Stanotte è stato definitivamente rigettato dalla Corte Federale australiana il ricorso di Novak Djokovic contro la sua espulsione; niente Australian Open per il numero 1 al mondo, niente record di Slam (almeno per ora) e niente rincorsa al Grand Slam (almeno per il 2022).

Abbiamo volutamente atteso che il pasticciaccio brutto (ci perdoni l’immenso Gadda per averlo scomodato nella citazione) tra Djokovic e il governo australiano si concludesse per scriverne a ragion veduta. La storia è ormai su tutti i giornali del mondo da giorni, da quando cioè (il 4 gennaio) il numero 1 del tennis mondiale scrisse un tweet annunciando di essere in partenza per Melbourne, sede del primo Slam stagionale, pur non essendosi vaccinato contro il Covid, grazie a un’esenzione medica che gli avrebbe garantito l’ingresso nel paese. I guai di Djokovic iniziano non appena messo piede sul suolo australiano, visto che le autorità dapprima lo trattengono sette ore in aeroporto (dove ha luogo un interrogatorio in cui il campione rende dichiarazioni contrastanti sul suo status di non vaccinato in quanto ex positivo) e poi, revocandogli il visto d’ingresso, lo spostano in stato di fermo in un hotel di Melbourne, usato per la detenzione degli immigrati illegali in attesa di espulsione. Apriti cielo: il governo serbo convoca l’ambasciatore australiano a Belgrado, il padre di Djokovic arriva addirittura a paragonare il figlio a Gesù crocifisso e a Spartaco che guiderà la rivolta degli schiavi, il giocatore scatena subito il suo team di legali, che ne ottengono il rilascio dopo due giorni grazie ad un errore procedurale. Nole raggiunge la sede degli Australian Open e inizia subito ad allenarsi, ma il visto gli viene revocato nuovamente da una decisione del ministro dell’Immigrazione, ora confermata all’unanimità dai tre giudici della Corte Federale. Tra poche ore Djokovic si imbarcherà su un volo per Dubai, lasciando l’Australia e il suo Slam, non si sa ancora con quali sanzioni (rischia un divieto d’ingresso fino a tre anni). Fin qui la cronaca, da cui emerge chiaramente il pasticcio creato dalla testardaggine di Djokovic nel voler giocare gli Australian Open senza essere completamente a posto con i documenti. Se vuoi giocare devi vaccinarti o avere un’esenzione sostenuta da ragioni credibili e dimostrabili, altrimenti resti a casa; dura lex sed lex. Malgrado questa doverosa premessa, l’impressione però è che non abbia perso solo lui, pur essendo certamente quello che ci rimette di più, in termini di immagine e carriera (ricordiamoci che ha 34 anni).
Quella testardaggine che può essere considerata una dote nel tennis, stavolta si è rivoltata contro Djokovic, che ha scelto deliberatamente di forzare la mano all’organizzazione del torneo, conscio del suo peso specifico in termini economici e d’immagine. Certamente Djokovic è stato anche mal consigliato, soprattutto da chi gli ha garantito che quel visto con l’esenzione fosse una garanzia sufficiente per giocare; e forse anche questo senso di accerchiamento, di “uno contro tutti” emergente soprattutto dalle affermazioni deliranti di suo padre, non ha aiutato sulla questione la lucidità di giudizio di un campione dall’ego smisurato. Così come il farne subito una questione di Stato, soprattutto da parte della Serbia; i richiami dell’ambasciatore sarebbe bene riservarli a questioni ben più importanti di un no-vax pasticcione e un po’ paraculo. Ma alzando lo sguardo anche dall’altra parte della rete, se ci passate la metafora, non sono poche le figure che escono ridimensionate da questa vicenda. Innanzitutto le istituzioni australiane, con l’organizzazione del torneo che prima concede il visto all’atleta dando per buona la sua esenzione medica, salvo poi farsi da parte quando la questione diviene di portata globale. Non fa onore alle autorità australiane neppure il trattamento da delinquente comune riservato a Djokovic nei giorni seguenti il suo arrivo; le sette ore nella stanzetta dell’aeroporto, lo squallido hotel, sanno molto di durezze forzate per riguadagnare un’aurea di legalità dopo essersi resi conto del pasticcio iniziale, per ribadire che la giustizia è uguale per tutti dopo che, rilasciandogli inizialmente il visto, si era dimostrato esattamente il contrario. Le regole di partecipazione ad un evento di questa portata dovevano essere limpide e cristalline, tanto più che si è al secondo anno di questa emergenza, e quindi chi di dovere ha avuto tutto il tempo di rodarle e prepararle con calma. Solo così non si danno giustificazioni e scappatoie a chi quelle regole non le rispetta; con paletti chiari sui movimenti di chi non è vaccinato Djokovic non avrebbe ottenuto il visto fin dall’inizio, non sarebbe partito per l’Australia e tutto l’assurdo teatrino cui abbiamo assistito non sarebbe mai accaduto.
L’articolo mi è piaciuto molto.
L’ arroganza del potere e del talento è stata messa all’angolo, perchè la legge, almeno in Australia, è uguale per tutti! Grazie
“Almeno in Australia”… hai detto bene. Grazie del commento!
Una brutta storia sotto tutti i punti di vista, in particolare trattandosi di sport in cui i campioni hanno anche un’etica da rispettare come personaggi pubblici.Bravo!
Grazie del commento!
Condivido totalmente la tua narrazione dei fatti e il commento. Le cose stanno così, non ci sono dubbi. Tuttavia, credo opportuno sottolineare le diverse responsabilità dei protagonisti di questa tragendia. Il campione serb, in particolare, si è reso responsabile di un’azione al limite del penale pur sapendo quali sono le regole per una civile convivenza in piena pandemia. Voglio dire: tu puoi decidere di non vaccinarti ma non puoi mettere a repentaglio la vita altrui rischiando di contagiare altra gente andando in giro per il mondo. E’ da irresponsabile. Il campione serbo è il responsabile numero uno, gli altri soggetti (hai fatto bene a menzionarli) sono co-protagonisti in-consapevoli della tragedia. Il serbo ha perso la faccia, ha perso la sua credibilità di campione e di uomo e spero perda anche i grandi guadagni elargiti dagli sponsor. Grazie per il tuo articolo.
Sì certo, sono totalmente d’accordo con te, tutto nasce dal comportamento irresponsabile di Djokovic. Grazie del commento.
Ottimo Gianluca, sottoscrivo in pieno il tuo commento e le conclusioni a cui giungi. In questo assurdo balletto non si può identificare un vincitore: tutti ne escono con delle figuracce a loro carico. Quello che ci perde in misura maggiore è il TENNIS.
Esatto Mauro, è proprio così. Grazie del commento
Complimenti! Sono pienamente d’accordo con la tua analisi, anche se non sarei mai riuscita a riportarla con lo stile ed il ritmo che contraddinguono la tua scrittura
Grazie!