sua vita tra college e NFL, ha dedicato in modo assoluto, quasi maniacale, al football, riuscendo a vincere e rivincere tutto il vincibile, ed ottenendone in cambio una fama immortale ed una ricchezza difficilmente quantificabile. Tom Brady smette da campione, dopo una sconfitta con i Rams in cui ha comunque dato tutto, rimontando una partita che all’intervallo sembrava già persa, con quell’orgoglio che ne ha sempre contrassegnato il modo di giocare, mai rassegnato, mai superficiale. In uno sport durissimo, in cui è raro che un atleta arrivi al decimo anno di carriera, lui ne ha giocati ben 22, vincendo 7 Super Bowl (più di qualsiasi squadra NFL) e macinando record dopo record in un crescendo stupefacente, che lo colloca, a nostro parere, certamente in cima alla classifica all time della NFL, pari solo a Wayne Gretzky, leggenda della NHL, e a Jabbar nella NBA, come GOAT (Greatest Of All Time) degli sport statunitensi. Non solo per il numero di vittorie, di squadra e individuali, ma perché hanno lasciato nei loro sport dei record impensabili, inarrivabili per qualità e durata, ad anni luce di distanza da tutti i pur validissimi rivali incrociati lungo carriere pluridecennali. La leggenda di Brady, però, è diversa dagli altri: lui non era un predestinato, né aveva in dote mezzi fisici straordinari. Tra lui e gli altri la differenza l’ha sempre fatta la testa, la ferrea determinazione nel “lavorarsi addosso” per crescere sempre, per migliorare, per non accontentarsi mai, anche quando era già in cima al mondo.
I suoi inizi non sono per nulla scontati: alla high school Brady eccelle soprattutto nel baseball, catcher destro di tiro e mancino in battuta, al punto di essere scelto al 18° giro del draft del 1995 dai Montreal Expos, ma la passione per il football ha il sopravvento e nello stesso anno Brady approda alla Michigan University, in cui si svilupperà la sua intera carriera a livello college, fino al 1999. Le prime due stagioni sono difficili, confinato in panchina dietro il titolare Brian Griese, anche lui futuro NFL; diventa titolare nel ’98, e in due stagioni conduce Michigan al Citrus Bowl e all’Orange Bowl, vincendo 20 partite su 25 con alcune sensazionali rimonte che gli faranno guadagnare il soprannome di “Comeback Kid”. Gli scout NFL sono però molto

poco convinti delle potenzialità di Brady tra i professionisti: ha giocato solo due anni ad alto livello e il suo scout atletico indica una lentezza per nulla promettente. La notte del draft NFL del 2000 è quindi per Brady e la sua famiglia un lento psicodramma, con i giri di chiamata che si susseguono senza che il suo nome venga scelto. Altri sei quarterback vengono chiamati e Brady ha addirittura una crisi di pianto, come racconterà lui stesso in un’intervista anni dopo, finché, come una liberazione, al sesto giro arriverà per lui la chiamata dei New England Patriots, come 199ma scelta. Neppure il più ottimista degli analisti poteva immaginare, in quel momento, di star assistendo al più clamoroso draft della storia dello sport. Brady inizia la stagione NFL 2000 come quarto quarterback della squadra, ma a fine anno ha già salito due gradini, divenendo la riserva di Drew Bledsoe. La sua occasione arriva alla seconda giornata del 2001, quando Bledsoe s’infortuna nel finale di una partita contro i Jets e Brady è chiamato a prendere in mano le redini della squadra: perderà quella partita ma ne vincerà molte altre a seguire, portando la squadra ai playoff e poi addirittura al titolo, divenendo a 24 anni il più giovane qb vincitore di un Super Bowl (in cui viene nominato anche MVP). Bledsoe verrà naturalmente ceduto e da quel momento avrà inizio il più vincente sodalizio della storia del football, quello dei Patriots di Brady e Bill Belichick, coach e mentore del nostro. Insieme arriveranno altre 8 volte alla finale, conquistando altri 5 titoli, tra cui spicca certamente quello del 2016, vinto ai supplementari con una rimonta epica sugli Atlanta Falcons, avanti 28-3 all’intervallo. Al termine della stagione 2019, quando tutti erano convinti che sarebbe arrivato il ritiro, Brady spiazza tutti e il 20 marzo 2020 firma un triennale con i Tampa Bay Buccaneers, squadra reduce da stagioni negative che lui condurrà subito, incredibilmente, al titolo, il suo settimo, vinto dominando i Chiefs nel Super Bowl. Anche la stagione 2021, pur tra mille problemi di infortuni tra i suoi compagni. vede i Bucs approdare ai playoff come seconda testa di serie, ma dopo la netta vittoria nella Wild Card contro gli Eagles, arriverà la sconfitta casalinga contro i Rams, di cui abbiamo già detto prima, il suo ultimo match.
Fin qui la storia, ma è giusto lasciare anche spazio a quei numeri che fotografano senza possibilità di equivoco il segno indelebile lasciato da Brady nella storia di questo sport. Iniziamo dai riconoscimenti personali: 7 Super Bowl vinti su 10 giocati, 5 volte MVP della finale, 3 volte MVP stagionale, 2 volte miglior attaccante, 15 volte convocato al Pro Bowl, 5 volte leader per passing td, 4 volte leader per passing yard totali, 2 volte leader per percentuale di completi e altrettante per quarterback rating. Tra innumerevoli primati, detiene i record all time sia in stagione regolare che in post season per partite giocate da titolare (363, 316 in regular season + 47 nei playoff), per partite vinte (278, 243+35), per passaggi effettuati (13.172, 11.317+1.855) e completati (8.428, 7.263+1.165), per passaggi in touchdown (710, 624+86) e per yard lanciate (97.569, 84.520+13.049).

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Gianluca Puzzo

4 commenti

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  • Ieri avevo letto la notizia sul Corriere della Sera ma l’articolo non evidenziava lo spessore di Tom Brady, non si capiva fino in fondo la sua dimensione sportiva. Adesso, leggendo l’articolo di SPORT ONE che abbraccia tutta la sua lunga carriera sportiva, mi è tutto più chiaro, adesso ho capito perché è stato definito “leggenda!” Grazie.

Gianluca Puzzo

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